La verità sull’identità del docente precario. I precari scrivono alle organizzazioni sindacali
Data: Martedì, 26 ottobre 2010 ore 09:05:11 CEST Argomento: Comunicati
Spettabili Organizzazioni Sindacali per l’Istruzione,
gli autori di questo documento sono i soliti precari della scuola che
ancora una volta con un certo ardore scrivono per ribadire le
ingiustizie che stanno subendo non soltanto a livello di tagli di posti
di lavoro, ma anche e soprattutto in relazione alla loro
professionalità, continuamente sottovalutata da tutti. Da più di due
anni i precari della scuola denunciano la grave situazione di emergenza
che vede compromettere anni di sacrificio e di formazione, di
investimento dei pochi risparmi e di studio finalizzato alla buona
didattica. Si è parlato di precariato in questi due anni e, a tratti,
se ne continua a parlare, ma in maniera totalmente distorta.
Oltre alla Gelmini e agli esponenti dell’attuale Governo che, tirando
acqua al loro mulino, continuano a puntare il mirino contro i docenti,
definendoli incompetenti ed immeritevoli, in maniera tale da
distogliere l’attenzione dal problema di totale abbandono in cui la
scuola odierna imperversa, sembra quasi che altri personaggi, pubblici
e non, esponenti dell’opposizione, magari stanchi di trovarsi
dall’altra parte, esponenti di sindacati che dovrebbero tutelare i
lavoratori, azzardano giudizi sui precari, sembrano voler quasi dire
che essi sono fastidiosi quando pretendono di espletare la loro
professione, sembrano voler dare a loro stessi la colpa del
sovraffollamento degli elenchi provinciali, sembrano voler quasi dire
che non hanno diritto alcuno, perché se il mondo della scuola
attualmente non richiede disponibilità, c’è solo da attendere, magari
aspettando anni ed anni, sperando, sperando e poi chissà. Si parla
molto di formazione degli insegnanti; si parla di nuovo reclutamento;
si parla di dare qualità alla scuola tramite la formazione di
insegnanti che sappiano davvero formare le nuove generazioni.
A tutti costoro, Ministro dell’Istruzione, esponenti del Governo e
quelli della pseudo - opposizione, ai sindacati vorremmo dire di
smetterla una volta per tutte di voler arginare il problema, perché
l’Italia mai come in questo momento storico non ha bisogno di formare
nuovi docenti, perché questi docenti ben formati e di qualità già ci
sono, ne sono colme le graduatorie al centro-sud. Invece al Nord specie
sul sostegno, i dirigenti scolastici sono costretti a nominare non
abilitati, a causa di una politica che ha concentrato i tagli della
scuola soprattutto al sud, dove invece i ragazzi avrebbero bisogno di
più risorse e formazione per inserirsi nel mondo del lavoro.
Ricordiamo a tutti costoro che i precari docenti si ritrovano inseriti
negli elenchi provinciali non grazie ad una semplice laurea e ad una
domanda di inserimento. Ciascun docente precario inserito in suddette
graduatorie ha seguito un lungo e tortuoso iter formativo prima di
potervi accedere:
Subito dopo la Laurea Magistrale hanno sostenuto un concorso molto
selettivo per poter accedere alla SSIS (Scuola di Specializzazione per
la formazione di insegnanti della scuola secondaria), che consisteva in
una prova scritta predisposta da ciascuna università, integrata da una
seconda prova. La prova scritta, per ciascun indirizzo, consisteva
nella soluzione di cinquanta quesiti a risposta multipla, di cui una
sola risposta esatta, tra le cinque indicate. La seconda prova era
orale e consisteva nel sorteggio di argomenti relativi alla classe di
concorso scelta.
I vincitori del concorso accedevano alla SSIS che era tutt’altro che
semplice. La SSIS era strutturata in maniera tale da offrire davvero
una rosa di corsi utili all’insegnamento. Si trattava di sostenere una
media di trenta esami con piano di studi di due anni articolato in
un'area comune di insegnamenti dedicati alle Scienze dell'educazione e
in aree di indirizzo specificatamente destinate alla formazione
didattico-disciplinare per le classi di abilitazione relative.
Ovviamente tali esami erano preceduti da corsi di minimo trenta ore
ciascuno con frequenza obbligatoria. A titolo di esempio riportiamo di
seguito gli esami comuni a tutti gli indirizzi sostenuti dagli
allora studenti ssisini, oggi precari della scuola:
1. storia della scuola
2. Psicologia della relazione educativa
3. Pedagogia generale
4. Legislazione scolastica
5. Educazione ai diritti umani
6. Psicologia dei processi di apprendimento e di socializzazione
7. Pedagogia dei processi relazionali
I corsi si frequentavano di pomeriggio e di mattina bisognava recarsi
presso una scuola convenzionata SSIS scelta dallo studente per le ore
di Tirocinio formativo (250 ore)
Alla fine si sosteneva l’esame di Stato, che consisteva in una prova
scritta con argomento tratto dagli OSA (Obiettivi specifici di
apprendimento) della Scuola Secondaria sul quale creare un adeguato
percorso didattico da illustrare in tutta la sua struttura, dopo aver
scelto i destinatari e gli obiettivi da raggiungere, ed in una prova
orale che verteva sulla discussione della propria relazione di
Tirocinio.
Solo in possesso del Diploma SSIS si poteva accedere, in occasione
dell’aggiornamento, alle specifiche graduatorie permanenti.
Oggi i precari continuano a seguire master e corsi di perfezionamento
ed aggiornamento. Il periodo della frequenza della SSIS era lungo e
sacrificante e prevedeva salatissime tasse universitarie da versare nel
corso dei due anni. Per cui il sacrificio non riguardava soltanto la
propria persona in termini di studio, ma gravava sul bilancio
familiare, poiché, data la mole di lavoro e di impegno, nessun ssissino
poteva permettersi il lusso di lavorare, seppure come cameriere o come
baby-sitter, in maniera tale da sostenere i propri studi. Tuttavia il
gioco valeva la candela: ci si stava formando per una nobile
professione ed i sacrifici di allora venivano visti come un
investimento buono per il proprio futuro professionale.
Il problema dunque, cari esperti del Ministero, non è la formazione dei
docenti, ma il modo in cui la scuola viene trattata e bistrattata negli
ultimi tempi.
Ormai per i precari della scuola non resta che raccogliere le briciole:
il range di convocati diminuisce anno dopo anno, nella migliore delle
ipotesi nel mese di ottobre si ottiene una supplenza fino alla nomina
dell’avente diritto; poi dopo un certo lasso di tempo arriva il collega
che ne ha diritto e bisogna togliere il disturbo. E la situazione non è
facile per il povero collega arrivato che eredita delle classi numerose
avviate da altri. Entrando nelle classi, ci si rende conto di tante
mancanze della scuola. Le classi sono affollate e gli allievi di oggi
pretendono molto di più rispetto agli allievi di un tempo. Essi
necessitano di attenzione, di personalizzazione, vogliono essere
rassicurati, valorizzati e gratificati, si aspettano molto dal loro
nuovo docente. La buona qualità della scuola dipende dalla buona
formazione dei docenti, ma quella già c’è; il docente è comunque un
essere umano e, per quanto bravo, titolato e formato non potrà mai
venire incontro totalmente alle aspettative diverse di 30-35 allievi
inseriti all’interno di un unico dialogo educativo, spesso anche con
allievi disabili. Le classi in tal modo non ricevono quanto richiesto
da una sana relazione educativa; il docente facilita l’apprendimento,
ma, alla presenza di un’utenza così numerosa, sacrifica molto la
personalizzazione, riduce al minimo i principi della pedagogia moderna,
batte molto sulla psicologia della relazione educativa, per cercare di
salvare il possibile, ma non riuscirà mai a dare quanto spetta a
trentacinque persone contemporaneamente. E’ umanamente impossibile,
anche perché egli viene solitamente nominato in ritardo, affronta di
solito lunghi viaggi per raggiungere la sede scolastica ed è in diversi
periodi dell’anno assalito da questioni burocratiche, quali valutazioni
periodiche e incontri periodici, che il più delle volte capitano quando
ancora non è maturo il tempo della valutazione. E’ qui che inizia lo
scoramento degli allievi e inizia il loro tracollo. I buoni propositi
degli allievi vengono meno, si inizia ad accusare il docente di non
sapere insegnare, si tralascia lo studio; gli allievi di oggi non sono
gli allievi di ieri, vivono in una società molto più complessa, hanno
una visione del mondo da una prospettiva molto diversa; in una scuola
così organizzata essi si sentono parte di una massa e non formano più
la loro individualità, si confondono sempre di più tra la massa, non
sanno cosa sia il futuro, non fanno nulla per il loro futuro, perché
non si pongono il problema: vivono nella massa e iniziano ad odiare
l’istituzione ed anche i loro docenti, perché non comprendono il motivo
per cui debbano sacrificarsi ore ed ore sui banchi di scuola, studiare
cose noiose tra quattro mura grigie, in una struttura cadente che non
offre alcuno strumento se non un insegnante per ogni trentacinque di
essi, dei banchi, delle sedie, gesso e lavagna, una sala computer con
il 90% dei computer non funzionanti e regole da seguire. All’interno di
un quadro così nero, la scuola diviene luogo in cui si può anche
peggiorare piuttosto che formarsi e progredire.
Le istituzioni politiche sono molto lontane dall’attuale realtà
scolastiche: basti pensare alle parole dell’onorevole Castelli
durante la trasmissione di Annozero del 7 gennaio 2010 in risposta al
discorso di una precaria presente; in tale occasione l’onorevole tenne
precisare che, quando egli frequentava le elementari, le classi erano
costituite da quarantaquattro allievi. E’ inutile puntualizzare come
dal confronto ieri-oggi ne scaturisca un gap sproporzionato, dato il
contesto storico-culturale totalmente cambiato. Allora l’obiettivo
risiedeva principalmente nel tentativo di alfabetizzazione del popolo,
utilizzando metodi didattici ora improponibili. Gli insegnanti
operavano in un contesto culturale molto basso ed avevano un potere
quasi assoluto sui bambini. Con l’avanzamento culturale fortunatamente
tutto ciò era venuto a mancare: la scuola non può dare l’essenziale
soltanto: “Leggere, scrivere e far di conto”. Tuttavia siamo giunti ad
un altro estremo che ci porta a regredire culturalmente.
Una scuola di qualità è una scuola che include nell’offerta formativa
anzitutto il dialogo con il docente esperto, dialogo che può essere
attivo soltanto se ciascun docente formato segue 15-17 alunni per volta
e soltanto se egli possiede gli strumenti adatti a mettere in pratica
la sua metodologia. I docenti formati ci sono già e sono tutti disposti
ad aggiornarsi anno dopo anno sul campo, nel lavoro attento con gli
allievi, tramite corsi di aggiornamento.
Per fortuna che questa situazione di disagio si è venuta a creare oggi
e non venti anni fa, quando molti docenti di allora non erano affatto
pronti, con la loro preparazione didattica, a fronteggiare a una tale
emergenza. Almeno i docenti precari di oggi hanno seguito un iter
formativo robusto sulla didattica e sulla relazione educativa. Gli
esami dell’area comune SSIS uniti all’esperienza danno i loro frutti
sul campo. Nessun docente oggi si sogna da fare il suo ingresso in
classe esordendo con frasi del tipo:”Io sono il docente e si fa come
dico io: si interroga e si assegna”. Nelle classi di oggi si avverte il
disagio dei ragazzi, si vede come la politica dell’ultimo decennio sta
rovinando la scuola pubblica, rendendola scadente, ridotta al minimo. I
docenti di oggi cercano anzitutto la collaborazione dei loro allievi,
vanno coi piedi di piombo, volano basso, creano prima il clima ideale
di apprendimento e fanno del loro meglio per far fronte alle esigenze
della classe. Nelle attuali condizioni della scuola essi sono capaci,
anche se lavorano fino all’avente diritto e sono costretti a lavorare
in classi affollate, chiassose e non scolarizzate, di coinvolgere
almeno parte degli allievi; li coinvolgerebbero tutti e renderebbero
totalmente fruttuoso il dialogo educativo con la metà del numero degli
studenti per classe rispetto a quello odierno.
Cosa non va nella attuale politica della scuola?
Innanzitutto i tagli all’organico creano il sovraffollamento delle
classi e diminuiscono drasticamente le possibilità di lavoro, seppur a
tempo determinato dei precari; le classi sovraffollate non creano una
scuola di qualità, al contrario la degradano, la vituperano, la rendono
scadente. Lo scopo degli ultimi Governi sembra quello di voler creare
masse di ignoranti capaci di dire sempre di sì e che magari lottano tra
loro in una stupida guerra tra poveri;
Il precariato è stato creato dalle scelte politiche dell’ultimo
decennio, scelte sbagliate, che hanno solo sovraffollato le
graduatorie; inoltre i corsi abilitanti, non le SSIS, sono stati una
pessima trovata. Queste modalità di abilitazione di massa, quali i
corsi abilitanti hanno solo affollato ancor di più le graduatorie
provinciali creando nuovo precariato. Potevano accedere a questi corsi
tutti i docenti che avevano prestato servizio 360 giorni in una scuola
statale o paritaria. Per ottenere l’abilitazione oltre a pagare
notevoli tasse, dovevano sostenere diversi esami con piano di
studi di durata annuale articolato in un'area comune di insegnamenti
dedicati alle Scienze dell'educazione e in aree di indirizzo
specificatamente destinate alla formazione didattico-disciplinare per
le classi di abilitazione relative.
E’ inutile pensare al nuovo reclutamento: si creerebbe soltanto nuovo
precariato. Meglio non illudere altri cittadini, chiedendo loro inutili
sacrifici per superare il concorso ed entrare nel nuovo giro di
crea-precari, il cosiddetto TFA (Tirocinio Formativo Attivo). Perché
creare nuovi corsi abilitanti se ora già le graduatorie sono stracolme
di docenti preparati? Così si pensa di risolvere? Tagliando da un lato
e creando altri precari dall’altro?
Non vengono forniti gli strumenti da utilizzare per avviare una
didattica moderna, che segua i dettami della pedagogia moderna, che dia
spazio a metodologie avanzate e di successo.
Si creano soltanto nuove regole su valutazione e voti di condotta. Ma
possibile che il Ministero non capisce che i dirigenti scolastici non
faranno che porre continuamente ai docenti il veto di applicarle alla
lettera? Col passare degli anni i ragazzi imparano soltanto che si
viene promossi facilmente. I D.S. adattano alla legge il loro
atteggiamento sbagliato di fine anno. Sarebbero da registrare con una
videocamera gli scandali che dirigenti scolastici e parecchi docenti di
ruolo della vecchia guardia impongono durante gli scrutini finali, pur
di seguire alla lettera la legge e di vedere in questo il proprio
tornaconto.
Il cosiddetto riordino della scuola contenuto nella cosiddetta riforma
Gelmini è solo un insieme di tagli e un cambiamento di nomi. Vi è un
accorpamento di classi di concorso non chiaro, il che ha generato già
nel corso delle prime convocazioni confusione, disagi e ulteriori
proteste; alcune classi di concorso si sono viste private di organici
in favore di altre; tuttavia il vantaggio assunto da queste ultime non
ha garantito ulteriori possibilità di convocazione ma ha solo evitato
che si diminuisse di troppo il range del punteggio dei reclutati.
Il sostegno è un sacrosanto diritto della cittadinanza, ma rientra
comunque tra i tagli all’organico, nonostante siano state altre le
promesse politiche.
E’ inutile dire che i precari devono fare sacrifici; i sacrifici già ci
sono, il lavoro manca ogni giorno di più; si resta a casa; si sta male
psicologicamente; si vede il tempo fluire, mentre viene negata la
possibilità di far carriera e di crescere professionalmente, senza
contare gli stenti delle famiglie che non hanno entrate fisse e che non
riescono ad arrivare a fine mese e i sacrifici di “giovani” di 35-40
anni ancora a casa dei genitori. I sacrifici richiesti servono solo a
rovinare l’istituzione scuola; senza questi sacrifici la scuola
beneficerebbe dell’operato dei suoi docenti pronti a mostrare sul campo
i frutti del proprio saper insegnare; perché è davvero difficile
trovare un insegnante che non lavora bene; i docenti sono persone che
lavorano con coscienza più di tutte le altre categorie lavorative e ciò
lo confermiamo noi che da precari giriamo scuole diverse in periodi
diversi.
Cosa chiediamo dunque?
Almeno a voi che dite di voler tutelare i nostri diritti chiediamo di
essere uniti, non isolati quando si protesta contro i tagli di questo
Governo; è inutile indire scioperi isolati. Per una reale protesta
occorre scioperare tutti ogni giorno; bloccare l’azione di questo
tumore che si estende giorno dopo giorno, bloccando la scuola tutti e
protestando in massa. Il Ministero si convince e si muove solo davanti
ai numeri alti, alle alte percentuali. Si deve continuare sulla linea
del 30 ottobre 2008, unica occasione in cui tutti i sindacati hanno
manifestato uniti. Ci chiediamo perché voi sindacati non abbiate
continuato su quella linea, perché vi siete divisi, non tutelando
in tal modo i diritti dei precari, che si vedono abbandonati a sè
stessi.
Con tali linee isolate date soltanto l’impressione di non conoscere i
problemi dei precari e di non voler tutelare i diritti di questi
ultimi. Non si spiega la vostra disunione su problemi così oggettivi,
dove riteniamo che non ci sia nulla da cui differenziarsi. La perdita
di credibilità dei sindacati induce noi precari, e non solo, a credere
che ci siano legami tra essi e le politiche attuali.
Ma lasciamo perdere le polemiche; inutili guerre tra poveri non hanno
mai risolto nulla. Vi invitiamo solo ad essere uniti ed attivi, a
rappresentarci, tutelarci in modo compatto, ad ascoltare ed
individuare tutte le problematiche di noi lavoratori precari. Non
si può lasciare una categoria allo sbaraglio. Stiamo toccando il fondo,
stiamo percorrendo una strada in discesa la cui risalita sarà
lenta e ardua.
Grazie
Precari della scuola
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