LA CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA D’ISTITUTO
Data: Domenica, 17 ottobre 2010 ore 18:06:03 CEST
Argomento: Recensioni


Ora – ai sensi dell’art. 54, d.lgs. 150/09, di modifica, sul punto, dell’art. 40, d.lgs. 165/01 – la contrattazione collettiva nazionale è deputata alla sola disciplina dei diritti e degli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché alla definizione delle materie afferenti alle relazioni sindacali.
Essa, altresì, individua le materie e detta i limiti entro cui può svolgersi la contrattazione integrativa, ne definisce i diversi livelli territoriali e indica i termini delle sessioni negoziali.
Nello specifico, circa le materie c’è l’obbligo, ex lege, solo di destinare al trattamento economico accessorio, collegato alla performance individuale, «una quota prevalente del trattamento accessorio complessivo comunque denominato»; il tutto – ovviamente – nel limite dei vincoli di bilancio. Per il resto, numero e contenuto delle medesime sono elencati nel contratto nazionale, con l’esclusione di tutto ciò che concerne le determinazioni dell’organizzazione degli uffici e le misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro, che sono assunte in via esclusiva dal dirigente scolastico (in particolare le misure riguardanti la gestione delle risorse umane, la direzione e l’organizzazione del lavoro nell’ambito degliuffici), con il solo obbligo di informazione ai sindacati ove prevista dal contratto nazionale, ex art. 34, d.lgs. 150/09, che modifica l’art. 5, d.lgs. 165/01.
Sempre il contratto collettivo nazionale dovrà definire i livelli territoriali della suddetta contrattazione integrativa, potendo in astratto espungere quello relativo alla singola istituzione scolastica, magari ridotta a sola sede di informazione preventiva e/o successiva.
Infine, per tutti i livelli possibili di contrattazione integrativa, vanno obbligatoriamente fissati dei termini temporali, di apertura e chiusura delle trattative, superati i quali – se non si sarà arrivati ad un accordo – le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione; potendo però l’amministrazione (id est:: il dirigente) provvedere, in via provvisoria, unilateralmente sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva sottoscrizione (se ci sarà), beninteso con salvezza delle procedure di controllo e compatibilità economico- finanziaria: art. 54, d.lgs. 150/09, di novella dell’art. 40, d.lgs. 165/01.
2 – Da questa prima, essenziale, rassegna normativa disciplinante la contrattazione collettiva integrativa occorre domandarsi quale sia la sua fonte di legittimazione: il contratto collettivo nazionale in corso alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni legislative (15 novembre 2009) o quello successivamente sottoscritto (art. 40, comma 3 – quinquies, aggiunto dall’art. 54, comma 1,d.lgs. 150/09), ovvero riguardante la tornata successiva a quella in corso (art. 65, d.lgs. 150/09)?
La risposta, ovviamente, afferisce alla seconda, rimarcata, ipotesi; sia per i riferimenti normativi testé richiamati, sia argomentando a contrario dalla lettura dei commi 1 e 2 del citato art. 65, d.lgs. 150/09: che i contratti collettivi integrativi vigenti al 15 novembre 2009 (nel caso di specie, i contratti integrativi d’istituto stipulati sulla scorta del CCNL 29-11-07
del comparto scuola, relativo al quadriennio normativo 2006-09) devono essere adeguati dalle parti, nel tempo massimo del 31 dicembre 2010, alle disposizioni del d.lgs. 150/09, riguardanti sia la definizione degli ambiti riservati alla contrattazione collettiva e alla legge (in specie nel punto in cui quest’ultima ridisegna i «nuovi» poteri della dirigenza, espressamente escludendo che possano essere incisi o «negoziati» dalla prima), sia l’obbligata applicazione di tutte le disposizioni concernenti il c.d. merito (che a sua volta presuppone l’applicazione di quelle relative al ciclo della performance).
In caso di mancato adeguamento, i suddetti contratti integrativi cessano la loro efficacia dal 1° gennaio 2011 e non sono ulteriormente applicabili.
Ciò è a dire che se il CCNL 29-11-07 continua – astrattamente – a dispiegare la sua vigenza in regimie di prorogatio sino a quando non ne sarà sottoscritto uno nuovo, a valere – sempre astrattamente: infra – per il triennio 2010-2012, in ogni caso l’articolo 6 (rubricato «Relazioni a livello d’istituzione scolastica») e tutti gli altri sparsi nel corposo testo contrattuale, che direttamente o indirettamente lo integrano, non possono più essere applicati, dal 1 °gennaio 2011, per tutte quelle materie interferenti con le prerogative ora esclusive del dirigente scolastico: sicuramente quelle collocate nel comma 2, lettere h-m (inerenti la contrattazione in senso stretto: ciò che impone una soluzione concordata, cui le parti s’inducano a darvi «forza di legge» tra di loro, ex art. 1372 c.c.); nel mentre le materie attualmente oggetto di informazione preventiva (art. 6, comma 2, lettere a-g) e successiva (art. 6, comma 2, lettere n-o) non pongano problemi, essendo insuscettibili di incidere sui poteri del dirigente scolastico e, per contro, idonee a rinforzare nell’istituzione scolastica un sistema di relazioni sindacali che «nel rispetto delle distinzioni dei ruoli e delle rispettive responsabilità dell’amministrazione scolastica e dei sindacati persegue l’obiettivo di contemperare l’interesse dei dipendenti al miglioramento delle
condizioni di lavoro e alla crescita professionale con l’esigenza di incrementare l’efficacia e l’efficienza nei servizi prestati alla collettività (art. 3, comma 1, CCNL 29-11-07)».
3 – Tanto premesso, sorgono però, a livello operativo e in concreto, problemi di non poco momento. E sono sorti certamente dal 1 ° settembre 2010, per tutti i dirigenti scolastici e per le loro controparti (RSU e rappresentanti dei sindacati territoriali firmatari del contratto nazionale), che si saranno posti la domanda d’obbligo: che fare?
Già l’esegesi dell’elenco delle materie oggetto di contrattazione (supra, art. 6, comma 2, lettere h-m) è un’operazione ermeneutica precaria per definizione. E difatti chi decide quali sono le materie che incidono (e in che misura) sui poteri datoriali del dirigente scolastico: il dirigente, la controparte rappresentativa dei «lavoratori», un loro accordo, posto che lo si raggiunga e che poi gli organi di controllo non abbiano nulla da obiettare?
In verità la risposta ci sarebbe : lo decide il prossimo contratto collettivo nazionale del personale della scuola. La riforma Brunetta lo aveva vaticinato in tempi congrui ritenendo ragionevolmente disponibile tutto il 2010, prima della cennata fatidica data del 31 dicembre (supra). Senonché essa - già implausibilmente pretesa a costo zero - è stata praticamente sterilizzata (o congelata) «per via finanziaria» dalla recente manovra tremontiana (decreto legge 78/10, convertito con modificazioni dalla legge 122/10), ad eccezione della corposa parte delle sanzioni disciplinari, la sola contenente norme precettive, di immediata applicazione (senza rinvii, eccezioni, dilazioni), e forse la sola che è parsa in realtà interessare, per il suo forte impatto mediatico, all’arcigno, perennemente incazzato, ministro veneziano.
Per quel che qui ne occupa, l’art. 9, comma 1 del d.l. 78/10, come convertito dalla legge 122/10, statuisce che per gli anni 2011,2012,2013 il complessivo trattamento economico dei dipendenti pubblici, ivi comprese le retribuzioni accessorie, non può aumentare
rispetto a quanto percepito nell’anno 2010, tranne che non si verifichino il conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno o eventi straordinari, quali pagamento degli arretrati, maternità, aspettative ...
Ragion per cui il triennio contrattuale 2010-2012 è perso a tutti gli effetti, con l’aggiunta del
2013.
La situazione, invero, è paradossale. Prima del 2014 non potrà stipularsi un nuovo contratto collettivo nazionale per il personale della scuola (secondo il nuovo modello regolante la parte economica e quella normativa siccome inscindibili). Perché per quattro anni non c’è il becco di un quattrino, essendo congelati anche i risparmi da realizzare con la manovra finanziaria Tremonti-Gelmini del 2008 (il 30% dei tagli lineari ivi previsti, all’incirca due miliardi e mezzo di euro), sia pure per premiare il, solo, merito. E perché sussisterebbe l’obbligo, con le attuali risorse finanziarie bloccate e senza che neanche vengano riallineate all’inflazione programmata, di operare una non lieve traslazione delle già magre retribuzioni fisse o fondamentali di tutto il personale sul trattamento accessorio, da attribuire selettivamente ad una platea, ex lege, ristretta; peraltro dopo che si sia costruito il ponderoso dispositivo del ciclo della performance per poterne dedurre, e remunerare, il merito.
Quindi non se ne farà nulla, tranne che i sindacati non vogliano votarsi ad un sicuro suicidio. Di conseguenza, mancando la premessa normativa fondante, costituita dal contratto collettivo nazionale, il nuovo divisato modello della contrattazione integrativa d’istituto è rinviato alle calende greche.
Ma dicevamo, che fare, qui ed ora? A nostro sommesso avviso le parti negoziali dovrebbero concordemente prorogare il vigente contratto integrativo d’istituto, stipulato secondo la vecchia normativa, sino al 31 dicembre 2012; a meno che non sia stato già
«adeguato» (evenienza remota, comunque di problematica fattibilità, per quel che a breve si dirà). In mancanza di accordo, il dirigente scolastico, aperte formalmente le trattative, deve tergiversare fino al 31 dicembre, nel frattempo vigendo gli effetti ultrattivi del contratto integrativo d’istituto in corso. Giova ribadire ciò che con più distesa argomentazione abbiamo evidenziato in altri scritti: che non c’è nessun obbligo, per il dirigente scolastico, di concludere entro tempi contingentati una trattativa qualsivoglia. Diversamente opinando, oltre a consumarsi la lesione di un basilare principio giuscivilistico della libertà di concludere o non concludere un contratto (art. 1322 c.c.), qui non ricorrendo i presupposti dell’obbligo a contrarre ex art. 2597 c.c., il dirigente scolastico, che resta sempre un pubblico funzionario vincolato alla realizzazione di un munus pubblico, potrebbe essere esposto alla responsabilità di aver concluso un contratto totalmente o parzialmente nullo per contrasto con norma imperativa (artt. 1418 e 1419 c.c.), nel mentre in nessuna responsabilità, giuridicamente esigibile, incorrerebbe la controparte che, nel caso di specie, resta «privata» siccome portatrice di suoi «egoistici» interessi.
L’obiezione che imporrebbe al dirigente scolastico di definire la contrattazione dì istituto entro il 30 novembre, di cui è parola nel più volte citato art. 6, CCNL 29-11-07, oltreché – a nostro giudizio – inconferente, perché introduce nel rapporto negoziale un soggetto terzo, che non è parte contrattuale (nel caso di specie, il direttore generale dell’ufficio scolastico regionale), non obbliga ad alcunché: le parti «possono» congiuntamente chiedere la mediazione di un soggetto terzo, non già «devono».
In ogni caso ora – per esplicita previsione normativa – il dirigente scolastico «potrebbe», qualora non si arrivi ad un accordo sulla sua proposta entro i termini, decidere unilateralmente e in via provvisoria.
4 – L’uso del condizionale virgolettato vuol significare il conseguente primo suggerimento delle «più» cose da non fare: quantomeno sino al 31 dicembre 2010. Poi si vedrà.
Anzi, questo è il secondo suggerimento, in quanto presuppone l’avvenuta distinzione, dal coacervo delle materie tuttora figuranti nel citato art. 6 del CCNL del 27-11-07, di ciò che afferisce alle prerogative del dirigente scolastico e di ciò che attiene al tavolo negoziale. Distinzione che – lo si è già rimarcato – non può essere il frutto di un’interpretazione unilaterale dell’amministrazione.
Al riguardo esiste già una prima significativa giurisprudenza formatasi all’indomani dell’entrata in vigore della riforma Brunetta.
Si tratta di tre sentenze, sostanzialmente in fotocopia, emesse dai magistrati del lavoro di Torino (2 aprile 2010), di Pesaro (19 luglio 2010 ) e di Salerno (3 agosto 2010).
In tutte e tre è stato dichiarato il comportamento antisindacale dell’amministrazione ex art. 28, legge 300/70, con conseguente condanna alle spese della direzione regionale dell’INPS piemontese e del comune di Pergola, mentre il comune di Bellizzi ha beneficiato della loro compensazione per la «novità e la peculiarità della questione»
L’oggetto di censura è stato il comportamento delle citate amministrazioni che hanno erroneamente ritenuto caducati, a far data dall’entrata in vigore del d.lgs. 150/09 e quindi retroattivamente, i precedenti assetti contrattuali legittimamente sottoscritti secondo la normativa pregressa, con riguardo agli istituti della contrattazione e della concertazione, afferenti alle materie dell’organizzazione degli uffici e della gestione del personale (la cui individuazione è stata decisa unilateralmente) siccome di competenza esclusiva della dirigenza: ciò nonostante, oltre a ragioni di ordine sistemico, lo stesso menzionato d.lgs. 150/09 disponesse la vigenza dei contratti nazionali in corso sino alla nuova tornata contrattuale e quella dei contratti integrativi quantomeno sino al 31 dicembre 2010, salva la facoltà delle parti di concordarne medio tempore l’adeguamento.
Un interesse aggiuntivo riveste la terza sentenza (del 3 agosto 2010) in quanto succedanea alla circolare della funzione pubblica n. 7 del 13 maggio 2010, ma pubblicata il 15 luglio ed operativa dopo l’ordinaria vacatio. Un interesse aggiuntivo perché introduce, in via interpretativa, quel principio di retroattività censurato dai giudici del lavoro nonché altre disposizioni (che a breve riferiremo) palesemente contra legem, poiché contenute in una fonte normativa (un atto amministrativo, qual è una direttiva ministeriale) gerarchicamente inferiore alla legge: che vuole interpretare e che invece la manipola e la stravolge, laddove è scritto, e sottolineato, che «i nuovi contratti integrativi, cioè quelli stipulati successivamente alla data del 15 novembre 2009, data di entrata in vigore del d.lgs. 150 del 2009, sono soggetti all’applicazione delle nuove regole indipendentemente dall’anno di riferimento finanziario del fondo di amministrazione regolato». Se invece – continua la direttiva - i contratti integrativi sono stati stipulati prima del 15 novembre 2009 potranno essere applicati sino al nuovo contratto di adeguamento entro il 31 dicembre 2010, «termine ultimo per disporre l’adattamento, dopo il quale si determina ex lege la cessazione delle vecchie regole».
Vale anche qui quel che abbiamo già annotato: se le parti convengono un assetto conforme ai nuovi principi (che, concordemente interpretati, si traducono in norme precettive, reciprocamente vincolanti) potrebbe (più o meno, perché poi dipenderà dagli organi di controllo) andare pure bene; ma se non c’è l’accordo (più che possibile, perché, secondo i «nuovi principi», da contrattare in senso stretto resta ben poco, tutto il resto essendo derubricato in – eventuale – mera informativa) quel che il dirigente scolastico non dovrà fare è di seguire le indicazioni di una circolare illegittima procedendo unilateralmente e a prescindere, sotto (sicura) pena di essere sanzionato dal giudice del lavoro.
La circolare di cui si discorre si occupa poi doviziosamente della performance e del merito, legittimando ex post i tentativi, tutti «domestici», pure posti in essere da singole istituzioni
scolastiche nella costruzione di un dispositivo formale secondo le coordinate normative dettate dal d.lgs. 150/09, invero con inusitata minuziosità: dal ciclo di gestione della performance (da intendersi come realizzazione di un risultato concreto, tangibile, cioè che cade sotto il dominio dei sensi, perciò idoneo ad essere misurato ed apprezzato), alle susseguenti sue scansioni in obiettivi, modalità e strumenti di monitoraggio-misurazione-valutazione-ambiti, sino ai soggetti (e relative attribuzioni) chiamati a realizzarlo in un piano.
Ciò è infatti propedeutico alla contrattazione integrativa, la cui funzione è di attribuire il trattamento economico accessorio obbligatoriamente correlato alla performance individuale e al suo apporto recato alla performance della struttura, cioè al servizio erogato dall’istituzione scolastica in termini di efficienza e di produttività.
Senonché, l’ «amministrazione pubblica» che – ai sensi dell’art. 3, 4°comma, d.lgs. 150/09 – deve (e avrebbe già dovuto!) adottare «metodi e strumenti idonei a misurare, valutare [e premiare] la performance individuale e quella organizzativa, secondo criteri strettamente connessi al soddisfacimento dell’interesse del destinatario dei servizi e degli interventi», non può essere – quantomeno in prima battuta – la singola istituzione scolastica.
Se si dà una rapida lettura al titolo II, artt. 2-16, del d.lgs. 150 (misurazione,valutazione e trasparenza della performance), correlato al titolo III (merito e premi), emerge che, con riguardo alla performance:
- gli organi di indirizzo politico, sentiti i vertici dell’amministrazione che a loro volta
consultano i dirigenti o i responsabili delle unità organizzative, programmano gli obiettivi su base triennale, in coerenza con gli obiettivi figuranti nella legge finanziaria;
- sempre gli organi di indirizzo politico, con il supporto dei dirigenti, verificano l’andamento della performance rispetto agli obiettivi, proponendo se necessario interventi correttivi in corso di esercizio;
- l’organismo nazionale indipendente di valutazione della performance organizzativa e individuale predetermina criteri e modalità alla cui stregua è remunerato il merito (secondo la dettagliata disciplina di cui è parola nel poc’anzi richiamato titolo III, artt. 17-28) o sancito il demerito (semplicemente non attribuendo il trattamento economico accessorio e/o, ancor più, ricorrendo al corposo apparato sanzionatorio, di cui al titolo IV, artt. 67-73).
E’ di palmare evidenza che « l’amministrazione pubblica» è il MIUR. Che però, in ottemperanza a quest’obbligo di legge, deve attendere – ai sensi dell’art. 74, comma 4, d.lgs. 150/09 – un decreto del presidente del consiglio dei ministri in cui «sono determinati i limiti e le modalità di applicazione delle disposizioni dei titoli II [performance] e III [merito] al personale docente della scuola». E che per il personale «non docente» deve individuare, in via previa, il soggetto sostitutivo (l’INVALSI ?) dell’organismo nazionale indipendente di valutazione della performance siccome escluso per il «sistema scolastico» ma non per l’apparato burocratico ministeriale, sia a livello centrale che periferico (uffici scolastici regionali e loro articolazioni territoriali provinciali), da ultimo disciplinato dal nuovo regolamento di organizzazione ex d.p.r. 17/09.
Si consideri che il cennato soggetto – pur dovendo tener conto della peculiarità del «sistema scolastico» e di tutti coloro che vi operano (docenti, ma anche personale ATA), dovrà comunque adempiere a una serie di compiti (arg. ex art. 14, comma 4, lettere a-h), propedeutici, concomitanti e successivi al piano della performance (e alla remunerazione dell’accertato merito), una volta che sia «adottato» da ogni
istituzione scolastica; potendosi ragionevolmente presumere che non si tratterà di mera applicazione, siccome distonica rispetto all’autonomia funzionale, e contrastante con altre norme di diritto positivo, a principiare dall’inciso contenuto nel novellato art. 117 della costituzione. Ma proprio perché «funzionale», cioè preordinata al conseguimento di fini specifici e non «liberi», di cui è parola nell’art. 1, comma 2, d.p.r. 275/99, l’autonomia della singola istituzione scolastica soggiace ai vincoli di «sistema», anche di tipo strumentale, che non sono nella sua disponibilità; come nel caso della tutela dei diritti del personale «di ruolo», involgenti un «ambito territoriale più ampio di quello di competenza della singola istituzione [è il caso del personale ATA], ovvero... garanzie particolari in relazione alla tutela della libertà d’insegnamento [ed è il caso del personale docente]»: sempre nello stesso d.p.r. 275/99, art. 17, c.d. regolamento dell’autonomia.
Anche qui la competenza primaria, e preliminare, è della legge e del contratto nazionale. E fino a che non venga apprestata questa intelaiatura di sistema le istituzioni scolastiche (ente-organo dell’amministrazione della pubblica istruzione) non possono confezionare in loco compiuti e formali dispositivi, che franerebbero sul solo dirigente scolastico, quand’anche fossero il frutto di un accordo con la controparte negoziale: basterebbe il ricorso di un solo «lavoratore» insoddisfatto e la condanna dell’amministrazione è bell’e sicura.
Di guisa che non è dato di comprendere l’ostinazione del ministro Brunetta quando nella circolare n. 7/10 scrive che «tuttavia non è possibile che tale tempistica [che coinvolge le amministrazioni centrali e la contrattazione nazionale] determini di fatto l’impossibilità per le amministrazioni [leggasi: le singole istituzioni scolastiche] di predisporre nuovi contratti integrativi». Invece, lo si potrà e lo si dovrà fare, «riferendosi in ogni caso ai principi enunciati dalle singole disposizioni del titolo
III»; che sono i principi di «selettività e concorsualità nelle progressioni di carriera e differenziazione nel riconoscimento degli incentivi... in funzione dell’attività svolta e sulla base dei risultati conseguiti, nonché delle qualità professionali e culturali possedute ed/o esclusivamente nei confronti di una quota di personale».
E siamo sempre lì; per cui i dirigenti scolastici devono disattendere, in parte qua, la direttiva Brunetta, a fronte dell’opposto chiaro tenore letterale della legge. Tuttavia, non si impone un atto di eroismo, perché è intervenuta, ieri l’altro, la provvidenziale nota del MIUR, prot. 8578 del 23-9-10, avente per oggetto «Contratto collettivo nazionale integrativo sulle utilizzazioni ed assegnazioni provvisorie del personale del comparto scuola per il 2010-2011 ». A fortiori le considerazioni ivi contenute possono riferirsi anche alla contrattazione educativa d’istituto, in attesa che l’amministrazione batta un secondo, e più specifico, colpo dopo quasi un anno di assoluto silenzio a far data dal 27 ottobre 2009, quando è stato emanato il d.lgs. 150/09.
La si riporta integralmente per tranquillizzare i dirigenti scolastici:
«Le innovazioni introdotte dal decreto legislativo n. 150 del 2009 sul riparto di competenze fra la fonte legale e quella negoziale comportano la necessità di approfondirne i delicati riflessi, soprattutto sul versante della organizzazione e gestione del personale scolastico.
Al riguardo, questo Ministero ha provveduto a prospettare la complessa problematica al competente dipartimento per la funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
In attesa i conoscere l’avviso del predetto Dipartimento, si ritiene opportuno, con riferimento alla materia indicata in oggetto, richiamare l’attenzione delle SS.LL sulla
necessità, al fine di assicurare il corretto e regolare avvio dell’anno scolastico 2010- 2011, che le procedure di utilizzo del personale scolastico si svolgano nel quadro normativo e contrattuale di riferimento attualmente vigente.
Si prega di diramare il contenuto della presente nota a tutte le istituzioni scolastiche dei territori di rispettiva competenza».
5 – Riassumendo e concludendo:
- aprire formalmente le trattative per il contratto integrativo d’istituto per l’a.s. 2010- 2011 informando la controparte negoziale della complessità dell’attuale quadro normativo e proponendo la proroga dell’assetto in corso sino ai preannunciati chiarimenti dell’amministrazione;
- se la parte rappresentativa dei lavoratori si dimostra invece pronta a chiudere le trattative, anche putacaso alle condizioni del dirigente (evenienza remota, perché da contrattare ci sarebbero solo le materie, e forse neanche quelle, di cui alle lettere j e k, art. 6, CCNL29-11-07, relative all’applicazione dei diritti sindacali e all’attuazione della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, mentre è dubbia quella della lettera l, concernente i criteri per la ripartizione delle risorse del fondo d’istituto), prendere comunque tempo e tirarla per le lunghe, occorrendo sino al 31- 12-2010: non ripeteremo le argomentazioni con cui abbiamo dimostrato che l’accordo non pone al sicuro il dirigente scolastico;
- non provare neanche a mettere in piedi un protocollo di valutazione delle performance e un conseguente sistema di attribuzione selettiva del salario accessorio, addirittura predeterminando una quota di personale che può usufruirne, escludendone il resto (che a dare applicazione ai nuovi «principi» si arriverebbe necessariamente a questo risultato).
- sperare, più che nelle promesse del MIUR, in una nuova direttiva della funzione pubblica, in cui sia semplicemente scritto che sino alla sottoscrizione del prossimo contratto collettivo nazionale di lavoro (non prima di quattro-cinque anni!) valgono le regole della contrattazione integrativa d’istituto aventi a fondamento il plurimenzionato articolo 6 del CCNL 29-11-07; ovvero che sopraggiunga un intervento legislativo, di modifica del d.lgs. 150/09 e, a monte,della legge delega 15/09, che detti normativamente tutte le materie di contrattazione, nazionale e integrativa, in uno con gli afferenti livelli territoriali, nel mentre tutto il resto – secondo il criterio della residualità – apparterrebbe ai poteri esclusivi del dirigente, con il solo obbligo dell’informativa: oggettivamente, innocuo simulacro di relazioni sindacali in un sistema ormai compiutamente rilegificato, non dissimile dal modello sostanzialmente unilaterale ed autoritativo di trent’anni fa (d.p.r. 93/83), se non addirittura più regressivo.
In ogni caso il 1 ° gennaio 2011 sarà un altro giorno.







Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-237217.html