L'Alta Formazione Artistica e Musicale calabra, protesta contro i tagli
Data: Venerdì, 15 ottobre 2010 ore 20:00:00 CEST Argomento: Sindacati
L’otto ottobre scorso,
i lavoratori dell’FLC si sono astenuti dal lavoro per protestare contro
la politica governativa basata sull’assioma che «chi meno ha, più deve
pagare».
Da diverse sedi regionali dell’alta formazione universitaria e
artistico-musicale, della ricerca arrivano gli effetti dei
provvedimenti dei ministri Tremonti, Brunetta e Gelmini sull’economia,
sull’organizzazione dell’amministrazione pubblica, sull’istruzione e la
ricerca. Gli indicatori statistici e le cronache raccontano di un paese
in difficoltà, che soffre e stenta a raggiungere condizioni di maggiore
serenità per le famiglie e l’occupazione. Il sistema universitario
scricchiola sotto il peso di misure inappropriate. La protesta alla
riforma Gelmini vede implicate fasce dell’università che pensavano di
non essere toccate dagli avvenimenti: la docenza viene coinvolta dalle
prescrizioni finanziarie, dai provvedimenti di ridisegno
dell’Università. La protesta scismatica dei Ricercatori, precari come
quelli della scuola, è la punta dell’iceberg di una crisi
generalizzata. Gli ingenerosi tagli ai già insufficienti fondi delle
Istituzioni artistico-musicali, la pachidermica tempistica del processo
di riforma nell’Afam -che, grazie allo spirito di sacrificio del
personale interno, miracolisticamente sopravvive ogni giorno a se
stessa- sono facce della stessa medaglia.
E’ questo il rapido scenario di una logica che mira all’indebolimento
della diffusione della Cultura, che punta all’abbassamento dei livelli
delle strutture preposte alla formazione, all’organizzazione e alla
diffusione della Conoscenza.
Tutto ciò è denunciato con manifestazioni e scioperi nazionali e locali
dalla FLC che, consapevole dell’importanza del momento, non fermerà qui
la protesta, ma porterà avanti la lotta per disperdere il progetto di
distruzione del pubblico a favore del privato.
Anche a Reggio la crisi sta mostrando i nodi del disagio con le recenti
vicende in alcuni dei suoi luoghi nevralgici.
L’Università Mediterranea ha difficoltà in tre corsi formativi dopo la
proposta di chiusura fatta dal consiglio di facoltà di Architettura: i
corsi di laurea in Urbanistica, Storia e Conservazione, Architettura
del Paesaggio, quest’anno rischiano di non poter usufruire degli stessi
flussi di studenti del passato, con grave nocumento nell’offerta
formativa. In fibrillazione l’esperienza extra curriculare di Fashion
design nel continuare la sperimentazione partnariale nel campo della
moda: gli spazi didattici sono stati destinati ad altre esigenze delle
facoltà, il Comune è in difficoltà con i finanziamenti in convenzione,
dal partner Polimoda si segnalano perplessità. Ad Ingegneria si tenta
una politica di efficienza gestionale con il recupero delle risorse
esistenti e il contenimento degli sprechi. La pervicace protesta dei
Ricercatori reggini ha messo in scacco il normale avvio dell’anno
accademico dell’ateneo, denunciando la condizione di sfruttamento
intellettuale, la precarietà nell’esercizio del ruolo che ora chiede il
rispetto normativo e il riconoscimento dei diritti maturati.
In questo trend anche l’Accademia di belle arti. Già dallo scorso anno,
Belle Arti -ingessata da tempo dall’assenza di un piano di
riqualificazione reale e avanzato- ha subito le prime avvisaglie della
crisi economica. La scelta di studio operata dalle collettività
giovanili si è orientata su settori professionali (apparentemente) più
concreti e meno aleatori, rinunciando a priori alla valorizzazione dei
talenti artistici posseduti. Questo andamento ha agito sulla delicata
istituzione artistica come fattore di ulteriore debilitazione,
generando un ridimensionamento di percorsi curriculari precedentemente
radicati e consolidati: è il caso della non attivazione del biennio
specialistico delle scuole di Scenografia, della contrazione
d’interesse verso talune scuole come Scultura, Decorazione e Grafica.
Per gli studenti universitari e afam poi un’ulteriore difficoltà a
causa dell’aumento della media richiesta per l’esonero delle tasse da
parte dell’Ardis. Un provvedimento che penalizza principalmente la
fascia di studenti provenienti da famiglie con redditi bassi, che
troveranno impedimenti aggiuntivi per seguire i singoli corsi di
studio.
Una ricognizione, dunque, che riguarda alcuni luoghi d’estrinsecazione
della Conoscenza, esempi di ordinaria fenomenologia di malesseri
locali, in cui significative categorie di personale lavorativo -docenti
esperti, operatori professionali qualificati, maestranze tecniche
straordinarie, addetti in settori specialistici- rischiano di pagare il
prezzo della crisi con l’emarginazione e l’espungimento finale dai
luoghi di lavoro della scuola e dei centri d’eccellenza.
Per questi «fannulloni» c’è una lunga stagione di incertezza lavorativa
con il blocco delle carriere, delle retribuzioni e degli accordi di
categoria, con la stagnazione della contrattazione decentrata. C’è un
più generale senso di insicurezza collettiva, colto nell’asfissia dei
diritti sindacali acquisiti, oggi confutati con il tentativo portato
sulle RSU, le cui elezioni sono minacciate da un antidemocratico rinvio
sine die in forza del ridisegno implosivo dei comparti di
contrattazione.
Ambiti di scontro che mettono pesantemente in discussione i legittimi
progetti di vita dei lavoratori italiani e calabresi, ma in modo
particolare di quelli delle giovani generazioni future, dei nuovi
quadri culturali dell’Italia a venire. Terreni sociali purtroppo
diventati aridi e difficili, divenuti oramai sabbie mobili. Altro che
rinascita del Paese!
In Calabria, l’FLC c’è ed è in prima linea per difendere il precariato,
salvaguardare i posti di lavoro e lavorare all’abbattimento di questo
scellerato disegno. Allontanando da tutte le fonti conoscitive
rilevanti fasce di utenza realmente interessate allo studio e alla
crescita intellettuale, qui si corre il rischio di non potere condurre
più un’efficace contrasto alla cultura mafiosa, e di vanificare la
prospettiva di emancipazione e di libertà della nostra comunità. E’
indispensabile pertanto condurre tutte le azioni di lotta possibili per
avversare questa politica governativa basata sul depauperamento dei
valori didattico-culturali. Il sistema scolastico di base, le
Università e le Istituzioni artistico-musicali, devono rimanere i perni
del sistema formativo, gli incubatori sui quali si incardinano i valori
fondanti della convivenza civile e democratica. (da Flc-Cgil)
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