Salviamo l'università, tutti insieme, vendendo le frequenze tv
Data: Venerdì, 15 ottobre 2010 ore 08:08:50 CEST Argomento: Comunicati
Bersani scrive al
Corriere: il PD per il diritto allo studio
Spesso tra le parole e i fatti c'è un abisso. Il governo ne ha dato
tante prove ma si è proprio superato con il disegno di legge
sull'università. E' stato presentato come il trionfo della
meritocrazia. Avrebbe il nostro plauso se davvero fosse così. Noi
stessi siamo interessati ad introdurre innovazioni anche dopo la nostra
stessa esperienza di governo. La realtà è purtroppo ben diversa.
Il testo introduce circa cinquecento nuove norme che dovranno essere
attuate mediante circa mille regolamenti negli atenei. E' un monumento
alla burocrazia. I professori passeranno le loro giornate a districarsi
nel pantano normativo già oggi molto appesantito. Ciò spingerà gli
atenei a diventare uguali tra loro, secondo lo standard imposto per
legge. Mentre la politica del merito dovrebbe fare esattamente il
contrario, cioè promuovere le differenze, incoraggiare gli innovatori e
penalizzare chi non merita. A tale scopo bisognerebbe eliminare
burocrazie inutili e affidare la regolazione del sistema alla
valutazione dei risultati. Ma proprio questa è mancata finora. A metà
del suo mandato il Ministro Gelmini non è ancora riuscito a far
funzionare la nuova agenzia di valutazione degli atenei – l’Anvur, già
approvata a suo tempo dal governo di centro sinistra - e ci vorrà
ancora qualche anno prima che essa fornisca risultati utili. Non si è
nemmeno accelerato nel frattempo, il lavoro della struttura
ministeriale esistente, il CIVR. La valutazione è bloccata e per
misurare la produzione scientifica degli atenei si usano dati vecchi di
quasi dieci anni. Sono ritardi inaccettabili in ambiti così legati alla
velocità del mondo globalizzato. Questa si chiama meritocrazia delle
chiacchiere. E infatti non scontenta nessuno. Alla fine il Ministro ha
promesso sottobanco che gli atenei con i risultati più negativi
perderanno pochi soldi. Tutto cambia perché nulla cambi.
Secondo il governo questo paracadute è necessario a fronte della caduta
dei finanziamenti. E’ vero. Una politica del merito la si può fare solo
con risorse crescenti, almeno per un primo periodo.
Si dice che il deficit non lo consente. Devo qui rifare l’elenco dei
soldi buttati via in questi due anni mentre si tagliavano scuola e
università? Comunque, per il 2011 il Pd propone un forte aumento delle
risorse per la scuola e l’università mettendo in vendita le frequenze
liberate dalla transizione al digitale, come fece già il governo
dell’Ulivo nel 2001 con le licenze UMTS. I paesi che hanno messo a gara
le frequenze hanno incassato un bel po’ di miliardi. Potremmo spenderli
a favore dei migliori atenei, per piani di ricerca ben selezionati,per
investimenti nel diritto allo studio e per la realizzazione di
infrastrutture scientifiche nel Mezzogiorno, che solo con la politica
della conoscenza può rimettersi in cammino. Un fatto simile potrebbe
modificare la prospettiva dell'università italiana.
Pochi giorni fa è stato assegnato il Nobel per la fisica a Kostantin
Novoselov, uno scienziato anglo-russo di 36 anni. Da noi con la legge
Gelmini a quell'età faticherebbe perfino a diventare professore e non
saprebbe dove trovare i soldi per realizzare le sue ricerche. Del resto
la ricerca universitaria è infatti ormai quasi scomparsa dai compiti
dello Stato e non se ne trova traccia neppure nel testo all'esame del
Parlamento. Intanto, circa cinquecento veri innovatori, già selezionati
tra i migliori dipartimenti universitari e le aziende hi-tech,
attendono da anni di ottenere i finanziamenti già stanziati dal
progetto Industria 2015.
Si può chiamare riforma solo una politica della ricerca che convinca e
appassioni tutti i ricercatori italiani. La sfida riguarda tutti, anche
noi di centrosinistra e ci prendiamo la nostra parte di responsabilità.
Chiediamo però un ripensamento alla maggioranza che ha governato
l'università quasi l'intero decennio passato con risultati negativi. E'
dovere di tutti cercare soluzioni diverse dal passato. E’ urgente una
svolta. La crisi picchia anche qui. L'occupazione dei laureati è in
costante diminuzione negli ultimi tempi. Gli studenti e le famiglie
sembrano averne già preso consapevolezza facendo diminuire il numero di
immatricolazioni. I primi a rinunciare agli studi sono i figli dei ceti
sociali più deboli. Nel disegno di legge il potenziamento del diritto
allo studio è affidato al buon cuore di improbabili benefattori, mentre
c'è bisogno di un welfare studentesco di tipo europeo, in particolare
per le residenze che consentono di spostarsi in città diverse. Perciò
non saremo disponibili a discutere di norme senza un quadro certo dei
finanziamenti, che non possono dipendere da quel che decide
inappellabilmente il ministro del Tesoro, ma solo da una decisione del
Parlamento. Stiamo infatti parlando dell’Università cioè del pilastro
su cui costruire il progresso civile, culturale ed economico
dell'Italia.
redazione@aetnanet.org
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