La “rivoluzione” della scuola alla prova delle 3i
Data: Martedì, 12 ottobre 2010 ore 10:30:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Nel programma presentato da Berlusconi nel 2008, scuola e università erano nascoste sotto la voce «sostenere la famiglia, dare ai giovani un futuro» ed in quello dedicato ai servizi ai cittadini. Il Pdl prometteva «un’effettiva libertà di scelta educativa tra scuola pubblica e scuola privata; assegnazione di libri di scuola gratuiti per le famiglie meno agiate, estesa fino al 18° anno di età per garantire il diritto/dovere all’istruzione».
Quella che poi si è rivelata una vera e propria rivoluzione che ha scatenato un terremoto dalle elementari ai licei e messo alla porta decine di migliaia di precari e insegnanti, due anni e mezzo fa era una formulazione ancora vaga per la necessità di sintesi chiesta dallo stesso Berlusconi. Il primo obiettivo del Pdl era «Ripresa nella scuola, per gli alunni e per gli insegnanti, delle 3i: inglese, impresa, informatica». Cosa è stato fatto in questi primi due anni e mezzo di attività di governo per l’inglese nelle scuole? 
«Tanto», risponde Valentina Aprea, del Pdl, presidente della commissione Cultura della Camera. «Un aumento delle ore di lezione nella riforma del secondo ciclo dell’istruzione, e dello studio di due lingue nel primo ciclo». Per Mariangela Bastico, senatrice del Pd, le cose stanno in modo un po’ diverso: «Sono stati cancellati i docenti specializzati nelle primarie, sostituiti da maestri tuttofare a cui è stato fornito un corso di formazione di 150 ore. Si pensa che un corso di inglese possa bastare per insegnare l’inglese ai bambini delle elementari? E poi l’aumento delle ore di inglese alle superiori è vero solo al liceo classico». Anche sull’informatica per Valentina Aprea «molto è stato fatto sia nella diffusione delle lavagne multimediali nelle scuole, sia nella preparazione degli insegnanti». «Un fallimento» è il giudizio di Mariangela Bastico. «Le lavagne, introdotte dal governo Prodi, sono presenti solo in 40 mila classi, una goccia del totale». Circa una su dieci, per la precisione. «E la vera scommessa da vincere sarebbe stata l’introduzione della banda larga per permettere agli studenti di usare i propri apparecchi, ma non ce n’è traccia. Oltretutto negli istituti tecnici le ore di laboratorio, anche di informatica, sono state ridotte». Sulla «i» di impresa Valentina Aprea rivendica al governo il merito di essere riuscito «dopo 38 tentativi falliti» di riformare la scuola superiore, e in particolare i tecnici. E poi l’aumento degli stage per studenti. Mariangela Bastico ricorda però che aumentare gli stage sulla carta non serve. «Si tratta di iniziative che vengono pagate con i fondi dell’autonomia scolastica. Peccato che siano stati cancellati».
La seconda promessa prevedeva la «difesa del patrimonio linguistico e delle tradizioni» anche per «favorire l’integrazione degli stranieri». Valentina Aprea, sottolinea «l’impegno del governo nel rafforzare lo studio della lingua italiana» e gli «interventi specialistici per insegnare l’italiano come seconda lingua». Mariangela Bastico ricorda che «per fortuna l’idea di introdurre i dialetti è rimasta un’iniziativa politica» e che l’italiano «è aumentato in proporzione solo perché gli altri insegnamenti sono stati ridotte ma ore sono le stesse».
La terza promessa di Berlusconi sulla scuola era la garanzia - «per la prima volta» si sottolineava – del diritto allo studio. Per Valentina Aprea promessa mantenuta: «E’ stata la rivoluzione del merito, riportando rigore nelle valutazioni scolastiche e chiudendo definitivamente la partita del Sessantotto». Mariangela Bastico specifica che il diritto allo studio è di competenza delle Regioni: «lo Stato deve limitarsi a garantire le risorse. E le ha tagliate».
Berlusconi aveva poi promesso aumenti di merito agli insegnanti più «preparati e impegnati». «Ci stiamo lavorando. E’ una sfida che contiamo di vincere», afferma Aprea. Per Bastico si tratta di un annuncio ben lontano dall’essere stato messo in pratica: «Anche in questo caso quello che c’era è stato cancellato». Il fascicolo proseguiva poi con l’Università promettendo la loro trasformazione in «Fondazioni associative», la realizzazione di «Fondi dei fondi» e maggiore competizione tra atenei premiando qualità e risultati. Delle prime due promesse non c’è traccia nell’attività di governo. La competizione è stata prevista in atti amministrativi, ricorda Valentina Aprea, e nel disegno di legge all’esame della Camera. «Ripetere più volte che si vuole introdurre il merito non basta a rendere vera quest’affermazione. Ci vogliono atti concreti», conclude Mariangela Bastico.
 (da La Stampa)

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