Scuola-lavoro, le prove tecniche cominciamo dalla Lombardia
Data: Giovedì, 30 settembre 2010 ore 12:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Scuola-lavoro:
prove tecniche di trasmissione dei saperi attraverso l’attività
lavorativa. Con qualche anno di ritardo – la previsione normativa
risale infatti al 2003, ad ottobre di quell’anno, quando cioè entrava
in vigore il primo decreto attuativo della Riforma Biagi del lavoro –
la regione Lombardia dà i natali al primo contratto di «apprendistato
per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione».
Servirà, nelle intenzioni dei firmatari dell’Intesa – il ministro del
lavoro Maurizio Sacconi, quello dell’Istruzione Mariastella Gelmini e
il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni – a contrastare
la dispersione scolastica e lo sfruttamento della manodopera minorile.
E in effetti, gli adolescenti tra i 16 e i 18 anni (età che scenderà a
15 anni con l’approvazione del collegato lavoro) potranno avventurarsi
nel mondo del lavoro senza per questo dover rinunciare ad acquisire una
qualifica professionale, attivando con un’impresa un adeguato percorso
di formazione e lavoro, appunto utilizzando la nuova chance offerta
dall’apprendistato.
Per il ministro dell’Istruzione, Gelmini, l’accordo non prevede «alcuno
sfruttamento del lavoro minorile, ma al contrario la possibilità di
coniugare uno studio teorico con una formazione pratica in azienda e
quindi accelerare l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani». Per il
ministro del lavoro, Sacconi, l’accordo ha l’importante scopo di
contrastare «due patologie: l’abbandono precoce degli studi e il
disadattamento scolastico». Infine, per il Governatore Formigoni
l’accordo segna un «cambio di direzione culturale con il riconoscimento
del valore educativo della formazione professionale».
Fino all’avvento della Riforma Biagi, vigeva un unico contratto di
apprendistato forgiato a modello del garzone di bottega. Oggi, invece,
imprese e lavoratori hanno a disposizione tre diverse tipologie,
corrispondenti ad altrettanti percorsi di formazione e apprendimento e,
quindi, finalità educative. Il primo è quello di cui si sta parlando;
il secondo è l’apprendistato professionalizzante per il conseguimento
di qualificazioni attraverso una formazione sul lavoro e un
apprendimento tecnico-professionale; il terzo, infine, è il contratto
di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di
alta formazione.
Il contratto di apprendistato professionalizzante – il secondo dei tre
percorsi – è quello operativo da sempre e con maggior appeal presso le
imprese. E’ rivolto a giovani d’età compresa tra i 18 e i 29 anni
(anticipabile a 17 anni per i soggetti in possesso di qualifica
professionale) e può durare al massimo 6 anni.
Il contratto di apprendistato per l’alta formazione – il terzo dei
percorsi – consente di conseguire un titolo di studio (anche
universitario, compresi i dottorati di ricerca), nonché una
specializzazione tecnica superiore. E’ rivolto a giovani d’età compresa
tra i 18 e i 29 anni (anticipabile a 17 anni per i soggetti in possesso
di qualifica professionale).
Il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di
istruzione e formazione – il primo dei percorsi e ora attuato in
Lombardia – è finalizzato al conseguimento di qualifiche professionali.
Si rivolge a giovani ed adolescenti che abbiano compiuto 15 anni. Così
stabilisce la legge, tuttavia il Protocollo Welfare del passato governo
Prodi ha reso di fatto inapplicabile questo limite di età, portandolo a
16 anni, con l’innalzamento dell’obbligo scolastico. Ma, come si
diceva, nel Collegato lavoro (attualmente all’esame del Senato) è
prevista una disposizione che riporterà di nuovo a 15 anni il limite
minimo d’età per essere assunti con questo contratto di apprendistato.
La Lombardia, dunque, sarà la regione apripista al nuovo percorso di
formazione e lavoro. L’intesa sottoscritta spiega, nell’allegato
tecnico, che tra gli obiettivi c’è quello di «contrastare la
dispersione scolastica e forme di sfruttamento della manodopera
minorile con contratti irregolari o altre forme negoziali contra legem,
nell’ottica della centralità della persona anche attraverso….il
recupero del valore educativo e formativo del lavoro e del lavoro
manuale».
Elemento caratterizzante dell’apprendistato è la formazione. L’intesa
per la Lombardia stabilisce, di regola, un monte di 400 ore annuali di
formazione interna o esterna all’azienda, anche mediante ausilio degli
enti bilaterali. A tal fine, è prevista la redazione di un apposito
Piano Formativo Individuale (PFI) che accompagna, facendone parte
integrante, il contratto individuale di lavoro. Il PFI deve contenere
la specificazione degli obiettivi da raggiungere, con rispettive
modalità e tempi, mediante un coinvolgimento “in maniera protagonista”
del giovane e della sua famiglia. Il contratto prevede, infine,
l’affiancamento al giovane di un Tutor. Persona qualificata (deve
essere in possesso di prescritti requisiti di legge), ha il compito di
coordinare le diverse attività previste nel PFI.
(da http://www.loccidentale.it)
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