Omologazione ed egualitarismo nella didattica e nella valutazione
Data: Lunedì, 04 ottobre 2010 ore 11:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


Il diritto allo studio è stato indubbiamente una conquista importante verso quell’evoluzione sociale a cui tende, con tanta buona volotà ma anche molti impasse, la nostra epoca.
Purtroppo, il concetto di egualitarismo, dal punto di vista educativo, viene spesso frainteso se non addirittura alterato.
Se da una parte è necessario l’accesso alla conoscenza a tutti, dall’altra è necessario anche che tale conoscenza sia calibrata alla struttura dell’individuo.
Non conoscere l’individuo e parlare di egualitarismo è un’ingenuità che rischia di rendere tutti uguali rispetto ad un modello variabile nel tempo e nei luoghi.
Non c’è peggiore ingiustizia al mondo che rendere tutti uguali.
Quest’uniformità che alcuni presunti saccenti dell’educazione proclamano e che spesso indossano solidi paraocchi ideologici, si riduce, in buona sostanza, ad una omologazione di massa in cui chi è più capace deve abbassarsi ad un certo livello ma raramente al contrario.
Alcuni pessimi dirigenti scolastici ( per fortuna pochi) credeno di donare perle di saggezza quando cercano di persuadere i vari consigli di classe ad adottare “criteri uguali” di didattica. Dimenticano , infatti, che già gli stessi programmi scolastici sono realizzati prevedendo capacità medie degli alunni. Insomma i criteri omogenei sono già nella natura della didattica e dei contenuti ma forzare la mano significherebbe perdere quel bene fondamentale che è l’individuo e la sua specificità.
Ma si sa, chi non sa dirigere, presumibilmente , secondo un vecchio detto, non sa neppure insegnare.
Stesso discorso vale per la valutazione. Se si deve bacchettare il docente che osa parlare di bocciatura, se deve essere coperto di accuse chi metta un voto al di sotto della sufficienza, si abbia almeno il coraggio di andare sino in fondo a questo discorso. Togliamo, dunque, gli esami, i registri, gli scrutini, le prove invalsi…e si potrà dire con coerenza: non bocciate.
A che serve, infatti, perdere tempo a compilare registri, pomeriggi a fare gli scrutini e giornate intere a fare gli esami se tutto deve poi risolversi nel gioco del “libera tutti”?
Probabilmente i dirigenti fautori della promozione per tutti parlano per esperienza personale: evidentemente hanno ottenuto ciò che hanno con molta facilità e non esattamente con mezzi propri per esprimersi in questo modo.
Si comincia col promuovere tutti e si finisce col fare vincere i concorsi a gente che magari non ha nemmeno i requisiti per parteciparvi, trascinando tutti, anche chi non ha colpa, in un’angoscia senza fine di corsi e ricorsi, questo è il triste epilogo dell’egualitarismo ad oltranza, del dare tutto a tutti indistintamente.
Ed ecco dunque apparire i maghi della demagogia, questi illusionisti dell’egualitarismo, che si dichiarano appartenere ad una grande “confederazione generale del lavoro” e che poi non esitano a creare fratture nel fronte dei lavoratori quando si tratta di dare sfogo alla loro mania di grandezza, al loro esibizionismo.
La riforma Gentile, che certa becera sinistra non ha mai compreso, bollandola come elitaria e discriminatoria, è stata invece, a tutt’oggi, la migliore riforma scolastica che abbiamo avuto in Italia.
 In primo luogo aveva il grande merito di non creare illusioni nella gente; non si creava terreno di coltura di un precariato a vita, insanabile.La selezione avveniva a monte, non quando è troppo tardi, in virtù della coerenza con il tipo di studi scelto. Non creava un esercito di laureati a forza dove il mito della laurea e della professione viene scambiato per uguaglianza e democrazia. Una società , infatti, dove non si riconosce più la dignità di ogni tipo di lavoro, anche quello più umile, è una società malata; dove per dimostrare di esistere bisogna a tutti i costi inseguire il successo a prescindere dai propri limiti, una società che , appunto, ha perso di vista il senso dell’individuo.
La storia, sebbene ancora molti lo credano, non è mai stata fatta dalla massa, ma da  pochi individui d’eccezione a cui , semmai, la massa si è accodata. E quando essi mancano la società langue e decade.
In ultima analisi, continuare a balbettare che i criteri valutativi devono essere uguali e concessivi per tutti è sintomo inequivocabile di una arterosclerotica procedura mentale che penalizza sia l’alunno che l’insegnante scollegata con tutto un sistema che seppure blando, non può non prevedere un’attenzione verso il merito, la capacità, l’impegno personali.

Tecla Squillaci
Stairwayto_heaven@libero.it





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