L'ora di letteratura italiana nelle scuole? Rendiamola facoltativa
Data: Lunedì, 04 ottobre 2010 ore 08:06:23 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Scriveva Charles Péguy che “le crisi dell’insegnamento non sono crisi di insegnamento; sono crisi di civiltà”. Infatti non pochi sono gli intellettuali che si sono occupati del problema di come trasmettere le vette della cultura umana alle generazioni posteriori. Anche nel nostro paese non mancano le menti che si cimentarono con la questione; i più lucidi lo fecero nell’unico modo efficace, ovvero con il paradosso e la provocazione.
A partire da Giovanni Papini, che il maestro di scuola elementare lo aveva anche fatto per qualche mese. Nel 1914, a conclusione della sua esperienza futurista e prima della Grande Guerra che lo spinse ad abbandonare il nichilismo giovanile per tornare in seno alla Chiesa Cattolica, scrisse Chiudamo le scuole. Per il fondatore di “Lacerba” gli edifici scolastici somigliavano già in maniera preoccupante alle prigioni, il livellamento democratico del sapere uccideva il genio individuale, la cultura accademica ufficiale tendeva al controllo totalitario delle menti.
Pasolini, anche lui ex insegnante, dopo aver visto nel boom economico un vero e proprio genocidio culturale, dichiarava di amare solo gli esseri umani di bassa o nulla scolarizzazione. Ormai la cultura trasmessa a scuola aveva smarrito ogni legame con la coltura, con la saggezza ancestrale del mondo agricolo; ogni sapere era ridotto ad astratta ideologia borghese. Inquietato dalle rivolte del ’68, Giuseppe Berto (nel preziosissimo  Moderna proposta per prevenire) offrì una brillante soluzione: far del marxismo una materia di studio obbligatoria. Solo così sarebbe diventato assolutamente indigesto per le nuove generazioni (un 4 su vita ed opere di  Trotzsky, in effetti, avrebbe potuto spegnere ogni anelito alla “Rivoluzione permanente”).(da http://www.loccidentale.it/)

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