Cultura, riflessioni di Massimo Cacciari su “L’umanesimo italiano”
Data: Lunedì, 27 settembre 2010 ore 21:00:00 CEST
Argomento: Eventi


“Che cos’è l’uomo?” si interroga Massimo Cacciari, avviando la lectio magistralis sull’Umanesimo italiano, davanti ad un foltissimo pubblico convenuto sabato 25 settembre presso il Chiostro del Convitto Cutelli a Catania. La conferenza, introdotta dalla dott.ssa Domenica Pagliaro, dirigente del Dipartimento Socio-Economico-Culturale della Provincia Regionale di Catania, è stata moderata dal prof. Roberto Fai, presidente del Collegio siciliano di Filosofia. E non poteva essere scelto argomento migliore per inaugurare la manifestazione “Ottobre piovono libri”, promossa dal Ministero per i Beni e le attività culturali, dall’Unione Province d’Italia, dall’Associazione nazionale Comuni italiani e dalla Conferenza delle Regioni e quest’anno per la prima volta sostenuta dalla Provincia Regionale di Catania.
Una riflessione che parte dall’uomo, che si interroga sulle radici etimologiche delle singole parole, che rimanda continuamente non al “passato”, ma all’origine.
“Quid est homo?” provoca Cacciari. Un animale che corrisponde ad alcune caratteristiche, si può rispondere, caratteristiche che possono essere analizzate in termini biologici, medici e così via. E si può affermare che il linguaggio sia la peculiarità principale dell’uomo. Ma questo non è di certo l’unico approccio possibile, è necessario andare “al di là” dei confini, “trasgredire”: «Quando la scienza stabilisce il suo limite, la filosofia deve andare oltre – riflette lo studioso –.  Questo è il ruolo e lo sforzo della filosofia: dissodare, mostrare, indicare e tracciare i percorsi oltre il limite della scienza». Ed ecco che la domanda iniziale deve necessariamente modificarsi: non più “Che cos’è l’uomo?” ma “Chi sei tu, uomo?”.
L’uomo è tempo, è linguaggio che si fa tempo: «La natura non ha tempo, non parla il proprio tempo, l’uomo sì. Grazie al linguaggio l’uomo si fa tempo e le opere hanno valore perché si trasformano e mutano costantemente, proprio perché sono mortali».
Sono queste le premesse che consentono all’illustre filosofo veneziano di far luce sull’umanesimo italiano, troppo a lungo considerato pura erudizione o prologo al razionalismo e all’idealismo.
«Ritornare all’umanesimo significa comprenderne il valore e l’importanza, e quindi anche rivendicare la tradizione filosofica italiana». Significa riscoprire Petrarca, Valla, Alberti, ma anche Botticelli e Giorgione. Significa fare luce sul concetto di “virtus” che è tutt’uno con l’immagine «dell’uomo mai integro, che sempre trasgredisce e che nessuna forma può contenere».  Significa essere consapevoli del fatto che non al passato l’umanesimo si rivolgeva, ma all’origine: riandare alla classicità ha senso in quanto fonte perpetua della contemporaneità.
Una conferenza attenta, puntuale, dal linguaggio tecnico ma senza tecnicismi, che ha incantato ed emozionato l’uditorio. Del resto lo stesso Cacciari l’ha teorizzato: «se il linguaggio fosse solo denotativo non susciterebbe mai passione, non sarebbe mai poetico: la verità deve essere anche poetica».

(comunicato stampa provincia regionale di Catania)

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