Appello ai media del Responsabile nazionale di Professione Insegnante
Data: Lunedì, 27 settembre 2010 ore 08:17:07 CEST Argomento: Comunicati
Spett. Redazione,
l’urgenza dei problemi della scuola italiana, aggravati dalla
cosiddetta riforma Gelmini, richiede la massima attenzione da parte
dell’opinione pubblica, pena la totale dismissione della scuola di
Stato.
Una trasmissione importante e con alti
indici di gradimento non può non dare spazio al delicato problema.
Chiediamo, pertanto, che al più presto vogliate dedicare una serata
alle conseguenze degli sciagurati provvedimenti governativi,
conseguenze nefaste non solo per le migliaia di precari che affollano
le graduatorie provinciali, ma anche per il destino delle giovani
generazioni.
La “riforma” è dettata più che da
necessità di bilancio, da una visione della scuola lontana da quella
indicata dalla Carta Costituzionale.
Con i migliori saluti.
Appello ai media del Responsabile
nazionale di Professione Insegnante, prof Libero Tassella
“Le scuole sono la nostra scommessa”, ha affermato di recente Roberto
Natale della Federazione Nazionale della Stampa, denunciando la crisi
dell’informazione e una eccessiva “coincidenza della agenda politica
italiana con quella dei giornalisti”.
Anche a nostro avviso è necessario richiamare l’attenzione
dell’opinione pubblica democratica all’assunzione di responsabilità e a
un atteggiamento ineludibile e improcrastinabile verso il devastato
mondo della scuola.
Siamo governati da un inedito regime reazionario di massa per il quale
la democrazia e le sue forme sono ostacolo insormontabile.
Un regime che ha indebolito il Parlamento, la magistratura,
l’informazione e, soprattutto, la scuola.
Ad essa va restituito uno spazio di ampia discussione che televisione e
giornali non le concedono.
Perché raccontare la scuola significa anche sollevare un problema che
altrimenti rischia di rimanere sconosciuto, significa richiamare alle
proprie responsabilità nei confronti di un licenziamento di massa che
non ha precedenti nella storia della nostra Repubblica, significa
lanciare un grido d'allarme quando persino la nostra azione, l'azione
di chi fa la scuola e la vuole migliorare è resa difficile
dall’ostracismo e dall’insensibilità delle parti sociali e della
politica.
Per questo Professione Insegnante è impegnata in un'azione di stimolo
costante nei confronti dei mass media affinché non tralascino di
informare sulla condizione in cui versa la scuola statale. Condizione
che si riflette sulla qualità dell’istruzione, sulle aspettative della
Nazione e della sua futura classe dirigente, e, cosa più importante,
sulle attese di migliaia di lavoratori che non sanno più se riusciranno
a garantire i pasti principali alla propria prole.
La nostra speranza è che i media italiani accettino la sfida di
raccontare la scuola vera, non quella filtrata dai comunicati
edulcorati del ministro Gelmini attraverso le reti di regime.
Libero Tassella ( Responsabile Nazionale Associazione Professione
Insegnante)
Spunti di riflessione di Professione
Insegnante rivolta alla Stampa sulla situazione della scuola statale
italiana.
La grande ferita
Probabilmente, andandola a cercare, si potrebbe trovare la data di
nascita del recente interesse dei media per la scuola, trattata come
malato terminale di cui si attende l’inevitabile fine. I casi limite di
sovraffollamento di classi, lo sciopero della fame di alcuni colleghi,
le proteste collettive hanno finalmente fatto notizia.
La scuola però non è solo questo, è un sistema ampio e variegato, che è
cambiato lentamente ma inesorabilmente dalla riforma Gentile in poi
(qualcuno addirittura la fa risalire alla legge Casati) con qualche
legge e in parte anche senza le leggi, sulla base della nostra società,
la società dell’immagine (nel senso di oggetto per la vista e nel senso
di mera apparenza) e della complessità. Ha vissuto nel suo insieme di
una tensione continua verso la democrazia, l’integrazione, ma anche
verso l’appiattimento, a volte, quando gli obiettivi non erano
raggiunti. Fino a pochi anni fa, nonostante le risorse non fossero mai
tutte quelle richieste, alla scuola venivano forniti finanziamenti per
gestire la complessità di esigenze che grandi istituti e piccoli “fari
di sicurezza”, cioè i numerosi piccoli “punti di erogazione del
servizio” – amministrativamente parlando - sparsi sul territorio
presentavano.
In questo sistema, che aveva trovato un suo equilibrio, dal 2005 si
sono operati tagli di risorse che in nessun conto hanno tenuto la
sedimentazione di buone pratiche avvenuta; le scuole hanno fatto fronte
prima con le risorse accumulate, poi con i sacrifici di attività e
servizi (in pratica con una riduzione progressiva delle varie forme
educative), infine ora, nelle situazioni limite care alla cronaca, è
emersa questa procedura dei tagli: ferite varie che si accumulano sul
corpo del grande organismo.
In alcuni ambiti è evidente lo scollamento fra la legge riconosciuta
(scuola legale) e la realtà esistente (scuola reale), come nel caso del
limite di venti persone nelle classi con un disabile grave: limite
infinite volte trascurato e beffato dalla stessa amministrazione che
solo a parole riconosce la legge ma nella pratica la beffa impunemente.
E da qui si può partire con la descrizione di tanti ambiti del sistema
scuola in cui il detto e il fatto vanno in direzioni opposte, dalla
tutela della sicurezza, alla cura dell’insegnamento scientifico e
tecnologico, che nei fatti è stato il primo ad essere penalizzato nelle
superiori.
A questo impoverimento, già prefigurato nel famoso discorso di
Calamandrei in difesa della Scuola pubblica del 1950 ([il partito
dominante] Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad
impoverirle), si è voluto dare il nome di riforma Gelmini, ma non
meritava nemmeno quello di “mantenimento”, e cura dimagrante è termine
eufemistico.
Con tutto questo non vogliamo dire che la scuola sta morendo, è viva e
vivace, ci lavorano migliaia di persone, bene o male i nostri ragazzi
diventano donne e uomini, ma un sistema vivo necessariamente ha bisogno
di risorse.
Senza risorse, o con risorse sempre più carenti, il sistema langue, si
autolimita, emergono senza remissione gli aspetti più brutti, i tratti
impossibili, quello che quando non è dramma, e non lo è quasi mai
grazie alla sensibilità di chi ci lavora, sono beffa. Questo vorremmo
che si mostrasse nelle trasmissioni che con l’autunno ritornano nelle
programmazioni televisive: non il degrado come una esibizione di
spazzatura, ma il continuo e costante, pericoloso impoverimento delle
nostre scuole, sistema di istruzione vasto, complesso e ricco di
esperienza.
Associazione Professione Insegnante
Libero Tassella
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