Napoli, odissea scuola tra i pirati della privata con le cattedre a punti
Data: Domenica, 19 settembre 2010 ore 14:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Lavoro pagato a punti. Funziona così nelle
scuole private della Campania. Niente stipendio, qualche volta
neppure i contributi, per i docenti solo il punteggio utile a scalare
le graduatorie della scuola pubblica. Ma in tempo di tagli anche questa
sembra un’occasione da non perdere e in tanti, così, cedono al ricatto.
«I professori che accettano queste condizioni danneggiano chi come me
pretende dignità per la professione che fa», denuncia Valeria, una
delle insegnanti che da giorni partecipa al presidio dei precari
all’esterno della direzione scolastica regionale. «In questo modo mi
sono vista scavalcare da tanti colleghi. È un’ingiustizia, ma nessuno
interviene». Fingendoci docenti cominciamo da Napoli il nostro viaggio
nell’istruzione pirata campana, da un liceo che ha sede proprio a pochi
passi dagli uffici del Provveditorato e dall’Ispettorato del lavoro.
Dall’esterno non sembra neppure una scuola. Solo un tricolore alla
finestra distingue l’ingresso da quello dei negozi vicini. È
l’intervallo e i corridoi sono affollati di studenti chiassosi. «Siamo
in tutto e per tutto come una scuola pubblica», ci spiega sorridente la
segretaria, «C’è solo una differenza nel trattamento economico: qui
paghiamo quattro euro l’ora, però assicuriamo gli stessi punti di una
statale, 12 per un incarico annuale ». Infila in un cassetto i nostri
curriculum e ci accompagna alla porta. «Speriamo di potervi prendere a
lavorare qui con noi, ma non possiamo assicurarvi nulla, abbiamo già
moltissime richieste». La stessa risposta la riceviamo in tutte le
scuole che visitiamo, una decina tra città e provincia. Ce ne sono di
ogni ordine e grado, dagli asili alle superiori. Sono intitolate a
Nobel, Dante, Majorana e così via, i preferiti dai pirati
dell’istruzione. I guadagni sono assicurati, in media le rette si
aggirano sui tremila euro l’anno. In compenso per i docenti spesso non
è previsto neppure un rimborso spese. Come capita, ad esempio, in un
istituto paritario nel Vesuviano. Entrando colpisce il silenzio
irreale. A guardarsi intorno c’è tutto l’arredo di una scuola vera, ma
le aule sono vuote. Il perché ce lo spiega il direttore: «Gli studenti
non verranno quasi mai. Sono adulti che hanno bisogno del diploma solo
perché gli è richiesto al lavoro. Arrivano da tutta Italia, qualcuno
dalla Liguria, dal Lazio e dalla Valtellina». Gli allievi non hanno
obbligo di frequenza, l’importante è che si presentino una volta al
mese quando c’è da pagare le rette. Con la conseguenza che oltre a
lavorare gratis, i professori sono costretti ad assumersi il rischio di
falsificare i registri e le interrogazioni. E non è l’unico caso. «I
compiti in classe li dovevo fare io per tutti gli allievi», racconta
Lavinia, professoressa di lettere di un altro istituto tecnico. I
docenti che incontriamo in questo tour dei “puntifici” parlano,ma a
condizione di restare anonimi. Hanno paura di denunce, ritorsioni e
soprattutto di essere esclusi dal giro delle paritarie. A Salerno
l’anno scorso alcune scuole private sono state chiuse dopo l’intervento
dell’ispettorato del lavoro. Scegliamo un liceo privato tra i più noti
in città. «Siamo una scuola seria e pretendiamo l’impegno dei
professori, che saranno scelti dopo adeguata selezione: qui non
vogliamo lavativi», ci avverte il proprietario. Nonostante il richiamo
severo all’impegno professionale, quando si arriva alla domanda
fatidica sullo stipendio la musica non cambia: di soldi neanche a
parlarne. «Lavoriamo con contratti a progetto, firmiamo buste paga
fittizie e abbiamo l’obbligo di non assentarci mai. Se un giorno avrò
la fortuna di essere assunto in una scuola pubblica denuncerò, ma per
il momento non ho altra scelta », ci spiega Sergio, insegnante di
filosofia. È giovane, come quasi tutti i professori che lavorano nelle
paritarie. Storie simili: laurea con il massimo dei voti, due anni di
scuola universitaria di specializzazione e la passione per
l’insegnamento. Poi la sensazione di un traguardo che diventa ogni
giorno più lontano. Un pensiero comune riassunto nelle parole di Paola:
«Io mi sento vittima e complice di questo meccanismo. È paradossale, se
non lavorassi gratis dovrei rinunciare a fare questo mestiere: con i
tagli delle cattedre la caccia ai punti diventerà sempre più spietata.
Allora mi convinco che sia normale. Ogni mattina vado a scuola e faccio
come se avessi un lavoro vero».
(Mario Leombruno -
Luca Romano-da L’Unità)
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