Palermo. Scuola, è una catastrofe
Data: Sabato, 18 settembre 2010 ore 07:23:30 CEST Argomento: Rassegna stampa
L’anno
scolastico è iniziato. Inevitabilmente anche a Palermo. Come
inevitabile sembra, con il senno dell’oggi, il sudario di disservizi
snocciolato da chi ha preso parte alla conferenza cittadina dal titolo
“La scuola a pezzi” sulla situazione delle scuole palermitane, che si è
tenuta a Palazzo delle Aquile. Presidi, professori e genitori che con
la loro presenza o testimonianza hanno voluto manifestare il disagio di
chi deve lavorare e garantire un banco ai propri figli, muovendosi tra
la scarsezza del materiale didattico, l’inagibilità di una palestra, di
una o più classi, quando non addirittura l’impossibilità di aprire i
battenti dell’istituto in tempo per il primo squillo della campanella.
La scuola materna Collodi, ad esempio, doveva aprire martedì
scorso, ma siccome la realtà è più forte delle scadenze, quel plesso
non verrà aperto prima del 20, quando dovrebbero essere finiti i lavori
di manutenzione; in caso contrario le lezioni potrebbero essere
spostate in un altro istituto. “La classe di mia figlia non ha mai
avuto una porta – denuncia la madre di una bambina che frequenta
appunto la Collodi -, e i bagni si allagano sempre. Ma il pericolo più
grande veniva dai pannelli che fino a poco tempo fa hanno fatto da
controsoffitto. Erano un pericolo, li hanno tolti, ma è stata una
fortuna che non siano caduti sulla testa dei bambini”.
Mila Spicola, che insegna alla sede distaccata dell’Istituto Quasimodo,
ha iniziato l’anno scolastico in sede centrale: “Quest’estate sono
iniziati i lavori. Non è stato possibile monitorarli perchè la scuola è
in affitto ma non eravamo autorizzati a farlo. Tra un mese ci hanno
promesso che i lavori saranno completati ma nel frattempo la succursale
rimarrà chiusa”. Si ricorre allora ai doppi turni: “Prima mattinata una
classe, seconda mattinata e primo pomeriggio un’altra”, spiega
l’insegnante.
C’è poi chi deve fare fronte alla disabilità, come i settecento
genitori che animano l’associazione “L’autismo parla”, che si lamentano
di aule sovraffollate e tagli al sostegno. “Mio figlio non ha potuto
iniziare l’anno perché manca la supplente che si occupi di lui – dice
la mamma di bambino autistico – Quando non c’è l’insegnante di sostegno
sono i bidelli che devono occuparsi dei nostri figli, e anche portarli
in bagno”.
Dall’altra parte della barricata ci sono i presidi. Come Pia Blandano e
Domenico Di Fatta, rispettivamente della scuola media Antonio Ugo e
della scuola Falcone allo Zen. “Io ho chiesto all’ufficio scolastico i
fondi perché volevo ristrutturare la palestra del mio istituto –
esordisce la Blandano –, ma mi hanno risposto che i soldi che hanno
disposizione servono per le emergenze. E la mancanza di una palestra
non è un’emergenza?”. Dal canto suo Di Fatta deve fare periodicamente
fronte ai raid vandalici che rendono di mira la sua scuola (ne conta
diciotto). “Bisogna affrontare il problema della vigilanza – afferma a
ragion veduta Di Fatta – Un impianto di sorveglianza ce l’hanno sì
montato, ma la telecamera all’avanguardia che gira a 360 gradi è stata
messa su un muro in modo che non può fare il giro completo. Per non
dire che lo stesso impianto non ha il contratto di manutenzione”.
“Il Comune deve trovare i fondi perché le scuole palermitane non siano
più un campo di battaglia – consiglia il democratico Davide Faraone –
Nel prossimo assestamento di bilancio si potrebbero scovare tra i due e
i tre milioni di euro per le manutenzioni straordinarie E poi mettere
all’opera gli operai del Coime o della Gesip”. Mentre Antonella
Monastra, che siede a Sala delle Lapidi tra i banchi di Un’Altra
storia, punta il dito sul mancato reperimento di fondi da parte
dell’amministrazione: “Non ci sono soldi, ma il Comune di Palermo pare
essersi impegnato con due mutui accesi nel 2006 ‘opere accessorie
scuola’ ed ‘edifici scolastici vari’. L’importo dei mutui è di
4.040.889,05 di euro e 1.250.000,00 di euro, con relative rate annuali
di 300 mila euro e 90 mila euro puntualmente pagate. Come mai il Comune
non li ha mai utilizzati?”.
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