La scuola precaria
Data: Lunedì, 13 settembre 2010 ore 09:24:57 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Metto subito le mani avanti: non sarò obiettiva. Ci sono gli ultimi miei tre anni nella manifestazione di ieri. 12 settembre 2010, appuntamento alla stazione centrale di Palermo, alla volta di Messina, per “occupare lo Stretto” a difesa della scuola, a difesa della Sicilia, a difesa del lavoro. («Emma, ma come cavolo lo occupi lo Stretto? Che faremo? Ci buttiamo a mare?») A difesa di tutto quello di bello e giusto ci venga in testa quando intorno di bello e giusto ne vediamo sempre meno a Palermo, in Sicilia. In Italia. Un ponte, un simbolo: il ponte che non s’ha da fare, quello di cemento e quello che s’ha da ricostruire: la solidarietà. Ci ritroviamo lì alle 7.30 una domenica mattina, alla spicciolata, e la retorica sparisce all’istante.  Ecco Luigi Del Prete, laurea in filosofia, precario napoletano, “emigrato” per amore a Palermo, Dario Librizzi, calato giù dalle montagne madonite, storico dell’arte, precario anche lui, ecco Barbara Evola, la “donna megafono”, e poi a Messina ci aspettano “gli altri”, ci conosciamo quasi tutti: Emma Giannì, di Sciacca, una delle organizzatrici di questa giornata, Claudia Urzì, la pasionaria di Catania, Antonella Vaccaro, che è arrivata con gli altri da Napoli.. E poi..Sul pullman monta la solita discussione: «Voi del Pd» e «Voi del Cps» e «Voi altri di Sel»... per poi finire a litigare ferocemente di valutazione dei ragazzi, di meritocrazia, di formazione permanente dei docenti. La valutazione dei docenti: questo vuole l’opinione pubblica, no? Ma come valutare il merito di un ragazzo e di conseguenza del suo professore? Non sarebbe meglio un rigore estremo nella formazione degli insegnanti, un aggiornamento continuo ma adeguato? Mi replica Luigi. Non gli aggiornamenti astrusi e astratti, ma sulla gestione dei conflitti, sui nuovi linguaggi, sul mondo globale. Siamo gente di scuola noi, precari o non precari, noi sì che possiamo accapigliarci su queste cose, altri, no, vi prego no. Intorno la scuola si sfalda, mentre studiano il pelo della valutazione.

Gli ultimi due anni di proteste solitarie ci scorrono come un sottotesto: «Quanti saremo secondo te?». A differenza delle tante altre volte, ci confortano i pullman prenotati. Cinque da Palermo, tre da Trapani, ogni provincia è coperta. Mi piace l’idea di veder gente nuova, mi piace meno l’idea della “protesta dei precari”. È la scuola che è precaria, lo dico e lo ripeto, ce lo ripetiamo da mattina a sera. Dobbiamo convincere la casalinga di Mestre, mica noi stessi.

Antonella mi racconta che a Sciacca si è formata una classe di prima liceo scientifico di 38 ragazzi con disabile annesso. Ho gli occhiali da sole e non mi vergogno a dire che mi spuntano le lacrime. Anch’io nel 1980 iniziai il ginnasio in una classe di 33, ci siamo maturati in 16 dopo cinque anni. È questo quello che vogliamo? Una bidella, ops, “personale ata”, mi racconta di una scuola con le porte divelte. Nulla di nuovo sul fronte occidentale: ho trascorso un anno intero in una delle mie classi senza porta. Ma a chi frega? La colpa sarà comunque di un insegnante fannullone. Siamo a Messina. Sul molo, di fronte agli imbarcadero. Tanti, tantissimi. A grappoli come in un film di Gianni Amelio. La scuola s’è desta? Resta da svegliare gli italiani.
(da L'Unità-di Mila Spicola)

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