Vi porto a scuola
Data: Martedì, 07 settembre 2010 ore 16:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Prima ora: lezione di federalismo. A partire però dal mitico «caso concreto». Qualcuno potrebbe obiettarmi: in queste ore di urgenze ed emergenze, di protesta del mondo della scuola che monta e cresce, tu te ne vieni fuori con l’argomento più ammosciante, incomprensibile, da addetto ai lavori che esista in Italia?
Vi riporto dal cielo alle fogne. A chi tocca aggiustare la mia scuola? Come dire: è meglio approcciare il problema da un punto di vista sistemico o cartesiano oppure meglio ancora ripartire dai vissuti fenomenologici? Il fatto è che nel corridoio della succursale della scuola dove insegno, e io insegno esattamente nella succursale, ebbene, in quel corridoio esalano i tubi rotti che provengono dai bagni dei maschi. Tra la questione «federalismo» e «il tubo rotto» ci sta in mezzo tutta una galassia. Cominciamo dall’inizio e spero di farla breve: a Palermo su 280 scuole di pertinenza comunale (ormai sono ferratissima in materia: pertinenze, competenze , fondi, finanziamenti, rimbalzi), e cioè elementari e medie, 81 sono in locali in affitto. Quando va bene si va avanti, quando va male va malissimo. Il problema è che va quasi sempre malissimo. La mia succursale è proprio in un locale in affitto. Momentaneamente da quarant’anni: un ex magazzino trasformato in scuola: un ingresso, due corridoi lunghi, ai due lati le aule, in fondo i bagni. Potrebbe essere una camerata di un esercito, un ospedale, un manicomio, un campo di concentramento. Con nera ironia potrei dire che a volte è un po’ di tutto ciò.

Da quarant’anni nessuno si è preso la briga di effettuare manutenzione ordinaria. Apri oggi, apri domani, anche l’infisso più bello si rompe, l’intonaco si scrosta, i bagni diventano latrine. Lo scorso anno abbiamo avuto la visita di diversi personaggi: scarafaggetti, un topino morto, muffe, e poi riscaldamenti a singhiozzo, e vabbè. Vetri rotti, e vabbè. Acqua dal cielo: sia ringraziato il cielo che ce la manda. Ed è iniziato il minuetto delle responsabilità. Sotto a chi tocca aggiustare tutto ciò: al proprietario? No. Al Comune. No. Alla Regione? No. Allo Stato? No. Ricominciamo dall’ultimo banco. A chi tocca? Al proprietario? «guardi che non vi paghiamo l’affitto», intima il Comune. Ecco. Forse tocca al proprietario. Intanto siamo a febbraio. Piove, fischia il vento, urla la bufera e noi stiamo lì.

Intanto il ministro ci manda due bellissime lavagne multimediali. Fatto sta che non abbiamo in questo istante l’aula dove metterla, in succursale almeno. La piazziamo nella sala professori? Ma sì, dietro la fotocopiatrice guasta, accanto al tavolone, con intorno sedie tutte diverse. No, non è design scandinavo: mancano proprio le sedie e a volte mi capita di trascinarmela dietro, la mia sedia. A me come ai ragazzi. E pure il banco. Manco fosse quello di Marx alla British Library, ancora lì col suo nome e cognome. La preside inizia a far il suo tipo di rumore: un fax dai toni allarmanti indirizzato al prefetto, al sindaco, all’edilizia scolastica, al patrimonio, al consiglio comunale, al presidente della regione Sicilia, eccetera, eccetera, eccetera.

E poi viene maggio e giugno e la scuola è finita. Durante l’estate li fanno questi lavori è vero, ma solo ieri abbiamo visto cosa, delle cose che ci servivano è stato fatto... Si prospettano guai, doppi turni, riunioni sindacali, genitori allarmati e fax. Fiumi di fax. Si prospettano ragazzini dimenticati in modo ignobile. Qualcuno mi spieghi meglio e bene: il federalismo, il titolo V della Costituzione Italiana (quello della delega amministrativa delle competenze alle regioni anche in materia scolastica), la questione meridionale (saremmo a statuto speciale qua in Sicilia, speciale non si capisce bene in cosa... è una battuta), l’antimafia, la furbizia, il senso del dovere, la saggezza e l’umile buon senso. Entro cinque minuti però, sennò ve lo spiego io. E altro che cinque in condotta. Sarebbero da espulsione da tutte le scuole del regno, come si diceva una volta. Io invece in quella scuola ci devo entrare e ci devo stare. Con 300 ragazzi dal 15 settembre.
 (da l'Unità.it  di Mila Spicola)

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