Sakineh, Frattini: a Teheran ancora nulla di deciso
Data: Martedì, 07 settembre 2010 ore 03:00:00 CEST Argomento: Eventi
style="font-weight: bold; color: rgb(102, 102, 204); font-style: italic; text-decoration: underline;">Il ministro degli
Esteri ha così commentato la notizia su una possibile lapidazione già
venerdì prossimo
Non ci sarà, almeno per il momento, la temuta lapidazione di Sakineh
Mohammadi Ashtiani, la donna condannata in Iran per adulterio e
concorso in omicidio del marito. E' stato il ministro degli Esteri Franco Frattini a frenare
sull'ipotesi di una pericolosissima accelerazione sulla sorte di
Sakineh, circolata dopo l'allarme lanciato oggi a Parigi dal filosofo
Bernard-Henri Levy in vista, venerdì prossimo, della fine del Ramadan.
"Il nostro ambasciatore ha incontrato l'altro ieri le autorità
iraniane, che ci hanno riferito che nessuna decisione é stata ancora
presa", ha assicurato il titolare della Farnesina. A Teheran c'é
"una riflessione in corso", e "noi continueremo a tenere duro con
forza", ha spiegato Frattini, ribadendo la disponibilità ad incontrare
il collega iraniano Mottaki, magari anche a Roma. Supportati
dall'imponente mobilitazione internazionale, i fili sottili della
diplomazia sembrano quindi ottenere i primi risultati. Ma la
'schiarita' serale è arrivata dopo una giornata vissuta nel segno della
paura, con le parole di Levy che denunciavano un macabro conto alla
rovescia per Sakineh. Durante la lunga conferenza stampa che si è
tenuta oggi nella sede della stampa estera, a Parigi, è intervenuto al
telefono anche il figlio di Sakineh, Sajjad, che ha ringraziato "il
mondo per il suo sostegno. Se non ci fosse questa pressione mediatica
internazionale - ha detto - mia madre potrebbe essere già morta". In
precedenza, Sajjad - in un'intervista all'ANSA - aveva ringraziato in
particolare l'Italia e il ministro Franco Frattini per le pressioni,
chiedendo al tempo stesso a Roma e ai governi occidentali in genere di
"fare di più". A suscitare i timori intorno alla data del 10 settembre
è la legge islamica, che vieta di eseguire le sentenze durante il
digiuno. Le prossime ore, i prossimi giorni sarebbero stati dunque a
rischio per la donna di 43 anni, che da tre settimane circa, da quando
cioé le è stata estorta una confessione alla televisione iraniana, non
ha più diritto ad alcun contatto con la sua famiglia e con il suo
avvocato. Sakineh si trova attualmente in un "braccio speciale" della
prigione di Tabriz. Dove, secondo quanto raccontato dalla giornalista
Shahnaz Gholami, che ha condiviso la stessa cella con Sakineh ed altre
35 donne, "la tortura e gli stupri sono all'ordine del giorno" e dove
"non esistono condizioni igieniche e sanitarie". "Sakineh non ha
commesso alcun crimine - ha continuato la Gholami - ha firmato la
sentenza senza capire che si trattasse di lapidazione". Sakineh
appartiene infatti alla minoranza azera e non capisce il farsi, la
lingua ufficiale dell'Iran. "Agli occhi del mondo intero, Sakineh è un
simbolo femminile delle ingiustizie subite dagli innocenti", ha detto
di lei l'ex avvocato Mohammad Mostafaei, che è dovuto fuggire dal suo
paese perché si è fatto portavoce della difesa dei diritti dell'uomo in
Iran e che oggi ha accusato il governo di Ahmadinejad "di aver creato
un tale clima di pressioni da costringere me e molti altri attivisti a
fuggire".
Per una donna in Iran "é sufficiente avere del carattere per ritrovarsi
nella situazione di Carla Bruni", ha detto a sua volta Mina Ahadi,
presidente dell'Associazione internazionale contro la lapidazione,
dando il suo sostegno alla premiere dame di Francia, che nei giorni
scorsi era stata trattata da "prostituta italiana" da un giornale
ultraconservatore iraniano per aver preso le difese di Sakineh. Allo
stesso genere di attacchi avanzati dalla stampa di regime contro il
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Levy ha replicato: "I media
iraniani non hanno lezioni di morale da dare a nessuno".
(ANSA)
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