Politicizzati noi? Il ministro non sa com’è la nostra vita
Data: Domenica, 05 settembre 2010 ore 17:44:22 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Barbara EvolaBarbara Evola, insegnante precaria da undici anni: «È il lavoro che volevo, ma ogni volta riparto da zero.
Gelmini sa che in Sicilia 13mila persone resteranno fuori?»

Ci mancava solo il sospetto che in fondo si tratti di una protesta montata ad arte da «falsi precari». «Politicizzati», magari.
Da precaria vera, Barbara Evola, 36 anni, palermitana, due figli di 4 e 6 anni («se avessi dovuto aspettare la stabilità non li avrei fatti mai»), si indigna: «Ma lo sa il ministro cosa vuol dire ogni anno ricominciare da capo, sentirsi come uno che non ha terra e non sapere se quest’anno sarai chiamata o no? Lo sa che solo in Sicilia verranno tagliate fuori dalla scuola 13mila persone?».
Altro che confronto. «Adesso ci vuole la piazza». Allora un po’ «politicizzata», come dice il ministro, è anche lei? «È la cosa che mi dà più fastidio. Ma come? Le persone sono preoccupate perché perdono il posto di lavoro e tu dici che si fanno strumentalizzare dalla politica?
Io in tasca non ho nessuna tessera. Due anni fa con gli altri del Movimento precari palermitani siamo scesi in piazza per protestare contro il decreto 133 e due anni dopo siamo ancora qui a fronteggiare altri tagli, a difendere non solo il posto di lavoroma la scuola pubblica. Se ci fossero accanto come vorremmo noi avremmo già mandato a casa il ministro.
Altro che strumentalizzazioni.
Lo sa da quanti anni sono precaria?».
No, da quanti anni?
«Mi sono laureata subito dopo l’ultimo concorso, sono entrata nella scuola pensando di poterla cambiare da dentro, insegnoda undici anni, italiano e latino. È il lavoro che volevo.
Solo che ogni anno devo ripartire da zero, con gli studenti, con i colleghi. E ogni anno è più difficile e più frustrante questo seminare senza mai raccogliere.
Non è una sensazione piacevole, sei come uno senza terra. Quando Fioroni ha annunciato l’assunzione dei centocinquantamila, mi sono detta: “ci rientro anche io”.
Allora ero diciottesima in graduatoria. Oggi sono ventottesima. Lo scorso anno ho sostituito una collega in maternità.
Quest’anno non so nemmeno se avrò una supplenza. Con le loro riforma ci hanno tagliato fuori.
Restano senza cattedra persino quelli che sono già assunti a tempo indeterminato. Figuriamoci i precari».
Alcuni suoi colleghi hanno deciso di digiunare. «Con Giacomo e Caterina siamo amici e li ringrazio perché hanno dato visibilità al problema.
Noi però cerchiamo un modo per mobilitare tutti. La parola ora deve passare alla piazza.
Non è solo questione del posto di lavoro.
Vorrei che la gente lo capisse e si mobilitasse con noi. Il 12 settembre a Messina proveremo a fermare i traghetti.
Questo governo vuole ripotarci indietro. È chiaro che la scuola smette di essere uno strumento di riscatto quando nei quartieri più disagiati gli insegnanti si ritrovano con 40 ragazzi in classe. Altro che tempo pieno.
Vorrei che il ministro vedesse le scuole siciliane. Non abbiamo nemmeno le strutture.
Non è un caso che la scuola più massacrata è quella professionale. Dicono che dovranno essere i privati, le aziende a investire.
In Sicilia l’unica grande azienda è la Mafia e non ha interesse a investire nella scuola a giudicare dagli attacchi che ogni anno si ripetono alla scuola Falcone nel quartiere Zen».

mgerina@unita.it





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