Le orme dei giovani sulla strada della scuola
Data: Venerdì, 03 settembre 2010 ore 18:16:07 CEST Argomento: Rassegna stampa
I bambini, i ragazzi.
Bisogna guardare loro. Innanzitutto guardare loro. Quel che ferve nel
loro sguardo, e si movimenta nei loro cuori e nelle menti, atletiche e
svelte come lepri o cerbiatti. Sì, occorre guardare questi nostri
cerbiatti. Per valutare l’inizio della scuola, per vedere cosa fare,
per capire cosa c’è di buono e cosa da correggere. Occorre guardare
loro, l’essenziale.
Lo scopo della scuola. Che è venire incontro, accogliere, sostenere,
far crescere e nutrire quella innata curiosità che anima i nostri
cerbiatti, i nostri figli, con i loro capelli di luce, gli occhi
vivaci.
Ci sono, come ogni anno, annunci e problemi.
La signora Ministro ha affrontato con gagliarda e dunque controversa
volontà riformatrice sia l’Università che la Scuola.
Una partita personale e politica su cui sta scommettendo molto. E
mentre in Università le riforme si sono accavallate e ora se ne aspetta
una un po’ ordinata e di prospettiva, d’altra parte nella Scuola molti
interessi corporativi, molti problemi lasciati per strada, molte
iniziative frammentate rendono difficile da sempre un vero disegno
riformatore.
La situazione dei precari, l’apertura di nuovi posti e altri irrisolti
nodi (come quello del trattamento riservato alle scuole pubbliche non
statali) rende anche quest’anno il panorama dell’avvio confuso e non
privo di ombre.
Speriamo che prevalga in tutte le parti la buona volontà di
salvaguardare l’essenziale. Cioè il servizio da rendere a loro, i
nostri cerbiatti, o come dice un’antica storia delle foreste, i nostri
"bambini giaguaro", figure che intervengono a rinnovare il mondo.
Sono loro che dobbiamo tutti servire, senza cedere alla faziosa difesa
di interessi particolari, senza vedere nella scuola il luogo del
confronto politico partitico, o della difesa di corporativismi che
spesso han bloccato e bloccano l’Italia.
In questo inizio, chi userà della scuola per terreno di scontri, di
difese di rendite di posizione, di consenso politico e altre
piccinerie, vorrei che fosse condannato ad andare davanti al plotone di
esecuzione.
Un plotone immenso, composto dai nostri bambini e ragazzi, che lo
fissassero al muro (ministro o sindacalista, docente o amministrativo
che sia). E con le armi della loro infanzia e giovinezza eseguissero la
condanna: pistole ad acqua, elastici, schioppi di legno o mitragliette
con i suoni elettronici d’ultima generazione, qualche pernacchietta e
altri lazzi e battute.
Sono sicuro che a far le cose come si deve, il plotone coi cappellini
colorati, gli zaini (sempre troppo pesanti), le chewin-gum e tutto il
resto starebbe schierato dalla mattina alla sera.
Perché ci sono un sacco di furbastri che campano sulla e nella scuola e
però dei ragazzi gliene interessa assai meno del giusto.
Ma non c’è reato più grave oggi in Italia che trattare male la scuola.
Che usarla per altro motivo che non sia servire i nostri cerbiatti.
Lo chiamo reato, perché fa quasi più effetto, in quest’era giudiziaria.
Ma si dovrebbe chiamare offesa, ingiustizia, peccato, ignominia tanta è
la gravità. Guai a chi per vanagloria o per protesta o per acquiescenza
usasse e trattasse senza il dovuto onore questi piccoli nostri figli.
Anche là dove le condizioni non sono buone, non si esacerbi il tutto,
ma si faccia in modo che i bambini e i ragazzi non patiscano maggiore
disagio.
Non si guardi ad altri interessi. Non si sfrutti il loro nome per
richieste e pretese, per quanto comprensibili. Non si faccia carriera
sulla loro pelle. L’inizio della scuola è un’occasione per guardarci
allo specchio e dirci: stiamo servendo al meglio i nostri cerbiatti, i
nostri figli?
O meritiamo lo strambo, allegro e però terribile plotone d’esecuzione
dei loro sguardi che ci mettono al muro della nostra responsabilità?
Vale per il Ministro, e per ogni adulto che ha una funzione nella
scuola.
Davide Rondoni (www.avvenire.it
)
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