Berlinguer: il docente unico è il vero ''nemico'' dei precari
Data: Venerdì, 03 settembre 2010 ore 08:32:12 CEST Argomento: Opinioni
Intervista a
Luigi Berlinguer (da Il
Sussidiario.it)
Per risolvere il problema dei precari
bisogna rimettere al centro la questione dell’offerta formativa nella
scuola. E’ la proposta dell’ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, di fronte allo
sciopero della fame degli insegnanti senza un’occupazione sicura. Ma nella ricetta di Berlinguer c’è anche
l’idea che le graduatorie vadano sostituite con nuove forme di
reclutamento, trasferendo inoltre alle Regioni le risorse per
contribuire a migliorare la formazione e sottraendo il problema
educativo al dominio incontrastato del ministero dell’Economia.
Quanto è effettivamente grave la situazione dei precari della scuola e
dove inizia invece la «strumentalizzazione» denunciata dal ministro
Gelmini?
Innanzitutto, bisogna avere rispetto per tutte le persone che soffrono
per problemi legati al loro lavoro: di sicuro lo sciopero della fame
non è una scelta che si fa per ragioni strumentali. Il dato di fatto è
che la piaga del precariato nel mondo della scuola esiste da noi, ma
non in altri Paesi europei. E quindi il problema va affrontato in modo
deciso per trovare una soluzione.
E in che modo è possibile farlo?
Detto in modo rozzo una soluzione sarebbe quella di abolire le
graduatorie, bandire di volta in volta tutti i posti vacanti in modo da
coprirli tutti, e riaprire i bandi una volta che si sono liberati nuovi
posti di lavoro. Occorre puntare su nuove forme di reclutamento,
diverse da quelle dettate in passato dal ministero dell’Economia per
risparmiare: oggi non avrebbe più senso. Se si fa capire al mondo dei
precari che si vuole lavorare per risolvere insieme i loro problemi,
questo faciliterebbe moltissimo i rapporti con gli insegnanti che oggi
stanno protestando. Uno dei primi problemi che l’ex ministro
all’Istruzione, Beppe Fioroni, ha avuto l’intelligenza di affrontare è
la piaga del precariato, che ha avviato a soluzione, anche se non ha
avuto il tempo di completare l’opera iniziata.
Ritiene che se avesse avuto più tempo a disposizione, ci sarebbe
riuscito?
Sì, e questo avrebbe portato grandi benefici per tutti. Il problema dei
precari non riguarda infatti solo gli insegnanti, ma l’intera vita
della scuola. I continui trasferimenti e movimenti creano incertezza
per gli stessi studenti e genitori e sono una situazione da superare.
Anche se la soluzione andrebbe fatto nel contesto di una trasformazione
radicale dell’offerta formativa, che parta dal chiudere le aule
scolastiche.
In che senso?
L’aula tradizionale va sostituita da laboratori, dipartimenti, lavoro
di équipe e forme di tutoraggio. Un’articolazione dell’offerta
formativa di questo tipo elasticizza la vita scolastica e rende
necessario reclutare un numero maggiore di insegnanti. Senza investire
il cuore dell’offerta formativa della scuola, non si risolverà mai il
problema dei precari. La cui legittima protesta si concentra solo su un
segmento del problema. L’offerta formativa non può essere basata solo
su un insegnante, ma su più soggetti che concorrono all’educazione
dello studente.
Noi pensiamo ancora alla scuola come a un sinonimo di banco, cattedra,
libro di testo e quaderno, quando l’Oxford english dictionary ha deciso
che non ci sarà più un dizionario cartaceo ma solo in formato digitale.
Il numero dei testi presenti on-line ha superato abbondantemente quelli
cartacei, il pomeriggio gli insegnanti utilizzano le nuove forme di
comunicazione elettronica. Anche la condizione del docente è qualcosa
che cambia di continuo. La sua funzione non deve essere più quella
ottocentesca legata alla trasmissione del sapere, ma quella di sostegno
all’apprendimento dello studente.
Che cosa possono ancora fare le regioni alla luce del titolo V della
Costituzione e della legge cosiddetta «salva precari» dello scorso
anno?
Se hanno dei finanziamenti, possono offrire occasioni di lavoro agli
insegnanti attraverso un arricchimento dell’offerta formativa. Ma il
federalismo fiscale ha un senso se i titolari del potere decentrato
hanno i soldi per realizzare le cose. Purtroppo invece non c’è mai
stato un momento come oggi in cui Regioni, Province e Comuni sono stati
privi delle risorse necessarie.
(Pietro Vernizzi)
Redazione Aetnanet
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