Quante le domande inevase nella conferenza stampa della ministra Gelmini?
Data: Venerdì, 03 settembre 2010 ore 01:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Quando non si hanno argomenti robusti da contrapporre all’interlocutore è meglio offendere o tergiversare, come ha fatto la ministra dell’istruzione Gelmini durante la conferenza stampa di Palazzo Chigi del 2 settembre scorso a proposito dei precari della scuola, alcuni dei quali stanno facendo lo sciopero della fame in quasi tutte le regioni d’Italia, e che non ha voluto incontrare perché: “Sono politicizzati e appartengono all’Idv. Non voglio essere strumentalizzata”. Però ai giornalisti ha dato la sua versione dei fatti: “229mila precari: un numero spaventoso, frutto di politiche disinvolte” che nel passato “hanno distribuito posti di lavoro nel mondo della scuola di cui non aveva bisogno e, soprattutto, che non era in grado di sostenere finanziariamente”.
Se fosse così avrebbe ragione, ma non ne ha, perché chi rimarrà senza lavoro quest’anno saranno circa 20mila docenti per effetto della  diminuzione di quasi 20 mila unità dell’organico di diritto, della presenza di 12 mila docenti in sovrannumero e la riduzione di circa 30 mila  posti da riservare ai precari per il sostegno. Ma se pure fosse come la ministra sostiene avrebbe dovuto spiegare il motivo per il quale da decenni questi docenti vengono chiamati per le sostituzioni o per supplenze o per incarichi su posti vuoti e ora lasciati a se stessi, senza assumerli in modo definitivo, e come carta straccia buttati nel cestino. Avrebbe dovuto dire perché non vengono rimpiazzati i posti lasciati liberi dai pensionamenti e avrebbe dovuto dare conto di tutti i patti che questo governo ha disatteso, e non solo coi docenti ma anche con l’utenza. Ma avrebbe dovuto motivare la scelta dell’implementazione delle varie graduatorie di prima, seconda e terza fascia e delle Gae (graduatoria a esaurimento) e il senso che si è voluto dare ad asse quando la sua riforma di tagli epocali non era contemplata nemmeno dalla sua collega di partito, Letizia Moratti. Avrebbe dovuto spiegare ai neo laureati che vogliono insegnare che speranze hanno e che prospettive si profilano e come si intenderebbe assumerli e se devono accettare supplenze temporanee e come saranno conteggiate e se è il caso, a questo punto, di accettare lavoro precario.
Sul fronte dell’utenza ci si aspettava che chiarisse la posizione del Miur rispetto alla sentenze contrarie venute dai Tar e pure dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione che ha bocciato sonoramente la riduzione delle ore nelle classi intermedie dei tecnici e dei professionali. E che significa: migliorare la qualità della istruzione quando nei tecnici a indirizzo linguistico nella sua riforma epocale non si prevedono, come prima accadeva, gli insegnanti di madrelingua. E invece di indugiare sulle assenze di 50 giorni, che non consentono la promozione, perché non ha parlato degli istituti all’amianto o delle classi sovraffollate i cui spazi di vivibilità per alunno sono ridicole rispetto alla legge?Oppure del reale taglio di materie tecniche e informatiche in opposizione antitetica con le famose tre I del presidente del consiglio. E’ facile dire: i miei predecessori hanno sbagliato (anche durante i 5 anni della Moratti) e che il 97% delle risorse del Miur servono per pagare i docenti. Troppo facile di fronte a un budget limitato che se fosse più sostanzioso farebbe, lapalissianamente,  crescere la media.
Una conferenza stampa alla buona, casalinga, e conclusasi in meno di un’ora forse perché la figlia della ministra aspettava la poppata.


 Pasquale Almirante
 p.almirante@aetnanet.org






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