Nuovo anno scolastico con turbolenze in attesa di un rinnovato arco della alleanza
Data: Giovedì, 02 settembre 2010 ore 09:48:47 CEST
Argomento: Opinioni


Si è ufficialmente aperto il primo settembre il nuovo anno scolastico 2010/11 e si è aperto sui turbamenti di una tempesta mai registrata negli anni precedenti, ma della quale tuttavia già si era avvertita la nuvolaglia fin da luglio, se non addirittura prima, quando si intrufolarono sui quadranti della finanziaria 2008 i venti freddi della stretta economica e il nevischio della  cosiddetta riforma epocale della secondaria superiore firmata dalla ministra Gelmini che da troppe parti tuttavia fu salutata con applausi. Come fu salutato, come l’aquilone nel nuovo cielo, il ritorno dell’ottocentesco maestro unico a cui si aggiunse lo specioso dibattito se fosse unico o prevalente, mentre il modulo di tre docenti soffocava sul patibolo della indifferenza e delle demagogia. E di fronte alla pesanti  grandinate degli scioperi della fame, in corso un po’ in tutta Italia da parte dei precari da qualche giorno, qualcuno ancora ha il coraggio di dire che si tratta  dei soliti pochissimi facinorosi comunisti o che un incaricato a tempo determinato, a scuola o alla Fiat, sa che non può pretendere nulla  se non il suo rapporto a scadenza o che  il numero dei docenti italiani è sproporzionato rispetto alla media europea o che il 97% dei fondi Miur vengono spesi per pagare stipendi o che occorre pensare ai bisogni dell’utenza e non già a foraggiare personale, che è pure spesso poco qualificato, o altre amenità del genere come l’idea che la scuola è stata sempre considerata, fin  dal famigerato “68, un ammortizzatore sociale.
Su questi temi i pretoriani, ma forse è meglio dire i maghi della pioggia di Gelmini e Tremonti conducono la battaglia, aprendo ombrellacci o facendo danze propiziatrici per allontanare le tempeste originate dai precari a cui si sta aggiungendo pure qualche manipolo spaventato di professori perdenti posto e col rischio di essere sballottato fuori dai sicuri confini della propria scuola.
Ma questo che si apre è anche un anno scolastico contrassegnato dalle incertezze dovute non solo alle poche nomine ma anche imbrigliato e condizionato dagli esiti dei vari ricorsi alla giustizia amministrativa e impostati sia dai sindacati e sia da gruppi di docenti. Un anno ancora più tempestoso, con ogni probabilità, se anche i professori di ruolo ingrosseranno i cumolo nembi della protesta dei colleghi precari facendo mente locale sul mancato rinnovo del contratto di lavoro, e quindi dei dovuti aumenti salariali del biennio e del quadriennio, sul congelamento degli scatti di anzianità, sull’accrescimento degli alunni per classe, sulle scuole cosparse ancora di amianto o inadeguati o fuori norma. O se rifletteranno sui concetti di merito e di premialità di cui si sibila al Miur ma attorno a cui c’è tanta di quella confusione, mista a minaccia e blandizia, che dovrebbe mettere sul chi va là un po’ tutti. 
Ma sarà pure l’anno della implementazione dei test Invalsi in ingresso e in uscita  che procurano molto più lavoro, stress e meccanismi di protezione che poi fanno gridare agli imbrogli e alle manipolazioni, tant’è che già si è detto che i professori meridionali non sarebbero affidabili, ma come non lo sarebbe la loro preparazione e la loro dedizione alla scuola. Un anno con nuovi rigori nei confronti degli alunni , i cui esiti andranno dalla pretesa media utile (tra il 9 e il 10) per ottenere la lode agli esami di stato, al numero delle assenze massime per non superare l’anno scolastico (non oltre i tre quarti dell’orario annuale, pari a 50 giorni complessivi). Un rigore che inorgoglisce la ministra e che si appaga se i bocciati aumentano con similare soddisfazione di una divinità pagana, scordando non solo i suoi personali trascorsi ma anche che ogni insuccesso scolastico è un fallimento della scuola e quindi dello Stato.
Un nuovo anno dunque cosparso da nerissime nuvole all’orizzonte della istruzione, mentre nessun arco di una rinnovata alleanza fra le istituzioni politiche e la scuola si intravvede, proprio perché manca quel sole dell’avvenire su cui i docenti cercano di formare i giovani come, sia don Bosco  e sia don Milano hanno a lungo predicato.

PASQUALE ALMIRANTE
p.almirante@aetnanet.org






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