I professori più bravi? Chi sono costoro? Manovra di aggiramento per aggredire gli scatti di anziani
Data: Domenica, 15 agosto 2010 ore 01:00:00 CEST Argomento: Redazione
La
ministra Gelmini ha promesso una carriera basata solo sul merito che in
altre parole significa togliere gli scatti di anzianità settennali
uguali per tutti, che da sempre hanno contraddistinto il pubblico
impiego, e dare degli incentivi pecuniari ai professori più bravi. Una
manovra ad usum delphini, cosicché, invece di dire apertamente che
soldi per pagare gli insegnanti non se ne vogliono più uscire, adotta
la strategia dello scavalcamento delle linee con la cavalleria leggera
e annuncia lo stop agli aumenti generalizzati per premiare i più bravi
non equiparandoli più agli asini o ai presunti tali. Chi siano costoro
però non è dato sapere, sta di fatto che Domenico Pantaleo, il
segretario nazionale della Flc-Cgil, non ci sta e sbotta dicendo
...che non si può penalizzare la gran parte dei professori con questa
uscita, visto pure che gli scatti di stipendio settennali sono
l’unico strumento per fare fronte alla inflazione, considerato inoltre
che gli aumenti contrattuali sono stati bloccati. E poi che significa
una carriera basata sul merito? Non vuol dire forse che saranno pochi
coloro che meriteranno gli incentivi, mentre per la gran parte si
sibila l’ozio e il trastullo? E a quanti verrebbe riconosciuto questo
valore su circa 800mila insegnanti? E chi stabilirebbe chi sono gli
ottimi? Una contraddizione sul metodo e sul merito che non fa bene alla
scuola, anche perché, se venisse attuata, scatenerebbe tutte le lotte
possibili e tutti gli sgambetti immaginabili tra colleghi che hanno
invece bisogno di collaborare, di scambiarsi esperienze, di
cooperare. Ma potrebbe pure significare per la gran parte stare sempre
al palo e sempre con gli stessi emolumenti, mentre per i soliti, magari
quelli più vicini alle presidenze o a chi stabilisce i meriti, aumenti
generalizzati.
Da un ministro della istruzione invece ci saremmo aspettai altre
dichiarazioni, più sagge, più ponderate e che avessero
soprattutto di mira studi e osservazioni fatte da studiosi della scuola
che si pongono il problema di come uscire da questo impasse che ci
relega sempre più in basso nella graduatorie nazionale degli
apprendimenti e delle conoscenze dei nostri alunni. Uno studio di
questi, interessantissimo, è stato pubblicato sul sito della Banca
d’Italia che, oltre a stampare soldi, stampa pure analisi di tutto
rispetto. Il punto centrale è questo: la scuola italiana non
assicura una istruzione uguale per tutti a causa del livellamento
stipendiale e dell’essenza di incentivi per i professori. Infatti
dalle analisi dei dati ripresi dalle rilevazioni si evince che ci sono
profonde differenze di apprendimento non solo fra nord e sud ma anche
fra are delle stesse regioni, delle singole città e delle stesse
province. Da qui appunto il titolo della pubblicazione: La scuola non è
uguale per tutti, come dire che le eguali opportunità sono una chimera
o solamente delle parole vane. A soffrire di più sono le scuole
cosiddette a rischio e poi quelle delle periferie cittadine e delle
zone decentrate perché sono le istituzioni dove nessuno vuole andare e
i professori che vi insegnano appena raggiungono l’anzianità
sufficiente le lasciano per raggiungere quelle più sicure, più rinomate
e soprattutto vicino casa. Succede così che in quelle classi dove c’è
più bisogno di personale stabile, motivato e con esperienza, vanno
invece i supplenti e i neo nominati che a loro volta, alla prima
occasione possibile, lasciano in tutta fretta, con una spirale senza
via di uscita per i ragazzi che non avranno mai né insegnanti stabili,
né con esperienza e né determinati a dare il meglio di sé: l’obiettivo
più impellente dei docenti è infatti la richiesta di trasferimento,
visto pure che a un maggiore impegno non corrisponde nessuna gratifica.
Ed ecco il punto ed ecco cosa ci attendevamo dal ministro:
premiare e incentivare quei professori che permangono e si impegnano
nelle scuole più a rischio di dispersione, di abbandoni e dove le
condizioni sociali ed economiche sono bassissime. Qui sta il
riconoscimento del merito, come avviene in alcune nazioni
d’Europa che dirottano fondi maggiori nelle aree degradate, sia
per dimostrare che lo Stato esiste, e sia per evitare ulteriori e
inqualificabili imbarbarimenti. Se dunque si pagassero di più, si
promuovessero di più, si incentivassero di più i professori a stare
nelle sedi disagiate, non solo quelli meglio preparati e con maggiori
titoli, ma anche quelli con più esperienza, spedendo invece i neo
assunti nelle istituzioni meno problematiche, si otterrebbe sicuramente
un doppio risultato: una scuola più eguale relativamente alla
formazione dei giovani e una classe docente più premurosa verso i
più deboli. E non ci pare poco.
PASQUALE ALMIRANTE
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org
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