Cinque pensieri sul federalismo scolastico
Data: Domenica, 25 luglio 2010 ore 10:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


1° Pensiero C’è qualcosa di nuovo sotto il sole?

"Non ridere, non lamentarsi, non odiare, ma capire”. Seneca*

Gli operatori scolastici che dal 1° settembre, a tutti i livelli, riaffronteranno un nuovo anno scolastico, saranno, nella maggioranza dei casi, sempre gli stessi: quelli dell’anno scolastico precedente. Intanto, però, è cambiato il contesto e stanno cambiando le regole dello "stare insieme". Per descrivere questo cambiamento, cito solo i testi legislativi fondamentali. Sono disposte, ormai da tempo, la modifica del Titolo V della Costituzione e la grande delega sul federalismo fiscale che entrerà a regime nel 2016. Lo Stato diventa, o meglio, diventerà il garante del principio di uguaglianza e del diritto a fruire dell'istruzione, demandando a Comune, Provincia, Regione e Istituti Autonomi l'attuazione pratica di tali diritti.
In questo s’intravede il primo problema: come e su quali tavoli si deciderà l'attuazione? Già ora molti conflitti sono nati poiché i Comuni e Province si sono sentiti scavalcati da Stato e Regioni e chiedono che si lavori in Sede di Conferenza Unificata. Ma gli Istituti Autonomi da chi sono rappresentati dentro questo tavolo? Forse dal Ministero? Penso che questo sia una questione fondamentale da risolvere. Leggendo vari documenti, prodotti da "tavoli di lavoro" diversi, è evidente che un aspetto cruciale da affrontare sia la definizione dei "livelli essenziali di prestazione" (LEP). Gli Istituti autonomi, considerata la visione tecnica che hanno degli aspetti strutturali, organizzativi e qualitativi inerenti il sistema formativo locale, a mio avviso, avrebbero qualcosa di molto importante da dire sull'argomento. Va chiarito che i LEP definiscono delle “prestazioni pubbliche” e cioè un insieme di azioni che vedono concorrere più attori per sostanziare i diritti posti alla base dei LEP stessi. I LEP presentano quindi un contenuto “tecnico” con degli standard operativi generali e un loro “costo standard” di riferimento, coinvolgendo in tal modo la questione delle risorse finanziarie da dedicarvi. Pertanto, la definizione dei LEP va affrontata unitariamente a quello delle risorse finanziarie necessarie per garantirli.
Definire i costi standard significa dotarsi di un sistema aggregato di rilevazione della contabilità pubblica mirato sulle prestazioni in atto: un’operazione questa che ogni Regione, in collaborazione con le Province e i Comuni, dovrebbe compiere relativamente al proprio sistema territoriale, con la consapevolezza che una contabilità economico-finanziaria (di quanto si spende per le diverse prestazioni rivolte alla scuola e agli studenti) presenta sempre un risvolto ed un impatto sociale e una sua qualità che andrebbe anch’essa rilevata. Ma, purtroppo, nel sistema educativo e dell’istruzione del nostro Paese, salvo alcune eccezioni locali, la cultura e la pratica della documentazione, della misura e della valutazione risultano poco esercitate.
Fatto ciò, si potrà passare a definire risorse e obiettivi futuri. Si tratta, in parole semplici, dopo aver stabilito i LEP, di decidere chi fa cosa e come, assegnando a ciascuno la propria parte di competenza, armonizzata con quella degli altri. L’intervento statale nella determinazione dei LEP deve individuare “prestazioni” e non “sistemi organizzativi” che rappresentano il mezzo con cui operare per raggiungere il fine, la cui definizione operativa è posta in capo all’iniziativa (in regime di governante) dei diversi co-attori del sistema. La determinazione dei LEP deve essere il frutto di un approfondito processo di confronto e di intesa istituzionale che coinvolga tutti gli attori in campo, ai quali compete garantire le prestazioni e i servizi connessi.
E gli interventi che entrano nel merito della definizione dei LEP, come afferma la Corte Costituzionale con sentenza 282/2002, “non possono nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica del legislatore, ma devono prevedere gli indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite”. In altri termini: si tratta di un compito tecnico e politico insieme, che coinvolge ricerca e decisione politica e normativa, e vanno definiti i soggetti che possono affiancare il decisore politico con il necessario supporto tecnico e scientifico. Non si tratta di un’operazione agevole: nella scuola, a differenza ad esempio della sanità, è problematico il reperimento di “protocolli standard”, così come la “buona documentazione”, la misura e la valutazione rappresentano storici punti deboli del nostro sistema di istruzione.
Una visione riduttiva limita la definizione dei LEP ad una astratta elencazione di “diritti” e, come è possibile che avvenga, ad una dichiarazione dei “monte ore” annui cui gli studenti hanno diritto, a prescindere dal loro contenuto “effettivo”. Va ribadito che “insegnamenti e apprendimento” degli studenti costituiscono il “cuore” dei LEP e richiedono la previsione dei risultati da raggiungere, degli standard possibili e delle condizioni di contesto favorenti.
Cosa c'è quindi di nuovo sotto il sole?
La necessità che, a tutti i livelli (Istituzione scolastiche autonome, Comuni, Province e Regioni), si acquisisca una nuova mentalità manageriale atta a comprendere appieno il senso profondo del termine sussidiarietà.
Un esempio per tutti: i Comuni e Provincie devono abbandonare la mentalità "servente" che spesso hanno nei confronti della scuola, senza però configgere con l'autonomia didattica ed organizzativa di quest'ultima ed essere sussidiari rispetto al Pof (in alcuni casi si son visti assessori comunali che hanno inviato loro personali riflessioni agli insegnanti con la pretesa che fossero letti agli alunni. A tali assessori dedico le parole di J. Rostand: “prima di sognare l'onnipotenza, bisogna sapere”). Neppure può accadere che un Comune disattenda alle indicazioni regionali in materia di razionalizzazione della rete scolastica, come spesso è accaduto nel caso della auspicabile costituzione di Istituti Comprensivi in tutto il territorio nazionale. Sarà più facile intervenire anche sulle difficoltà, messe in luce da un intervento del Ministro Gelmini (intervento del 30 giugno 2010 a "Radio anch'io) della Scuola superiore di primo grado.
Per attuare il nuovo che nasce o che sta nascendo, occorre far partire in ogni Regione un "tavolo unificato di confronto" ove siedano rappresentanti delle Scuole autonome, quali le già esistenti Associazioni regionali di Scuole Autonome , l'ANCI e l’UPI, coordinati, ovviamente, Dall' Assessorato Regionale All' Istruzione e Formazione professionale. Un’ipotesi d'agenda per far partire subito un Tavolo Unificato in ogni Regione italiana potrebbe essere:
• dare "senso" a ciò che si fa già e che si pensa di fare, coniugandolo con un obiettivo specifico: attuare il federalismo scolastico per la Regione;
• chiarire la "rotta": dove andare con le future scelte federaliste;
• pensare insieme il percorso, sviluppare sinergie di potenzialità e di talenti;
• cogliere l’occasione per costruire una "cultura scolastica" legata alla propria Regione, al proprio territorio, alle proprie comunità. C’è la possibilità di dare dignità a percorsi già attuati. Le "parti interessate" crescono nel dialogo e nel confronto tra buone pratiche, riportando i risultati in sede Nazionale di Conferenza Unificata;
• si può ripensare al "tempo scuola" coniugandolo sia alle esigenze del ragazzo che impara, sia alle caratteristiche delle discipline, ma soprattutto alle esigenze delle famiglie. Oggi non è possibile scaricare agli Enti Locali la responsabilità derivanti dalla definizione del tempo scuola che lo Stato ha deciso di ridurre; nello stesso tempo, si deve esercitare la sussidiarietà ed offrire risposte specifiche ai bisogni del territorio. Con quali nuove idee?
• non essere più vittime di gabbie organizzative nazionali, ma, dopo aver rispettato i LEP, considerare la necessità di dar sfogo alle grandi potenzialità del territorio.

2° pensiero
Il federalismo ha bisogno di una nuova mentalità.

"Non esiste un vento favorevole per chi non sa dove si va". Seneca*
Utilizziamo un suggerimento offerto dagli studi sulle teorie dell’organizzazione. Giuseppe Bonazzi racconta in un suo lavoro (1) come, nelle organizzazioni, siamo passati dal decision making al sensemaking, ossia da un’analisi centrata sui processi decisionali ad un’altra centrata sulla creazione di senso. Il problema è oggi dare "senso" al federalismo scolastico. Occorre, quindi, assumersi da parte delle varie autonomie la responsabilità, o l’opportunità, di favorire uno "scatto culturale” che prepari l’avvento del nuovo sistema federalista. L'esperienza ci insegna che la governance del sistema scuola, soprattutto a livello locale, ha nell'azione cooperativa e nell'integrazione il suo punto di forza, ma anche il suo punto di debolezza, come accade quando le autonomie si irrigidiscono. Ecco perchè è fondamentale il ruolo di regia dato alla Regione nella nostra ipotesi di "tavolo unificato" per l'attuazione del federalismo scolastico, specialmente quando i diversi attori rivendicano la propria autonomia e perseguono interessi e progetti diversi che rendono problematica ogni mediazione. Dare senso alle cose che facciamo, ad ogni decisione presa, significa motivare, coinvolgere i vari rappresentanti delle autonomie. Si tratta di una nuova mentalità: significa credere "che", essere ottimisti, voler essere o diventare protagonisti trovando lo spazio per noi stessi, aiutando gli altri ad essere, a loro volta, dei protagonisti.
Le esperienze realizzate in diversi contesti locali insegnano che, alla base delle buone intese, c'è sempre un impegno dei diversi attori a ricercare momenti di condivisione, rinunciando ad un'affermazione unilaterale dei propri interessi e strategie. Tali esperienze ci indicano come "il buon governo dei servizi e delle loro reti territoriali si fonda sulla capacità di apprendere, che rappresenta, per le organizzazioni pubbliche, la sfida più importante sulla via della riforme federaliste, le quali comportano un cambiamento e non un mero adempimento" (da una bozza d'articolo di Giovanni Faedi, già dirigente del Settore Istruzione del comune di Ancona).
Nuova mentalità, quindi, da assumere per dirigenti scolastici e assessori comunali e provinciali che diventano co-protagonisti del successo scolastico attraverso la realizzazione di modelli organizzativi innovativi, l'uso delle risorse umane e materiali più attente ai bisogni di apprendimento e delle "competenze" dei futuri cittadini, architetti della realizzazione degli obiettivi indicati dall'Unione europea con le dichiarazioni di Lisbona.

3° pensiero
Favorire il passaggio da una cultura "malestante" a una "benestante"

"Rare sono le persone che decidono dopo aver riflettuto a lungo; tutti gli altri nuotano nel mare e, lungi dal giudicare se stessi, si lasciano portare dalle correnti". Seneca*

Un obiettivo "forte" e dominante del federalismo scolastico è: creare benessere. Se io vivo benessere significa che sono "benestante" e vivo e lavoro in un ambiente "benestante". Non è un obiettivo da poco. Soprattutto bisogna sconfiggere delle idee ingenue rispetto all’idea di benessere. Prima di tutto occorre chiarire che il concetto di benessere qui usato non ha niente a che fare con parole oggi di moda, quali "buonismo", "edonismo", "new age" e cose similari. Vivere da benestante significa avere un progetto personale e gruppale di benessere e perseguirlo creandomi e creando altrui competenze.
Il benessere privilegia la dimensione gruppale, quindi il pensiero condiviso, ed è sfida. Il benessere lo identifico con il termine "CHALLENGER", cioè sfida verso una conquista di traguardi-obiettivi che decido di raggiungere. Il proprio benessere e il benessere di un’organizzazione si misura rispetto alle sfide che si sono scelte. Se la sfida è troppo alta, sarò depresso perché gli obiettivi da raggiungere si riveleranno irraggiungibili e ricadrò facilmente in una situazione malestante. Se la sfida è troppo semplice, non attiverò tutte le mie potenzialità e tale sfida perderà fascino lasciando posto, entro breve tempo, alla noia.
Essere benestante non significa ricercare la quiete, le strade conosciute, rifare ciò che ho già fatto o che è stato fatto. Il benessere è legato ai concetti di mettersi in gioco, di sfida, di orizzonti nuovi da esplorare.
Il federalismo scolastico non è una riscrittura locale del "già detto e del già fatto". La logica di fondo è diversa: con il federalismo si arriva a precise indicazioni di "scelte", decisioni, di sfide, di creatività, di negoziazione, di collegialità nel decidere, di innovazione che hanno un obiettivo: creare "benessere" per gli utenti e gli operatori della scuola. Lo Stato centrale era ed è figlio della cultura della norma, che va mantenuto perchè garantisce tutti. Il federalismo è figlio della cultura dei progetti che esalta le culture, le specificità, i talenti. La norma (lo Stato) protegge il progetto (Federalismo): sono due gambe dello stesso "corpo" che desidera vivere in un ambiente "benestante", quindi sfidante, innovativo e raggiungibile. Poiché, diceva A. Camus*, "tutta l'infelicità degli uomini deriva dalla speranza", dovremmo far sì che le speranze nostre e delle nuove generazioni siano reali protagoniste della socialità e che, utilizzando nuovi sistemi di rappresentanza e di governo, non siano deluse e fonte di disillusione rispetto al futuro.

4° pensiero
Cosa si discute al tavolo unificato regionale?

"Un problema senza soluzione è un problema male impostato" A. Eistein*

Nel Tavolo unificato dovrebbe trovar posto anche la rappresentanza degli Istituti autonomi che non si identifica con il direttore generale regionale, ma che immagino possa essere un capo d'istituto, in rappresentanza di ogni "distretto" scolastico, scelto in base alle competenze dai propri colleghi, o il presidente dell’Associazione delle scuole autonome, nelle regioni ove l’organismo si sia costituito. Non mancheranno i materiali per far partire i lavori del "Tavolo". Anzi. Non occorre inventare assolutamente nulla. Il "tavolo unificato", che il presente lavoro auspica in ogni Regione, può lavorare sull'ultima bozza di Accordo datata 6 maggio 2009 e che è stata inviata all'ANCI, all’UPI ed alle Regioni, nonché alle Province Autonome, per procedere ad un passaggio definitivo e ufficiale al federalismo. Gli obiettivi posti alla base dell'Accordo che impegnano Stato, Regioni, Province e Comuni sono i seguenti e sono una traccia ottima per iniziare a lavorare:
- “individuazione dei tempi e dei modi per il completamento del trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni e agli Enti locali alla luce dei nuovi criteri costituzionali di riparto della funzione legislativa in materia di istruzione;
- fissazione dei tempi e delle modalità per il trasferimento delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all’esercizio delle nuove funzioni e del collegamento tra tale trasferimento e la data di inizio dell’esercizio delle nuove funzioni;
- congruente definizione dei tempi e dei modi di ridefinizione dell’amministrazione scolastica periferica;
- modulazione del raggiungimento degli obiettivi secondo diverse velocità, dipendenti dallo stadio dell’organizzazione regionale;
- definizione di condizioni e modalità per la attuazione della sperimentazione di nuovi modelli organizzativi”.

E l’Accordo riguarda i seguenti ambiti e oggetti:
A) “individuazione degli ambiti della funzione normativa regionale e statale;
B) conferimento di funzioni amministrative e servizi pubblici statali nelle materie dell’istruzione e dell’istruzione e formazione professionale;
C) trasferimento dei beni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie;
D) organizzazione e gestione dei dati relativi al sistema formativo (con ciò intendendosi il sistema composto dall’istruzione e dall’istruzione e formazione professionale);
E) sperimentazione di nuovi modelli organizzativi, sulla base dei principi e dei criteri stabiliti dalle leggi n. 244/2007 e n. 133/2008”.

Rispetto ai tempi di attuazione:
1. “le Parti si impegnano a dare attuazione al presente Accordo entro il 31 dicembre 2011;
2. Il Governo si impegna a presentare entro il 31 dicembre 2009 un disegno di legge di riassetto della normativa statale in materia di istruzione alla luce dell’articolo 117 della Costituzione, contenente la ricognizione delle norme generali, dei principi fondamentali e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni;
3. le Regioni si impegnano ad approvare la normativa di organizzazione per la gestione del personale, nel rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto scuola entro il 1° settembre 2010;
4. ferma restando la data del 1° settembre 2010 per l’avvio dell’esercizio delle funzioni relative alla gestione del personale della scuola, i DD.P.C.M. di cui al paragrafo B), lettera a), sono adottati entro 30 giugno 2010. Tali strumenti prevedono una espressa clausola sospensiva del trasferimento nel caso le Regioni non abbiano ancora adottato i necessari strumenti normativi;
5. l’esercizio delle funzioni trasferite avviene contestualmente all’assegnazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie.”
Ottimi spunti. A mio avviso,però,la prima mossa pratica ed essenziale, per Tavolo Regionale è una ricostruzione realistica dei soldi oggi usati nelle Scuole Autonome della Regione. Occorre lavorare su una minuziosa e veritiera tabulazione dei finanziamenti che arrivano alla scuola. Soldi dallo Stato, dai Comuni, dalle Provincie, dai genitori. Con tali dati si potrà realizzare sussidiarietà e perequazione, nonché lavorare sui costi standars e impostare il sistema futuro di istruzione regionale

5° e ultimo pensiero
Non perdere tempo.
"Non c'è niente di permanente, salvo il cambiamento". Eraclito*

La partita del federalismo non è facile. L'idea stessa di passare da un sistema centralizzato ad una moderna gestione federalista della nostra Nazione ha avuto dei giusti tempi di maturazione. Ora si può accelerare. Con la proposta di tavoli unificati in ogni Regione si potrà portare contributi e soluzioni reali nel tavolo decisionale per eccellenza: la Conferenza Stato-Regioni.
La situazione più problematica connessa all’attuazione della legge sarà probabilmente proprio quella relativa al settore dell’istruzione. Rispetto ad esso sono previste due norme completamente asimmetriche rispetto alla situazione legislativa attuale. Di LEP in materia di istruzione, infatti, tratta unicamente il D.Lgs. 226/05 che, tuttavia, li individua quali limiti “di principio” all’attività legislativa ed amministrativa regionale (in particolare quella prevista dal D.Lgs. 112/1998). Ed infatti i LEP previsti da tale decreto legislativo sono:
- livelli essenziali dell’offerta formativa (art. 16);
- livelli essenziali dell'orario minimo annuale e dell'articolazione dei percorsi formativi (art. 17);
- livelli essenziali dei percorsi (art. 18);
- livelli essenziali dei requisiti dei docenti (art. 19);
- livelli essenziali della valutazione e certificazione delle competenze (art. 20);
- livelli essenziali delle strutture e dei relativi servizi (art. 21) .

Con l’Accordo della Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010 riguardante il primo anno di attuazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale (a norma dell’articolo 27, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226), si è stabilito di definire gli aspetti relativi al passaggio al nuovo ordinamento dei percorsi di istruzione e formazione professionale per avviare la messa a regime dei livelli essenziali delle prestazioni di cui al Capo III del D. Lgs. 226/2005, in modo da consolidare e valorizzare i risultati del percorso di collaborazione istituzionale avviato; le regioni, quindi, dovranno completare la definizione degli standard minimi del nuovo sistema di accreditamento delle strutture formative per la qualità dei servizi. Strategica, quindi, sarà in questa fase l’interlocuzione con gli Istituti scolastici autonomi e con le eventuali agenzie formative presenti nelle varie regioni. Nelle concertazioni che dovranno essere svolte sarà evidente quanto i Governi Regionali terranno a costruire insieme ai propri territori, in tal caso rappresentati anche e fortemente da esponenti dell’economia e dell’impresa, il nuovo quadro di istruzione e formazione che rispetti quel principio di equità tanto richiamato dall’Europa.

Non sarà facile procedere alle decisioni essenziali di decidere i LEP, ma, a mio avviso, i contributi che arriveranno dalla periferia al centro dovrebbero risultare ineludibili e di effettiva considerazione nelle scelte delle politiche regionali di istruzione e formazione.
Soprattutto, occorrerebbe dar voce, nei tavoli della decisione, agli Istituti Autonomi con la presenza della direzione generale regionale con la funzione, nello specifico, di rappresentare lo Stato Centrale, ma che non può rappresentare anche le scuole autonome. Tale posizione va capita per non inficiare il ruolo, ed il rilievo costituzionale, dell’autonomia delle scuole e, nello stesso tempo, per ridisegnare le funzioni delle Direzioni Scolastiche Regionali che devono ormai ripensare il loro scopo e ruolo in rapporto ai poteri decisionali degli assessorati regionali.

Per chiudere torno alla metafora del nuovo vento che soffia sull'Italia.
Qualcuno, come chi scrive, ha voluto esporsi alla "brezza"; alla fine dell’avventura mi sono sentito rinfrescato e, in un certo senso, rigenerato; alcuni " amici", che erano con me, si sono presi il raffreddore (gli è andata bene), altri una brutta broncopolmonite.
Questi ultimi giurano che il vento federalista porterà catastrofi. Dal mio punto di vista sono convinto che non hanno "fisico". Sicuramente occorre prendere coscienza del "nuovo vento" e se "coscienza significa memoria e anticipazione, significa che coscienza è sinonimo di scelta"(H. Bergson).*


Note
(1) G. Bonazzi, "Dire Fare Pensare" , Franco Angeli, Milano 1999 (pag. 10).
* Tutte le citazioni sono tratte da L.Boyer e R. Bureau, 400 Citations pour le manager, Les éditions d' Organisation, Paris,1991

1) Così specificati “a) il soddisfacimento della domanda di frequenza; b) l'adozione di interventi di orientamento e tutorato, anche per favorire la continuità del processo di apprendimento nei percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore, nell'università o nell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonché per il recupero e lo sviluppo degli apprendimenti dello studente; c) l'adozione di misure che favoriscano la continuità formativa anche attraverso la permanenza dei docenti di cui all'articolo 19 nella stessa sede per l'intera durata del percorso, ovvero per la durata di almeno un periodo didattico qualora il percorso stesso sia articolato in periodi; d) la realizzazione di tirocini formativi ed esperienze in alternanza, in relazione alle figure professionali caratterizzanti i percorsi formativi”. Si precisa, inoltre, che “ai fini del soddisfacimento della domanda di frequenza di cui al comma 1 lettera a), e' considerata anche l'offerta formativa finalizzata al conseguimento di qualifiche professionali
attraverso i percorsi in apprendistato di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”.

2) Che concernono la garanzia di un orario complessivo obbligatorio dei percorsi formativi di almeno 990 ore annue, nonché l'articolazione dei percorsi formativi nelle seguenti tipologie: a) percorsi di durata triennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che costituisce titolo per l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale; b) percorsi di durata almeno quadriennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale. A tal fine “le Regioni assicurano l'adozione di misure che consentano l'avvio contemporaneo dei percorsi del sistema educativo di istruzione e formazione”.

3) Che consistono in: a) “personalizzazione, per fornire allo studente, attraverso l'esperienza reale e la riflessione sull'operare responsabile e produttivo, gli strumenti culturali e le competenze professionali per l'inserimento attivo nella società, nel mondo del lavoro e nelle professioni”; b) “l'acquisizione […] di competenze linguistiche, matematiche, scientifiche, tecnologiche, storico sociali ed economiche, destinando a tale fine quote dell'orario complessivo obbligatorio idonee al raggiungimento degli obiettivi indicati nel profilo educativo, culturale e professionale dello studente, nonché di competenze professionali mirate in relazione al livello del titolo cui si riferiscono” (gli standard minimi formativi relativi a tali competenze sono definiti con accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni ai fini della spendibilità nazionale ed europea dei titoli e qualifiche professionali conseguiti all'esito dei percorsi); c) “l'insegnamento della religione cattolica come previsto dall'Accordo che apporta modifiche al Concordato
lateranense e al relativo protocollo addizionale […] e dalle conseguenti intese, e delle attività fisiche e motorie”; d) “il
riferimento a figure di differente livello, relative ad aree professionali definite, sentite le parti sociali, mediante accordi
in sede di Conferenza unificata […] recepiti con decreti del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Tali figure
possono essere articolate in specifici profili professionali sulla base dei fabbisogni del territorio”.

4) Per cui le Regioni assicurano “che le attività educative e formative siano affidate a personale docente in possesso di abilitazione all'insegnamento e ad esperti in possesso di documentata esperienza maturata per almeno cinque anni nel settore professionale di riferimento”;

5) In virtù dei quali le Regioni assicurano: a) “che gli apprendimenti e il comportamento degli studenti siano oggetto di valutazione collegiale e di certificazione, periodica e annuale, da parte dei docenti e degli esperti […]”; b) “che a tutti gli studenti iscritti ai percorsi sia rilasciata certificazione periodica e annuale delle competenze, che documenti il livello di raggiungimento degli obiettivi formativi”; c) “che, previo superamento di appositi esami, lo studente consegua
la qualifica di operatore professionale con riferimento alla relativa figura professionale, a conclusione dei percorsi di durata triennale, ovvero il diploma professionale di tecnico, a conclusione dei percorsi di durata almeno quadriennale”; d) “che, ai fini della continuità dei percorsi, […] il titolo conclusivo dei percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) assuma la denominazione di «diploma professionale di tecnico superiore»”; e) “che nelle commissioni per gli esami di cui alla lettera c) sia assicurata la presenza dei docenti e degli esperti di cui all'articolo 19”; f) “che le competenze certificate siano registrate sul «libretto formativo del cittadino» di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”.

6) Che comportano – previo accordo in sede di Conferenza unificata: a) “la previsione di organi di governo”; b) “l'adeguatezza delle capacità gestionali e della situazione economica”; c) “il rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente dalle medesime istituzioni”;d) “la completezza dell'offerta formativa comprendente entrambe le tipologie di cui all'articolo 17, comma 1, lettere a) e b) [cioè triennale o quadriennale]”; e) “lo svolgimento del corso annuale integrativo di cui all'articolo 15, comma 6 [cioè il corso integrativo che permette di accedere all’esame di stato per coloro che provengono dai corsi quadriennali di istruzione e formazione professionale]”; f) “l'adeguatezza dei locali, in relazione sia allo svolgimento delle attività didattiche e formative, sia al rispetto della normativa vigente in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, di prevenzione incendi e di infortunistica”; g) “l'adeguatezza didattica, con particolare riferimento alla disponibilità di laboratori, con relativa strumentazione per gli indirizzi formativi nei quali la sede formativa intende operare”; h) l'adeguatezza tecnologica, con particolare riferimento alla tipologia delle attrezzature e strumenti rispondenti all'evoluzione tecnologica; i) la disponibilità di attrezzature e strumenti ad uso sia collettivo che individuale; l) la capacità di progettazione e realizzazione di stage, tirocini ed esperienze formative, coerenti con gli indirizzi formativi ttivati.di ALIDO TOGNIN

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