Matteo, il down più bravo che c'è: primo della sua classe alla maturità
Data: Domenica, 25 luglio 2010 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Sono pensieri affilati i suoi, traiettorie mai banali, che vanno dritte all’anima e raccontano un mondo di confine dove non siamo mai stati, dove non ci siamo mai avventurati. Sforna cristalli di intelligenza pura, Matteo, forse anche per il gusto di rovesciare il tavolo e un tabù, per gridare al mondo dalla tastiera del suo computer - perché Matteo non parla, e se parla pronuncia una parola al massimo - che un ragazzo down, e anche con problemi di autismo, sta per andare all’Università.

E come ci sta andando. Con una maturità strepitosa: 89 centesimi il risultato finale, lui e Karima - che sarà bella ma down non è - loro due, i più bravi della classe V A del Liceo “Carducci” appunto, in via Asmara 28, Quartiere Africano, Roma. Vuole fare Biologia, Matteo, vuole iscriversi a Roma 3, gli piacerebbe, per l’esattezza, diventare «ricercatore scientifico perché mi sento di poter aiutare gli altri bambini che anno gli stessimiei problemi». Sì, scriveva proprio così in un tema di seconda media, senza l’acca e con le due parole attaccate, ma con le idee già ben chiare.

Siamo qui, ora, a interrogarci come può essere accaduto, se può accadere ad altri, se è un solo miracolo oppure una strada nuova da percorrere, la strada di Matteo. Perché il suo non è un exploit dell’ultima ora: a parte il tormentato periodo delle elementari - anni di scarabocchi e poco più - è stato sempre un alunno di grande profitto. Concluse le medie con un bel Buono - era già riuscito a dare una definizione plausibile di «cronologicamente» e «geograficamente»! - al Liceo ha iniziato una specie di percorso trionfale. Anno dopo anno, sempre più bravo e sempre più sicuro, anche quando, in terzo, decise di parlare di sé: «Sono descritto come disabile o handicappato o diversamente abile; sono colpito dalle diverse definizioni che mi danno...».

Dietro questa storia ci sono almeno quattro donne, le donne di Matteo. C’è la mamma, Christine, che proprio in quanto mamma, e inglese per giunta, pensa concretamente al suo futuro: «Io ho sempre detto a Matteo che faremo il possibile, che l’impossibile non possiamo fare. Ci siamo informati e Roma3 offre molti servizi per studenti con disabilità, ma a questo punto ci chiediamo se con i tagli che ci sono stati e che ci saranno sarà possibile...».

Subito dopo Christine, ma in qualche momento della sua vita perfino davanti a lei, c’è Antonella Loriga, la giovane psicologa che lo ha seguito passo passo in questi anni, grazie anche ai contributi della Provincia di Roma. Poi c’è la preside del “Carducci”, Emilia Oppido, una che sta lì da otto anni, che bada al destino di 1.200 allievi, ma che quando le parli di Matteo allarga sconsolata le braccia: «Lo conosco bene, gli avevamo dato tutti i crediti. Pensavo che prendesse un voto più alto...». E poi c’è Ilaria, la compagna di classe a cui Matteo si è piu affezionato, anche se tutti gli vogliono bene, anzi vanno pazzi per lui.

Ma non ci sono solo queste quattro donne, dietro la storia di Matteo, c’è anche un metodo di apprendimento in un certo senso rivoluzionario, conosciuto come «comunicazione facilitata». Un metodo che la psicologa Antonella ha prima consigliato alla famiglia e poi alla scuola. E la scuola - non solo la famiglia - ha entusiasticamente accettato. Per Matteo sono state preparate prove differenziate, si è fatto ricorso a tabelle speciali davanti alle quali lui rispondesse sì o no e comunque, nel corso dei suoi lavori, si è fatto ricorso al “Facilitatore”, una presenza che lo aiuti, ad esempio, «con il sostegno della spalla (facendo una leggera ma decisa pressione nella direzione contraria alla tastiera o tabella» - come scrive in una relazione la psicologa - «per farlo orientare meglio nello spazio».

E’ un metodo che viene dal mondo anglosassone e che si va facendo sempre più strada in Italia. Ma i risultati, ovviamente, non sono sempre come quelli di Matteo. Anzi, finora nessuno è arrivato ai suoi livelli. E se qualcuno arriccia il naso, ci pensa la preside a zittirlo: «Perché avere dei dubbi? Io dico solo che Matteo è riuscito non solo a fare i temi che ha fatto - e fin qui il facilitatore potrebbe aver influito - ma anche a risolvere dei problemi di matematica che la persona accanto a lui non era assoltamente in grado di risolvere. Come si spiega tutto questo?».

Eh già, perché Matteo, al di la dei pensieri rarefatti che esprime, viene riconosciuto come un piccolo genio della Matematica, dalla sua insegnante, la professoressa Francesca Schiappa e dai suoi compagni, tutti indistintemente. Eppoi non crediate che siano tutte rose e fiori. Matteo, ad esempio, scrive tutto in maiuscolo e in stampatello, e non c’è traccia di punteggiatura, come ben sin nota nel brano scelto all’inizio. Ha imparato ad usare il compasso, certo, ma fa ancora «movimenti ripetitivi e stereotipati come il far dondolare da una parte all’altra una sciarpa», lo riferisce la psicologa Loriga. E «ha avuto spesso dei blocchi in cui non si muoveva soprattutto all’entrata e all’uscita della scuola...». Un mondo complicato insomma, il meraviglioso mondo di Matteo.

il messaggero.it







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