Diario semiserio di un presidente di commissione agli esami di stato
Data: Marted́, 20 luglio 2010 ore 00:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Superato un naturale e condiviso sbigottimento  dinanzi a temi che spaziavano dagli UFO alle foibe, noi prof. pazientemente costruiamo e decostruiamo esperienze scolastiche e medie di valutazioni per  una quarantina di ragazzi  che si avviano a concludere l’esperienza liceale con uno slalom spericolato fra materie, concetti, agganci col presente e tutto quello che la fantasia umana ha prodotto in oltre due
millenni.
Ci ingegniamo con fogli di calcolo improvvisati e stiliamo verbali puntigliosi caratterizzati da formule un po’ anodine che  al momento sembrano offrire  protezione - illusoria - dai  temutissimi ricorsi.
Procediamo spediti fra estreme sintesi d’epoche e banalizzazioni letterarie, rapidi piroettiamo fra un asintoto e un circuito elettrico posseduto da leggi ignote ai più, a passo di mazurka guidiamo
l’incedere malfermo dei  candidati ad esplorare le profondità della fenomenologia dello spirito, troviamo infine calma e riposo solo al momento del dialogo incomprensibile con la docente di tedesco.
A guardarli bene questi ragazzi, al di là dei piercing e delle unghie colorate di blu, hanno belle facce: sguardi chiari e fiduciosi, si aspettano tanto da un gruppo raccogliticcio di adulti messi insieme
dalla logica combinatoria di un calcolatore; siamo quelli che sanciranno la loro prima emancipazione dall’adolescenza. Per questo siamo importanti ai loro occhi, così come altri lo sono stati per noi,
e tale consapevolezza ci preoccupa, soprattutto temiamo di non saperne riconoscere adeguatamente il merito.
Dopo l’edizione del saggio di Abravanel per un po’ di tempo si è fatto un gran parlare di merito, meritocrazia e dintorni; il merito  però non è proprio di casa dalle nostre parti, spesso la frequenza delle scuole superiori è una corsa al diploma, quasi un’ormai inefficace fuga in avanti per sfuggire alla disoccupazione. La nozione di meritocrazia trascina in campo altre logiche, 
quelle dell’occupabilità grazie all’appartenenza sociale, fattore che scoraggia notevolmente i
giovani che osservano sconfortati il mare magnum dei privilegi familistici.
Scorrono i giorni e le Commissioni iniziano a ragionare sul “palmarès” dei risultati e può anche capitare che fra gli interni e gli esterni si avvii la discussione, lo scontro e il parapiglia: soccorre
provvidenziale una sottospecie di scienza statistica  sulla frequenza degli esiti a fronte dei crediti in entrata e l’istituzionale volontà di pacificare gli animi del Presidente che sa quanto i risultati degli
esami di stato, unico elemento oggettivo del successo scolastico degli studenti, orienti la scelta delle famiglie e divenga veicolo di riconoscimento dell’istituto scolastico sul territorio da cui trarre
un incremento di utenza, contatti proficui, etc.
Ultimo atto del lavoro è la pubblicazione dei voti: acclarato dal garante della privacy che i “tabelloni” vanno esposti, la Commissione li stampa, li firma, li timbra, li incolla - un tempo alle vetrate
della scuola, ora a più discreti  albi interni - e finalmente liberi
tutti: per i ragazzi inizia il bello delle vacanze e della vita, per i docenti l’ultimo giro di una ruota che a settembre riprenderà il suo ciclo.

Marinapaola Boni             da www.scuolaoggi.org







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