ESAMI DI STATO
Data: Luned́, 19 luglio 2010 ore 15:32:21 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Marcello D'Orta ha detto...

 

 

Le mie vicende da professore le ho raccontate in un libro intitolato Il maestro sgarrupato, quelle da alunno (non meno significative) le racconto in questo libro [Aboliamo la scuola], non per narcisismo, solo per dimostrare che c’è stato un continuum tra i miei patimenti scolastici. E poi non solo miei, poiché sono convinto, come Giovanni Papini (al cui libello Chiudiamo le scuole! farò riferimento più volte), che fino a quando, su questa terra, esisterà un fabbricato denominato scuola, i ragazzi domanderanno al Padreterno perché mai li abbia messi al mondo se devono trascorrere una parte della stagione più bella della vita (l'infanzia e l'adolescenza, appunto) in cattività.

 

 

 

 

francini ha detto...

 

 

Non mi pare che l'"aiutino" all'esame sia classificabile come gesto di bontà, né invocherei alcun dualismo tra bontà e giustizia. L'aiutino è una forma di bontà che non costa nulla, danneggia la scuola, la sua credibilità, favorisce qualcuno a scapito di altri che non ne beneficiano. Mettiamo un eventuale futuro concorso o graduatoria, dove per un decimo di punto magari si è dentro o fuori: mentre ho favorito il ragazzo di Bergamo, magari senza saperlo ho segato le gambe a qualcun altro altrettanto meritevole che invece stava a Udine... Si dirà: e come potevo saperlo del ragazzo di Udine? Ma questo è il punto un'etica condivisa è quella che mi impedisce di danneggiare il lontano per aiutare il vicino. Un'etica condivisa è quella che si basa su comportamenti i quali, adottati da tutti, non generano di per sé arbitri o privilegi. La sede in cui combattere ingiustizie o storture è un'altra, non certo tramite l'espediente ad hoc che introduce un favore per qualcuno ritenuto per qualche ragione meritevole (la cui somma genera poi smarrimento di paradigmi di riferimento stabili e dunque in ultimo l'incapacità di distinguere tra merito e favore). Grave è che di tutto ciò non vi sia neppure consapevolezza. Quale etica pubblica trasmettere agli alunni con simili presupposti? Hai voglia coi corsi di educazione alla legalità ... tutta una proliferazione verbale che naufraga nella miseria degli esempi concreti.

Inoltre, lo stesso beneficiario dell'aiutino può approfittarne sul momento, ma nel lungo periodo non serberà stima verso gli insegnanti che si sono mostrati con lui complici invece che maestri.

L'aiutino è un formidabile e spontaneo momento di saldatura delle solidarietà in senso anarcoide spicciolo, che ci fa sentire uniti come pochi altri a noi italiani: un altro esempio è il lampeggiare coi fari alle macchine nel verso opposto se c'è nei paraggi una pattuglia della polizia stradale. E' sempre la medesima cultura dell'aiutino, al fondo.

Che nulla ha a che vedere, si noti, con la disobbedienza civile. La disobbedienza civile non si manifesta in piccoli sotterfugi ma la si proclama a testa alta, disposti ad andare incontro alle possibili conseguenze. Quindi, non facciamo ridere coi paroloni, per favore. Piuttosto è un modesto mezzuccio per cavarsela in qualche modo e tirare a galleggiare nello stesso brodo.

L'impatto negativo di un simile comportamento di massa è facilmente sottostimato, ma è in realtà notevole.

La pratica dell'aiutino alimenta, ponendola sotto una luce di una sorta di apprezzabile complicità cameratesca, un'etica pubblica rovinosa e inconcludente. Allergia a regole uguali e condivise, slealtà nel perseguire i propri obiettivi, che si manifesta nell'incapacità di distinzione dei ruoli, nell'incapacità di vestire (in sede di esame) i panni del funzionario pubblico incaricato di svolgere un compito a carattere costituzionale (non di "fare il tifo per"), nella patologica immedesimazione tra esiti dello studente ed autostima del docente, nell'incapacità di comprendere lo stesso valore formativo dell'esame Che risiede ANCHE nella sua rischiosità e nella possibilità di un esito in qualche misura "ingiusto". Ma preparare gli studenti a un esame è anche prepararli a questo: a dare il meglio e poi sapere eventualmente accettare un risultato deludente, per poi riscattarsi in futuro. E' così che, per tutti, vanno le cose: ci sono momenti nei quali le cose o vanno bene o vanno male, il calcio di rigore o entra o esce, il salto mortale o riesce o si cade a terra. Il bravo insegnante non garantisce che non si finirà gambe all'aria, ma piuttosto insegna a rialzarsi. I cultori dell'aiutino questo non l'hanno capito nemmeno un po', il che mi preoccupa più d'ogni altro elemento, per questo tipo di insegnanti e per il retaggio che lasciano: perché si tratta del nucleo vero di ogni insegnamento. Senza insegnare questo si finisce per insegnare niente.

Paolo Francini

 

 

Giuseppe Moncada ha detto...

 

 

E' interessante il fatto che in parecchi si sta intervenendo. Tuttavia sarebbe opportuno che ognuno di noi sottoscriva le proprie riflessioni. Certo la scuola è un sistema così complesso e caotico che occorreranno molti anni prima che possano crearsi situazioni positive per le nuove generazioni.La mia lunga esperienza, 44 anni, mi porta a considerare come primaria la formazione dei docenti. Purtroppo la presenza a scuola di docenti non appropriati al ruolo è deleteria. Se in un istituto prevealgono docenti responsabili e preparati quella scuola certamente sarà valida, se ciò non accade i giovani ne subiscono le conseguenze. Per GLI ESAMI DI STATO, tralascindo il problema degli aiutini o meno , ritorno sulla mia riflessione della mancanza di cultura sul , ruolo di docente di una classe o dirigente di un istituto e ruolo di PRESIDENTE o COMMISSARIO di esami. Sono due funzioni diverse e ben distinte che ogni docente o dirigente dovrebbe possedere.
La polemica fra docenti del Sud e del Nord non ha senso
VORREI SOTTOPORRE ALLA VOSTRA attenzione una nota che l'8.8.2008 inviai al prof Ichino Andrea proprio sugli esami di Stato.

 

 

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Gent.mo Professore,
mi permetta di esprimere alcune mie perplessità sul criterio che lei vorrebbe si utilizzasse, anche in Italia, per gli esami di Maturità. Sono un Preside di un Liceo Scientifico in provincia di Catania. Sono nella scuola da ben 46 anni. Da docente di Matematica e Fisica ho iniziato, fin dal 1969, con l’esame sperimentale introdotto dal Ministro Sullo. Dal sito web apprendo che lei ha l’età di 49 anni . Essendo nato nel 1959, al compimento del suo diciottesimo anno, 1977, ha certamente sostenuto gli esami di maturità con la formula sperimentale voluta da Sullo. Ho partecipato agli esami , quasi sempre nelle regioni del Nord. Primo anno ,1970, Crema , nei due anni successivi a Milano, periodo della contestazione e delle manifestazioni a Piazza Duomo. Abbiamo bocciato tre alunni. Poi, a Perugia , due anni a Torino, a Varese , a Mestre, intervallati dalla mia presenza a scuola quale commissario rappresentante di classe. Ebbene, non solo questa mia esperienza mi ha fatto arricchire , consentendomi di conoscere altri colleghi del Nord ,con i quali tutt’oggi sono legatissimo, ma mi ha permesso di verificare le varie metodologie che venivano praticate nelle scuole in cui andavo. Oggi , in nome del risparmio , in Italia la scuola e la cultura sono all’ultimo posto, così come la giustizia, si è costretti a fare esami nella stessa provincia. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Berlinquer ritenne quel tipo di esame superato ed inadeguato , si è modificato in peggio secondo il mio punto di vista. Ebbene , lei che ha sostenuto gli esami precedenti non pensa che anche allora si poteva verificare , e vi erano commissioni che lo facevano, la pluridisciplinarietà? Non pensa che se si fosse preteso il colloquio su tutte le quattro discipline, comunicate un mese prima , l’esame sarebbe stato più serio di quanto accade oggi? La burla del percorso da cui far partire il colloquio , invenzione dell’ispettore Tiriticco, se non ci fosse , permetterebbe agli alunni di essere più responsabili nella preparazione. E ancora, come si può pensare che in 50 minuti si possa effettuare un colloquio su tutte le discipline in modo serio? Alla fine degli esami, mentre con quello sperimentale di Sullo, le sorprese di voti superiori a quelli di ammissione si verificavano solo per pochi alunni, oggi la stragrande maggioranza ottiene voti parecchio più alti rispetto alla presentazione che hanno avuto dalla scuola. Ciò va a discapito dei giovani che veramente si sono impegnati durante il loro percorso scolastico e non stimola affatto un impegno maggiore dei giovani. Si sostiene ancora che , i voti degli alunni del Sud e della Sicilia sono più alti di quelli del Nord. E’ stato sempre così. Ricordo che nelle commissioni del Nord la promozione veniva data, ad alunni ammessi con la media quasi del sei e con una media di voti dell’esame di cinque, in Sicilia con una media di voti del 4-1/2 e giudizi di ammissione con la media del cinque si maturavano.
Purtroppo al sud il rigore è un optional . Vi è anche da considerare che, la Sicilia ha un numero di diplomifici , quasi quanti ve ne sono in tutto il Nord, e bocciare con la commissione formata da tre interni e tre esterni è quasi impossibile , così come attribuire voti bassi. Ciò spinge i docenti che operano nelle scuole dello Stato ad essere più larghi nei voti. Con l’esame di Sullo il commissario interno era solo uno, e quindi si poteva attuare un maggiore rigore.

 

 

Del resto, l’individuazione di diversi sistemi di verifica dovrebbe seguire una chiara indicazione intorno al sistema educativo che vogliamo. Ad esempio, se come docente sono chiamato a raggiungere alcuni obiettivi formativi complessi come le capacità argomentativa, logica, dialettica ecc., come posso verificare tali competenze attraverso un test che, per essere quanto più oggettivo possibile, deve necessariamente essere chiuso?
La cultura dei test in Italia non ha attecchito , come pensa lei che ciò possa risolversi nel giro di un anno? E con la correzione solo per test la prova del colloquio non esisterà più? E come potranno i giovani abituarsi al confronto con l’altro? Per due volte sono stato in Marocco, anche li ci si diceva che i compiti venivano valutati da commissioni centralizzate, non sono sceso nei particolari. In attesa di una possibile riforma che dovrebbe portare alle soluzioni da lei suggerite, ma la nostra formazione è diversa da quella dei paesi anglosassoni, sarebbe opportuno ripristinare la vecchia formula sperimentale . Obbligatorietà del colloquio in cinque discipline , aggiungendovi anche la disciplina della seconda prova scritta. Eliminazione della terza prova che non serve a nulla. Infine, se si vuole ritornare ad introdurre un po’ di serietà negli studi, è bene che si cominci dalle medie. Purtroppo oggi, nella stragrande maggioranza dei casi vengono considerate luoghi di socializzazione.

La ringrazio della sua attenzione , in attesa di un suo cortese riscontro.
Giuseppe Moncada

da http://gruppodifirenze.blogspot.com/

 

 







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