Azione educativa:la difficoltà sta proprio nel riuscire ad osservare e circoscrivere ciò che è possi
Data: Domenica, 18 luglio 2010 ore 16:00:00 CEST Argomento: Opinioni
Un giorno, apparve un piccolo buco in
un bozzolo; un uomo che passava per caso, si mise a guardare la
farfalla che per varie ore si sforzava per uscire da quel piccolo buco.
Dopo molto tempo sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse
sempre della stessa dimensione. Sembrava che la farfalla ormai avesse
fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di
fare niente altro. Allora l’uomo decise di aiutare la farfalla: prese
un temperino ed aprì il bozzolo. La farfalla uscì immediatamente. Però
il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco
sviluppate e si muovevano a stento. L’uomo continuò ad osservare perché
sperava che, da un momento all’altro, le ali della farfalla si
aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa
cominciasse a volare. Non successe nulla! La farfalla passò il
resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo
rattrappito e con le ali poco sviluppate. Non fu mai capace di volare.
Un aneddoto di poco conto forse, ma che ci aiuta a comprendere il
senso in campo educativo della libertà dell’educatore e
dell’educando, per non cadere nell’errore dell’uomo della storiella
(gentile e di buone intenzioni); egli non aveva capito che passare per
lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinché la
farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così
che essa potesse volare. Sì, spiccare il volo; è quello che ogni
educatore dovrebbe desiderare per coloro che gli sono stati affidati,
dopo essere stato il più possibile un modello e un esempio, dopo aver
pensato al giovane nell’oggi, osservato le sue caratteristiche e su
queste aver costruito un percorso per condurlo al cambiamento. In
ambito educativo la difficoltà maggiore sta proprio nel riuscire ad
osservare, individuare, vedere e circoscrivere ciò che è possibile
tirar fuori da chi si sta educando. L’azione educativa può tendere
verso la libertà nei seguenti casi:
- in certe circostanze ed in certi periodi;
- per una novità occorsa, casuale o accidentale;
- in un certo spazio ed in un certo luogo;
- in funzione di uno scopo;
- aggiungendo o perdendo qualcosa di sé;
- attraverso varie fasi emotive;
- grazie a persone significative ed esperienze
ordinarie e non;
- con fatica e sofferenza;
- nella fiducia e nell’accettazione della realtà;
- in un rapporto di pari dignità;
- in una dinamica comunitaria.
L’azione educativa è, per sua natura, sempre attraversata dal fremito
del cambiamento e basta vedere i ragazzi, nel breve o nel lungo
periodo, per rendersene conto. Tutto sta nel segno della crescita e
ogni intervento tenderà a sostenerla, nella libertà e con la
consapevolezza che l’errore può dare buoni frutti; si progetta verso la
ricerca del bene che può apparire più difficile da raggiungere e
indicando che la via facile conduce spesso al male facile. Allo stesso
tempo cambiano anche gli educatori: aumentano le esperienze, le
capacità educative, le competenze, le relazioni, i sogni. La relazione
educativa è ricca ed efficace solo se si fonda sulla libertà e sulla
responsabilità: in questo caso produce un cambiamento positivo e la
crescita di tutti gli attori in campo. Ci viene in aiuto il film «Les
choristes»: Clément Mathieu – insegnante di musica ma assunto come
sorvegliante in un istituto di rieducazione per minori - è un
uomo che crede al cambiamento, nel lato buono delle cose, nella
possibilità che anche i ragazzi difficili abbiano sempre «un punto
accessibile al bene» (Don Bosco) e che valorizzarli sia il modo
migliore per non precludere loro la speranza nel futuro. Questo
ottimismo lo induce a concedere varie opportunità di crescita ai suoi
giovani allievi e dalla loro maturazione e soddisfazione trarrà
arricchimento lui stesso. «Percepisco – afferma Mathieu - negli
sguardi dei miei ragazzi il desiderio di libertà, di costruirsi capanne
in cima agli alberi, e di non poterlo fare». La forza di questa
riflessione sta tutta in quell’iniziale percepisco, nel cogliere
il bisogno, nel credere che «chi nasce tondo può morire quadrato», nel
sentire un desiderio del cuore, nel trovare la chiave di volta, il
codice giusto.
Marco Pappalardo
|
|