L’accademia della Crusca e i temi agli esami di stato: la lingua italiana a picco
Data: Sabato, 10 luglio 2010 ore 20:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Anche l’accademia della Crusca è stata coinvolta su invito dell’Invalsi, l’Istituto nazionale di valutazione degli apprendimenti, per capire come i ragazzi della nostra scuola superiore usano la lingua italiana scritta.  A questo scopo sono stati presi dei campioni dei temi elaborati dai maturandi nella scorsa edizione degli esami di stato e vagliati dagli esperti che ne hanno tratto un  risultato del tutto sconfortante, anzi sembra proprio che siamo di fronte a una sorta di Caporetto dell’italiano.
Praticamente sembra che più della metà degli elaborati dello scorso anno non raggiungano nemmeno la sufficienza e siccome lo studio condotto è scientifico possiamo togliere senza dubbio il condizionale e dire che i loro scritti  “sono” del tutto insufficienti.
Qualche osservatore piluccoso ha immaginato cosa ne avrebbe pensato Dante e in quale girone, se avesse assistito o coretto quei temi, avrebbe collocato i ragazzi, compreso certamente qualche professore, ma senza dimenticare di lasciare un posticino pure per i responsabili più alti del Miur che invece di investire sulla scuola tolgono risolse.
Gli elaborati esaminati sono stati 545, tenendo conto delle tre tipologie di percorsi degli studi superiori: licei, tecnici e professionali, mentre quattro sono state le competenze dove si è concentrata la valutazione: competenza testuale, competenza grammaticale, competenza lessicale-semantica e competenza ideativa. 
Ogni accademico della Crusca ha avuto in consegna una cinquantina di temi da giudicare, e per ognuno di essi una scheda di valutazione da compilare. Lo stesso elaborato è stato affidato a due correttori i quali hanno agito in maniera del tutto autonoma ed indipendente tra di loro. Tutto questo per rendere il più possibile oggettiva una verifica mai tentata nel nostro sistema di istruzione, con l’obiettivo, pensiamo, di porre rimedi  piuttosto che di lanciare accuse che poi, pensandoci bene, sono esiziali soprattutto per chi ha le responsabilità delle politiche scolastiche.
Nel dettaglio i risultati usciti da queste urne lessicali sono stati i seguenti: il 58% delle prove per la competenza testuale, il 54,1% delle prove per la competenza grammaticale, il 63,2% delle prove per la competenza lessicale-semantica, il 58,9% delle prove per la competenza ideativa sono tutti risultati insufficienti. Anche i licei nell’occhio del ciclone che, sebbene siano risultati migliori rispetto ai tecnici e ai professionali (non si dimentichi però che l’italiano per i licei è una materia di indirizzo), dimostrano una padronanza della lingua italiana molto bassa se non bassissima  e forse pure scadente. Dai temi dei  liceali è risultato infatti che il 33,8% degli scritti  è insufficiente.  Ma non finiscono qui le sorprese perché subito dopo sono state fatte le comparazioni con i giudizi delle commissioni di esame, con  la valutazione cioè che ne hanno dato i professori a conclusione della loro correzione, sempre relativa all’anno scorso. Ed ecco la sorpresa: in pratica gli stessi compiti giudicati del tutto insufficienti dagli accademici della Crusca sono stati invece valutati positivamente dai professori, tranne un 12,6% il cui giudizio appare similare. “Nel giudizio dei correttori, dopo almeno 13 anni di scuola, la gran parte degli allievi frequentanti gli istituti tecnici, che pure sotto altri profili si dimostrano buone scuole, non raggiunge un livello sufficiente di padronanza della lingua italiana”: questo il commento che si legge nel Rapporto, insieme all’invito a “recuperare nella istruzione secondaria superiore lo studio della grammatica che spesso si esaurisce nella media.”  Significativo il commento della preside Elena Ugolini, del consiglio di indirizzo dell’Invalsi: “Dopo 13 anni di scuola ci troviamo davanti a ragazzi di un’estrema povertà dal punto di vista linguistico. La mia rabbia è constatare che non siamo riusciti a insegnare loro a scrivere”.  Certo i nostri ragazzi sanno parlare, anche troppo, sanno mandare sms, usare le tecnologie più sofisticate (almeno chi ne dispone), magari sognare un confessionale nel Grande fratello, ma di scrivere proprio non  hanno competenza. Non sarà che la comunicazione del nuovo millennio esiga non già la scrittura ma la parola al vento, quella che si disperde nell’effimero come una voce tra le valli della incertezza?
PASQUALE ALMIRANTE


Pasquale Almirante
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