Lettera aperta all'onorevole Gelmini
Data: Lunedì, 05 luglio 2010 ore 07:41:42 CEST Argomento: Rassegna stampa
Onorevole
Ministro, sono una docente a tempo indeterminato di una Scuola
Secondaria di 1° grado, quest’anno incaricata come Presidente di
commissione agli Esami di Stato conclusivi del primo ciclo di
Istruzione. Voglio condividere con Lei alcune riflessioni, derivanti
dalla mia esperienza personale e da tante affermazioni ascoltate da
colleghi dell’Istituto Comprensivo in cui lavoro e di quello in cui ho
presieduto gli esami.
Vorrei parlarLe di tanti aspetti della nostra Scuola, dal suo livello
generale ai programmi (ad esempio di Storia), dal monte ore alla
formazione delle cattedre, ma sono convinta che affrontare tanti temi
significa spesso non svilupparne adeguatamente alcuno, per cui mi
limito a quello che in questo momento mi preme maggiormente, ovvero la
VALUTAZIONE. (da Il Messaggero)
Intanto quella finale: Le chiedo, in maniera estremamente diretta, non
è fondamentalmente ipocrita scrivere “Sex” in pagella, anche quando
permangono insufficienze, per poi dover precisare sulla scheda di
valutazione o su un allegato che in realtà quel voto non è veritiero,
ma al contrario permangono lacune e gli obiettivi previsti per la
disciplina non sono stati raggiunti e le relative competenze non sono
adeguatamente conseguite? È vero che viviamo in una società in cui
l’immagine ha un peso preponderante e in cui spesso l’apparire è molto
più importante dell’essere, ma siamo adulti, educatori, professionisti
e non credo che il nostro comportamento debba sostenere questa
superiorità della forma rispetto al contenuto. Ritengo che sarebbe
molto più onesto scrivere 5 o anche 4 nella valutazione, ferma restando
la possibilità che i Docenti del Consiglio di Classe deliberino
comunque l’ammissione alla classe successiva o al’Esame di Stato. La
stessa cosa si può dire a riguardo della “Certificazione delle
competenze” al termine della Secondaria di 1° grado.
E per finire (non perché non ci sarebbe molto altro da dire ma perché
ritengo che in una lettera come questa la brevità sia indispensabile):
la valutazione finale all’Esame di Stato. Concordo pienamente sulla
necessità di essere seri, rigorosi, obiettivi ed oggettivi, ma quello
che quest’anno ci è stato concretamente richiesto credo vada oltre ed
è, a mio avviso, più identificabile con la rigidità, che non reputo
positiva. Al di là di tanti amari sfoghi dei colleghi del tipo: “Non
avrei mai creduto, ormai a fine carriera, di dover valutare con la
calcolatrice!”, voglio sottoporLe il caso concreto di un’alunna
candidata d’esame:
giudizio di ammissione: 10
prova scritta di Italiano: 10
prova scritta di inglese: 9
prova scritta di francese: 9,50 poi arrotondato a 10 per effetto delle
disposizioni vigenti
prova scritta di matematica: 10
prova nazionale I.N.VAL.SI.: 7
colloquio: 10
Totale: 66
Come Lei sa benissimo, per conseguire 10/10 come voto di uscita occorre
“totalizzare” almeno 66,50 (mi sento più giocatrice d’azzardo che non
insegnante!). Per forza la candidata è stata licenziata con una
valutazione di 9/10 che è la risultante matematica delle prove ma certo
non quella che meriterebbe, in considerazione anche del percorso
triennale nella Scuola secondaria di 1° grado.
Mi chiedo e Le chiedo: è giusto che un Team Docente, che conosce i
ragazzi da 3 anni e li ha seguiti in tutto il loro percorso di
maturazione umana e scolastica, non abbia la discrezionalità di
determinare un voto d’uscita all’esame di Stato con un minimo di
flessibilità? Nel caso concreto riportato sopra, si tratterebbe di 0,5
su 70 punti potenziali!
Vorrei inoltre evidenziare il fatto che solo in data 20 maggio è stato
comunicato alle Scuole (C.M. 49) che “All’esito dell’esame di Stato
concorrono gli esiti delle prove scritte e orali, ivi compresa la prova
nazionale INVALSI”, (fino alla scorso a.s. non era così, ma se le
Scuole fossero state avvertite prima si sarebbero potute attivare per
rendere gli alunni più preparati a questa tipologia di prova), che la
nota 2272 relativa all’Esame stesso è del 17 giugno (a esame già
iniziato) e che la successiva precisazione è pervenuta alle Istituzioni
Scolastiche tra il 23 e il 24 giugno (in prossimità dello scrutinio
finale); cito inoltre ciò che la stessa C.M. 49 dice a proposito della
valutazione finale:
“Sarà perciò cura precipua della Commissione e delle Sottocommissioni
d’esame, e della professionalità dei loro componenti, far sì che il
voto conclusivo sia il frutto meditato di una valutazione collegiale
delle diverse prove e del complessivo percorso scolastico dei giovani
candidati. Si cercherà così di evitare possibili appiattimenti, che
rischierebbero di penalizzare potenziali “eccellenze” e di evidenziare
i punti di forza nella preparazione dei candidati anche in funzione
orientativa rispetto al proseguimento degli studi.”
Non voglio citare anche ciò che dicevano i Programmi della Scuola Media
del 1979 su cui mi sono formata perché potrebbero essere definiti
“preistoria” e tralascio anche la Legge 53/2003 ed i relativi Decreti
(ricordo solo i fondamentali concetti di individualizzazione e
personalizzazione) per citare la Normativa più recente e attualmente in
vigore, ovvero le Indicazioni Nazionali del 2007:
“Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla
persona che apprende, con l'originalità del suo percorso individuale e
le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia
e agli ambiti sociali. La definizione e la realizzazione delle
strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della
singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata
identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle
varie fasi di sviluppo e di formazione.
Lo studente è posto al centro dell'azione educativa in tutti i suoi
aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici,
spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno
pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per
individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano
precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di
significato.”
Come si conciliano tali affermazioni con una valutazione puramente
sommativa, che deve necessariamente ricorrere all’uso di una
calcolatrice? La lascio con questa domanda, che probabilmente non avrà
risposta, ma in coscienza non ho potuto fare a meno di scrivere, per
dar voce alle perplessità mie e di tanti colleghi… L’espressione forse
più sentita nei giorni di esame, al di là delle formule di rito, è
stata sicuramente: “Dura Lex, sed Lex!”. Che tristezza! Mi sento
defraudata di un diritto, come persona, come educatore, come
professionista della Scuola, che nonostante tutto amo e in cui vorrei
ancora credere.
Lettera firmata
redazione@aetnanet.org
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