La “vecchietta” solo a scuola … ma ..“ senza rughe nel cervello”
Data: Lunedì, 28 giugno 2010 ore 13:10:49 CEST
Argomento: Opinioni


Gentile Preside,
le scrivo per manifestare il mio disappunto in merito all'articolo
del preside Adernò pubblicato sulla letterina Asasi del 24 giugno dal
titolo, a mio giudizio, poco rispettoso "La vecchietta dove la metto?
In pensione a 65 anni"
Non posso accettare che si parli di donne che a 65 anni sono colpite
da "acciacchi fisici e dolori reumatici" "stanche per la conduzione
della vita familiare" e "prive di entusiasmo" e cosa ancora più grave
"incapaci di guidare gli studenti nel mondo telematico". Le sessantenni
di oggi sono ben lontane da questa descrizione e quindi mi sento di
rispondere all'articolo in oggetto con una frase presa a prestito da
Rita Levi Montalcini "Il cervello non ha le rughe"
Cordiali saluti
prof.ssa Giusi Ferlito
referente Pari Opportunità



 In risposta alla risentita replica della prof.ssa Giusi Ferlito  sento il dovere di esprimere apprezzamento e stima per le eccellenti capacità didattiche, tecnologiche e telematiche  dichiarate, ma nell’economia dei numeri le percentuali  non sono poi così evidenti e sono ancora tante le insegnanti “brave” che non hanno e.mail e non usano internet.
Che il cervello non dovrebbe avere “rughe” è una prerogativa dell’homo studens”, quando viene abilitato all’esercizio della cultura, della ricerca, dell’approfondimento, e nel mondo della scuola sono tante le figure professionali  “senza rughe”: eccellenti educatori, (senza distinzione di sesso), veri “maestri di vita” modelli e testimoni di valori, ai quali è doveroso rivolgere il grazie sentito da parte dell’intera società per il bene operato, per aver “costruito” uomini e persone capaci di pensare con il cuore e con il cervello e, sviluppando abilità e competenze, hanno sviluppato a scuola una “personalità” che completa quella “maturità” che un tempo era indicativa di un traguardo al termine cursus studiorum
La considerazione espressa nell’articolo : “La vecchietta dove la metto? In pensione a 65 anni"  era indirizzata a sottolineare la formula dell’obbligatorietà imposta dall’alto nel costringere quanti avevano programmato la loro vita nella scansione temporale di porre fine al servizio attivo nella scuola al termine dei 60 anni, si trovano adesso “ costrette”  a restare in servizio e proprio perché  “forzate” c’è il rischio di non poter dare alla scuola, ai ragazzi, il meglio di se stesse.
Tutto il rispetto, quindi, per coloro che desiderano continuare a dare alla scuola l’amore ed il servizio di sempre.  “Si va in pensione  da  un ufficio e non da un amore “, e sarebbe altresì gradita la presenza a scuola di docenti in pensione che continuano ad aiutare la quotidianità scolastica.
Il reclamare per coloro che operano nella scuola il riconoscimento di “professione usurante”  potrebbe far acquisire anche ulteriori benefici  ed il riconoscimento di “diritti” ancora disattesi.
L’aver evidenziato nell’articolo con grande stima e rispetto  il doppio lavoro che tante insegnanti  svolgono  a scuola e a casa , credo sia da ritenersi  meritevole di attenzione
Quel che molte insegnanti hanno fatto notare a seguito della notizia delle nuove disposizioni europee,  è che tale norma sia applicata secondo i criteri della discrezionalità personale  e non imposta  obbligatoriamente per tutti. Anche questa è da ritenersi una “pari opportunità” e nella logica del rapporto costi e benefici risulta una soluzione  più efficace  e più efficiente.

Giuseppe Adernò
Istituto “G.Parini” Catania







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