La vecchietta dove la metto? In pensione a 65 anni
Data: Lunedì, 21 giugno 2010 ore 08:00:00 CEST Argomento: Redazione
Le recenti
disposizioni circa i limiti dell’età pensionabile per i dipendenti
dello Stato ha creato non pochi malcontenti nel mondo della scuola,
dove la figura femminile è prevalente.
Prolungare il servizio fino a 65 anni dei termini per la pensione anche
per le donne ancorché lo imponga una disposizione europea, si ritiene
che la norma non dovrebbe coinvolgere il mondo della scuola, anche se
gli operatori sono “dipendenti statali”.
La funzione docente è, infatti, una della “professioni logoranti” e
quindi avrebbe diritto a beneficiare di particolari attenzioni, ed il
termine dei 65 anni di età per la conclusione del lavoro attivo non
dovrebbe avere valore prescrittivo, ma solo indicativo e di indirizzo,
a seconda della tipologia, delle condizioni di salute, del rendimento,
del gradimento personale e condiviso dalla Comunità scolastica.
Sarebbe infatti auspicabile che coloro i quali intendono restare in
servizio a scuola non si sentano costrette a rimanere facendo pesare
tale disagio personale sugli studenti, i quali hanno diritto ad avere
una docente capace di rispondere alle loro esigenze, di guidarli anche
nel mondo telematico di internet, di aiutarli a leggere il mondo con
occhi nuovi, alla luce dei valori della storia e della cultura, una
docente che sappia utilizzare i codici linguistici delle nuove
grammatiche, del lessico contratto e simbolico dei giovani e,
capendoli, li potrà meglio guidare ed indirizzare verso “i sentieri
della cultura che salva”.
La scuola non è un ufficio di carte o di disbrigo pratiche, ma una
luogo di educazione e di formazione delle persone e non può essere
gestito da persone stanche o disamorate, che vivono con disagio la
relazione con gli studenti e nel riproporre il modello di scuola di un
tempo, oggi inadeguato ed improprio, manifestano e trasmettono sfiducia
e disamore.
Le insegnanti, coniugate e mamme sono lavoratrici al doppio degli oneri
di responsabilità e di fatica, dovendo provvedere alla conduzione della
casa e rispettare gli impegni ed i doveri di scuola, che non solo
quelli delle ore di insegnamento, ma anche e soprattutto quelle
connesse alla preparazione delle lezioni, alla correzione dei compiti,
alla valutazione e alle attività collegiali: riunioni, consigli di
classe, incontri di programmazione, corsi di formazione, collegi dei
docenti, ed esami.
Quando si lavora nelle classi - ed oggi non sono tutte facili e
serene,- spesso sono numerose e scomposte , aggregate non sempre per
fasce di livello,occorre uno spirito, una forza, una capacità di
interazione, e perché no, un entusiasmo ed una motivazione particolare
al fine di risolvere questioni e problemi di vita scolastica
quotidiana. Si registra spesso che con il passare degli anni, con la
routine ordinaria che ripropone le medesime strutture organizzative ed
operative può capitare che ci si stanchi e quindi lo smalto della
vivacità professionale vien meno.
Quando dovesse capitare e già i primi sintomi sono evidenti in alcuni
corsi che i genitori non vogliono scegliere, conoscendo che da tempo in
quel corso insegna la tal docente “anziana” e, anche se brava, ragiona
all’antica e non sa interagire con gli studenti, cosa si può fare ?
Come si potranno utilizzare delle risorse culturali, non spendibili
nella quotidianità didattica? Se poi si aggiungono nel tempo gli
acciacchi fisici, i dolori reumatici e di altro genere, le
responsabilità e la stanchezza per la conduzione della vita familiare,
le difficoltà aumentano e rendono la scuola sempre più ingestibile. Ciò
nonostante gli obiettivi di qualità dell’istruzione da raggiungere
restano invariati e gli esiti finali fanno la differenza.
La scuola per la sua tipologia di vivacità e di relazioni umane ha
bisogno di forze sempre fresche, di giovani docenti entusiasti del loro
lavoro, capaci di far nascere e tenere alta la motivazione allo studio
e di trasmettere delle abilità e competenze da acquisire anche
attraverso l’imparare vedendo fare.
Ci pensino i governanti che scrivono leggi universali, che nella
pratica non reggono e la cui applicazione risulta più dannosa delle
somme che ritengono di risparmiare.
Giuseppe Adernò
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