Scuola: si torna al dopoguerra, tra pluriclassi e liste di attesa
Data: Lunedì, 31 maggio 2010 ore 22:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Dopo la giornata di mobilitazione dei parlamentari in tutta Italia, bollettino di guerra per il mondo dell'istruzione: i tagli consegnano un'emergenza continua che l'intollerabile propaganda del governo vuole nascondere a ogni costo

Con i tagli del governo “torniamo alla povera scuola del dopoguerra, dove un maestro unico dovrà occuparsi dell’istruzione di una classe in cui stanno fino a 30 bambini, con poco sostegno per le condizioni di disabilità, senza bidelli per accompagnarli in bagno o dare da mangiare. Intollerabile sentire la propaganda del Governo e della maggioranza che si ostina a parlare di tagli agli sprechi e di riforme che porteranno la qualità nel nostro sistema scolastico”. E’ quanto dichiara Francesca Puglisi, Responsabile Scuola della Segreteria Nazionale del Partito Democratico, a chiusura della giornata di mobilitazione del Pd a sostegno della scuola.

“La verità – continua Puglisi - è che la nostra scuola torna indietro di almeno 60 anni e si allontana velocemente dall’Europa che chiede al nostro Paese di dimezzare i tassi di dispersione scolastica e di triplicare il numero di laureati entro il 2020. E’ davvero triste in queste ore in cui la manovra colpirà nuovamente i lavoratori della scuola, non sentire proferire verbo da parte della Gelmini, per difendere la delega che Le è stata assegnata. Neppure il più sprovveduto assessore del più sperduto comunello, si comporterebbe così”.

I parlamentari hanno visitato centinaia di istituti, da nord a sud del Paese, partecipando ad assemblee pubbliche e volantinaggi da Bari a Torino, Milano, Cremona, passando per Roma e raccogliendo segnalazioni e denunce dei dissesti causati dai tagli del Governo alla scuola pubblica.

Alcune situazioni rilevate diventeranno anche oggetto di interrogazioni parlamentari, come quella segnalata da Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in VII Commissione alla Camera, sulla chiusura a Carpi, noto distretto modenese del tessile, dell’indirizzo moda dell’istituto professionale. Non si prepareranno più stilisti creativi, ma figure da inserire nel processo produttivo: peccato che nel frattempo la produzione sia stata decentrata nell’est europeo, mentre è di professionalità alte che le industrie locali hanno bisogno.

A Palermo una delegazione, composta dai deputati Alessandra Siragusa e Tonino Russo e dal consigliere dell’Assemblea Regionale Bernardo Mattarella, ha raccolto la situazione “esplosiva dell’edilizia scolastica”. Nella scuola secondaria di primo grado Cesareo è dal 1974 che non si effettuano manutenzioni agli infissi in ferro e i vetri delle finestre, ormai deteriorati, rischiano di esplodere addosso ai ragazzi.

In Toscana tredici parlamentari hanno visitato 25 istituti scolastici della regione. Una trentina gli incontri con comitati dei genitori, rappresentanti sindacali, dirigenti scolastici, studenti ed amministratori locali nell'ambito della mobilitazione nazionale.

Negli Istituti professionali, i più penalizzati dal cosiddetto riordino della Gelmini, tant’è vero che le iscrizioni al prossimo anno sono crollate, macchinari costati anche parecchie centinaia di migliaia di euro, rischiano di restare inutilizzati a causa del taglio netto delle ore di laboratorio e degli insegnanti tecnico pratici.

I parlamentari sono andati nelle scuole delle principali città ma anche nei piccoli centri dove sono a rischio chiusura interi plessi scolastici e dove stanno crescendo in modo esponenziale le pluriclassi.

I tagli del governo consegnano un'emergenza continua: classi strapiene di alunni, organici insufficienti, taglio drastico del tempo pieno e delle attività extracurriculari, istituti strutturalmente a rischio, gravissime preoccupazioni sotto il profilo dell'edilizia e molto altro ancora.

Aumentano in tutt’Italia le liste d’attesa nelle scuole dell’infanzia, poiché il Ministero non concede agli enti locali gli insegnanti per aprire nuove sezioni. La distribuzione dei docenti, infine, è centralizzata e non tiene conto delle reali esigenze delle autonomie scolastiche mentre occorrerebbe seguire un criterio opposto e svincolare dalla burocrazia ministeriale l’assegnazione dei docenti che, per legge, andrebbe attribuita alle regioni.







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