SODDISFAZIONE DEL VICECOORDINATORE NAZIONALE DELLA FGU PER LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO SULLA VALUTAZIONE DEL CREDITO SCOLASTICO
Data: Mercoledì, 12 maggio 2010 ore 21:27:12 CEST
Argomento: Opinioni


Ancora un pronunciamento del Consiglio di Stato e ancora una volta a favore della dignità culturale dell’insegnamento della religione cattolica. E’ questa la conclusione cui si arriva dopo la sentenza n.7324 del Consiglio di Stato del 7 maggio scorso, che accoglie il ricorso presentato dal Ministero della Pubblica Istruzione avverso un gruppo di associazioni che avevano chiesto l’esclusione dell’insegnamento della religione dalla valutazione del credito scolastico.
“E’ una sentenza, afferma il prof. Orazio Ruscica, segretario nazionale dello Snadir e vice coordinatore nazionale della Federazione Gilda-Unams, che accogliamo con soddisfazione perché conferma le tesi che da sempre abbiamo sostenuto, e cioè che è oggettivamente infondata la prospettiva, spesso pregiudiziale, di chi confonde la catechesi parrocchiale con l’insegnamento scolastico della religione: quest’ultimo non attiene alla fede individuale né ha lo scopo di generarla. E’ un insegnamento che lo Stato garantisce a tutti coloro che non vogliono restare in una condizione di analfabetismo circa i fatti e i “significati” religiosi che sono iscritti nelle categorie storiche della nostra Nazione, radici che hanno apportato contributi determinanti nell’edificazione della vita pubblica, a partire da quelli accolti e protetti nella Costituzione italiana”
La sentenza del Consiglio di Stato prende le mosse dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n.203/1989 e n.13/1991), che ha più volte ribadito che l’insegnamento della religione
cattolica è legittimato nelle scuole della Repubblica italiana a seguito delle nuove norme dichiarate all’art.9, numero 2 delle legge 121/1985. Tale disposizione si compone di tre proposizioni. La prima afferma che “la Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”. La seconda specifica che “nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento”. La terza prevede che “all’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”.
Purtroppo, nonostante i reiterati pronunciamenti del Consiglio di Stato, scattano periodicamente e in modo puntuale le stesse questioni che hanno più il sapore di una controversia pregiudiziale nei riguardi dell’insegnamento della religione che di una vera problematica costituzionale. Oramai, infatti, è cosa assodata che la presenza dell’insegnamento della religione è rispettosa della laicità dello Stato e che la disciplina ha una sua valenza curricolare importante, ecco perché la nuova sentenza del Consiglio di Stato del 7 maggio scorso ribadisce che tale insegnamento è facoltativo nella scelta, ma obbligatorio nella sua collocazione curriculare. In pratica, l’esercizio del diritto di avvalersene crea l’obbligo di frequentare l’insegnamento della religione: “Nasce cioè l’obbligo scolastico di seguirlo, ed è allora ragionevole che il titolare di quell’ insegnamento (…) possa partecipare alla valutazione sull’adempimento scolastico”.
“Il dato importante da rilevare – prosegue il prof. Ruscica – è che il Consiglio di Stato si pone nell’ottica della valorizzazione del lavoro degli studenti che si avvalgono dell’insegnamento della religione, che sono la maggioranza, è bene precisarlo, e di riflesso anche del lavoro di coloro che seguono materie alternative o lo studio individuale assistito. Chi ha infatti lavorato, chi si è impegnato durante le lezioni di religione, o di attività alternative, ha il diritto di essere valutato con l’indicazione del profitto che ne è stato tratto. Se così non fosse, verrebbe meno sia quel principio della valutazione di tutta l’attività scolastica svolta da ogni studente, sia il diritto dello studente a vedersi riconosciuta la valutazione dell’insegnamento della religione liberamente scelto nell’esercizio di un diritto costituzionale”.
Insomma, è una sentenza che non discrimina né favorisce chi non segue l’insegnamento della religione
cattolica, ma nello stesso tempo dichiara legittima la valutazione per l’interesse e il profitto dimostrato di chi ha deciso liberamente di seguire un percorso didattico che li porta a capire e comprendere come gli uomini abbiano vissuto il loro rapporto con l’Altro e come tutto ciò abbia lasciato un affascinante segno di presenza nella loro cultura: nella pittura, nella musica, nella letteratura, nella filosofia, nelle religioni, nel cristianesimo.

 







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