L'amore paterno
Data: Venerdì, 07 maggio 2010 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


La nuova società Cbs films debutta nella produzione cinematografica con un coinvolgente thriller medico: le avventure di una famiglia vera alle prese con la lotta per la sopravvivenza di due di loro. John e Aileen Crowley sono una giovane coppia con tre figli. John, il più grande, è sano.A Megan e Patrick,nove e otto anni è stata diagnosticata il morbo di Pompe (glicogenosi di tipo II) poco dopo la nascita. È una patologia neuromuscolare che danneggia progressivamente i muscoli di gambe, braccia e torace. Oltre all'ipotonia muscolare, causa l'ingrossamento del cuore e di altri organi, e comunemente si muore in pochi anni per insufficienza cardiaca. Poteva essere il solito film strappalacrime, di cui se ne sono visti anche troppi; ma non è così. Ci sono almeno tre temi principali che s'intrecciano con efficacia e che impediscono di subire la sensazione del «già visto». Il primo è l'ordinaria-straordinaria quotidianità famigliare, composta di un adolescente sano, due bambini su sedie a rotelle e intubati per respirare, infermiere che s'avvicendano costantemente per le cure, e la determinazione di John e Aileen (Brendan Fraser, perfetto, e l'incantevole, bravissima Keri Russell) di dare ai figli una vita normale, organizzando feste di compleanno al bowling, con palloncini e torta, e gite campestre e al mare. John Crowley è un dirigente in ascesa alla Bristol Meyers. Da radici operaie è riuscito a conquistare prima la laurea a Harvard, e poi un'ottima carriera in una delle aziende farmaceutiche internazionali più rinomate. Aileen si dedica a tempo pieno a rendere la vita di tutti la più armoniosa e serena possibile. Quando gli altri dormono, John s'immerge in letture scientifiche sui libri e navigando in Internet fino alle ore piccole. È così che scopre l'esistenza di uno scienziato, il dottor Robert Stonehill (Harrison Ford), ricercatore all'università del Nebraska, che sta facendo grandi passi avanti verso la produzione di una terapia enzimatica sostitutiva che possa, se non guarire, almeno allungare la prospettiva di vita dei colpiti dalla malattia di Pompe. Il secondo tema del film è il buddy movie: la strana coppia composta da un padre altruista, emotivo, motivato, solido negli affetti e perseverante, e da un misantropo solitario, malfidato, bisbetico, insofferente e scostumato. John prova a contattare Stonehill ma raggiungerlo con i mezzi di comunicazione moderni è impossibile. Il ricercatore ascolta musica rock a tutto volume mentre lavora, non sente il telefono e se risponde lascia cadere la linea per distrazione, senza accorgersene. Disperato e determinato, John lo bombarda di messaggi per posta elettronica ma il caratteriale scienziato è talmente solipsista e monomaniacale che non se ne cura e non risponde. Il suo mondo è il suo ombelico: divorziato due volte da donne che lo trovavano insopportabile, ama pescare, bere la birra direttamente dalla bottiglia in demotici locali della prateria, e barricarsi in laboratorio. D'impulso, John lascia una riunione e vola a stanarlo di persona, mettendo a rischio il suo posto (e l'assicurazione medica che garantisce per i figli) perché non sopporta d'accettare la propria impotenza. Il terzo tema è il thriller medico che illumina un pubblico non specializzalo, sui meccanismi intricati della ricerca medica.

 

Il tema del padre di famiglia che incassa il colpo, si rimbocca le maniche e rischia tutto perché i figli abbiano un futuro, entra sotto pelle, senza l'aiutino di scene e colonna sonora strazianti, con i soliti primi piani di bimbi sofferenti. Una scena madre tra le mura domestiche c'è: Megan (Meredith Droeger) è colpita da una polmonite violenta che rischia di portarla via definitivamente, inserita al momento giusto per ricordarci che la vita dei bambini è fragilissima. La piccola Droeger, attrice dall'età di sei anni, ha già un folto curriculum che include cinema, serie e spot tv e perfino Shakespeare a teatro. È perfettamente credibile come la piccina delicata ma spavalda e combattiva, che sfida il fratello sano a corse a piedi contro la sua carrozzella. John Junior è Sam M. Hall; è un peccato che non si è potuto sviluppare il suo personaggio. In una situazione del genere, il figlio sano ha un peso enorme da sopportare - essere trascurato come l'ultima ruota del carro. Il fatto che dipenda da una buona causa è di magrissima consolazione. Chi è passato per quella particolare discriminazione affettiva a favore di un fratello sofferente, ne sa qualcosa. È una condizione poco trattata al cinema: sarà per un'altra volta. La sceneggiatura, però, ha il compito di semplificare una vicenda complessa, e anche se sarebbe stata affascinante una radiografia più completa e penetrante delle dinamiche famigliari, non è poco averci fatto capire meglio come gira il mondo della ricerca scientifica e l'intreccio d'interessi in ballo. Il merito va diviso tra lo sceneggiatore Robert Nelson Jacobs e la reporter Premio Pulitzer del Wall Street Journal Geeta Anand, scrittrice del libro dal quale il film è tratto. Harrison Ford si è innamorato di The Cure, il cui sottotitolo è Come un padre raccolse cento milioni di dollari, lottando contro l'establishment medico per salvare i suoi figli. Ford avrebbe voluto fare Crowley, ma era troppo anziano per la parte, e s'è tuffato nel ruolo del burbero scienziato, in realtà una figura composita. Erano tre i principali ricercatori che hanno lavorato per trovare la cura. Il caratteraccio di Stonehill appartiene a Bill Canfield, dell'Università dell'Oklahoma, lo scienziato con cui Crowley decise di fondare un'azienda di biotecnologia. Si diverte moltissimo, Indiana Jones, a calarsi nella parte di un uomo assai spigoloso e pieno di fisime.

 

Gli scontri tra l'egocentrico scienziato e il generoso papà sono epici e molto divertenti. Un altro cambiamento rispetto al libro è l'età dei ragazzi e quella del padre all'epoca del racconto. Crowley era un trentenne con i due figli più piccoli ancora in fasce quando ha iniziato la sua lunga, difficile impresa. Creare una sola controparte a Crowley è stata una scelta obbligata dall'economia drammaturgica, e alzare di qualche anno l'età dei bambini malati ha permesso di rendere la storia parecchio più urgente e tesa, una corsa contro il tempo: raramente i colpiti da Pompe superano gli 8-9 anni. Fraser, noto per film avventurosi come La mummia 1 e 2, Giorgio della giungla e Viaggio al centro della terra, si è fatto apprezzare anche in film drammatici come Demoni e dei (era il giardiniere concupito dal regista di Frankenstein) e The Quiet American (era il misterioso, idealista operativo della Cia, contrapposto al cinico giornalista inglese di Michael Caine). Se prima era uno statuario oggetto del desiderio, un fusto pauroso, ora che ha superato i quaranta e messo su un po' di peso, gli calzano bene ruoli di bonaccioni facili da sottovalutare, perfetti per un carattere forgiato da un'infanzia sradicata a seguito del padre giornalista, che spostava spesso la famiglia da una città e da un paese all'altro. Forma una coppia credibile con l'adorabile Keri Russell. L'attrice californiana ha avuto successo in televisione, iniziando con Il club di Topolino della Disney e vincendo un'Emmy come migliore attrice per la serie Felicity, di cui era protagonista. Per ora l'unico ruolo in un film degno del suo talento è l'indimenticabile Jenna di Waitress - Ricette d'amore, della sfortunata Adrienne Shelley, regista e sceneggiatrice tragicamente uccisa da un operaio impazzito alla vigilia dell'uscita del film, un successo a Sundance assai meritato. È probabilmente non casuale che il primo cineasta che ha saputo mettere in risalto le complesse sfaccettature drammatiche e brillanti della Russell sia stata una donna. La carriera di Harrison Ford era talmente deludente nei primi anni che si è messo a fare il falegname e l'ebanista per mantenere la famiglia. Mentre lavorava a una ristrutturazione in casa di George Lucas, è stato scelto per un piccolo ruolo in American Graffiti, seguito da un altro in La conversazione di Francis Ford Coppola; con la parte di Han Solo nel successo planetario Guerre stellari, è «arrivato». Con Indiana Jones, la sua consacrazione a icona di sexy-burbero è completa. Blade Runner lo colloca tra gli artisti di culto, mentre l'ispettore di Witness - Il testimone di Peter Weir gli porta la prima, e per ora unica, candidatura all'Oscar. Certo che Ford avrebbe preferito avere il ruolo del nobile papà Crowley, ma vederlo tagliarsi addosso i panni dell'impossibile, maleducato e geniale Stonehill è uno spasso. Da vedere

 

 cronache di liberal

 







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