Ma il ministro lo sa qual è il lavoro del docente?
Data: Domenica, 02 maggio 2010 ore 15:28:56 CEST
Argomento: Redazione


Voglio esprimere un plauso sincero e sentito al preside Giovanni Torrisi del Boggio Lera per le iniziative che ha preso al fine di richiamare l'attenzione della pubblica opinione sulla situazione in cui versa la scuola a causa delle riforme che questo governo intende adottare e che in parte ha già adottato.
Si ha l'impressione, a sentire il ministro, che il Governo abbia una errata concezione del servizio che presta il docente, servizio che non si può computare a ore, come quello di un metalmeccanico che opera con le macchine.
La docenza è un servizio a tempo pieno qualunque sia il numero delle ore di cattedra.
Il docente ha la responsabilità di educare e istruire una classe di alunni in quattro o cinque materie, ovvero più classi in due o tre materie e il suo servizio non si limita alle ore in cui sta in classe ma a quelle che dedica alla preparazione quotidiana delle lezioni, alla correzione dei compiti, al suo aggiornamento culturale e didattico, nonché alla partecipazione ai consigli di classe o d'istituto e ai collegi dei docenti, che si tengono di pomeriggio.
Ridurre la cattedra di lettere al ginnasio da 18 a 16 ore e pretendere che il docente presti servizio per due ore in altra classe significa non capire quale è la funzione del professore. L'esempio che dà il preside Torrisi aprendo la scuola di domenica è emblematico: il ministro ne dovrebbe prendere atto , invece di contabilizzare le ore.
Bisogna dunque dare alla Scuola e alla funzione docente la configurazione che ha sempre avuto: le cattedre possono essere di 15, di 16 o di 18 ore secondo le esigenze delle varie discipline, ma questo non comporta differenza di trattamento tra i docenti.
Un personale qualificato salito in cattedra attraverso concorsi selettivi e durissimi (penso ai concorsi per i quali si richiedeva una composizione in lingua latina ovvero una traduzione dal greco in latino) non può essere mortificato a tal punto da essere equiparato ai nostri collaboratori domestici, che vengono retribuiti ad ore.
La scuola non si può amministrare con una mentalità alla Marchionne.
Le leggi dell'Economia, cui si appella il Governo, non possono essere quelle di un dirigente di azienda, perché non possono prescindere dalla Politica, intesa come servizio ai cittadini, in uno Stato peraltro la cui Carta Costituzionale recita che "la Repubblica è fondata sul lavoro".
E l'avere tolto il lavoro a migliaia di precari della Scuola non fa onore ad un governo che si considera legittimato dal voto popolare.
Ora viene la regionalizzazione dei docenti, che non solo è contro un parere del Consiglio di Stato, ma è anche in contrasto con i principi sui quali si fonda l'Europa unita, principi che prevedono la libertà di trasferimento da un luogo all'altro.

Lo dico a La Sicilia del 1 maggio 2010
R. C.





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