SCUOLA/ Israel: gli esperti che criticano la Gelmini sono mai stati in classe?
Data: Venerd́, 16 aprile 2010 ore 00:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Ha mai praticato la matematizzazione? Sa qual è la differenza tra matematica pura e applicata e si è mai chiesto se abbia senso? Conosce la storia della matematica? Chiaramente no. Egli dirà di essersi limitato a riferire una definizione dell’OCSE. Ma quando si propinano con tanta sicurezza le definizioni altrui bisogna essere in condizione di difenderle da chi, con “competenza”, le considera un ridicolo tessuto di false banalità, tipico prodotto di un triste gergo cultural-burocratico. Altrettanto dicasi della definizione di “literacy scientifica”, inutile conglomerato di tautologie o di ovvietà tanto ovvie da essere prive di senso. Cosa può fare di simili definizioni vuote un insegnante, un vero insegnante, uno che lavora sul campo, che conosce quali domande fanno gli studenti, quali problemi si pongono?

 

L’ha detto l’OCSE… E figurarsi… Non se ne può più di questa subcultura burocratica che rifà la storia della cultura a suo uso e consumo, del genere della trovata secondo cui le università medievali andrebbero prese a modello di una fucina di saperi artigianali e pratici. Come se non fossero state soprattutto grandi centri di elaborazione teorica che hanno dato un apporto alla costituzione della meccanica a partire dalla teologia e dal ripensamento di Aristotele.

 

Ci troviamo di fronte alla tipica fenomenologia che ha condotto al disastro dell’istruzione a livello europeo, come sempre più viene riconosciuto. E cioè alla presenza di una corporazione di “esperti” scolastici che, pur privi di competenze specifiche, ritengono di dettar legge in nome di una fumosa dottrina metodologica dell’“education”. È una dottrina concentrata attorno alla defatigante quanto sterile produzione di definizioni di “conoscenza”, “competenza” e “abilità”, ormai simile a una scolastica tardo-medievale che ricorda il detto «quando la storia si ripete è sempre in farsa». È il possesso di questa dottrina - ormai unica disciplina che conserva il diritto alla trasmissione cattedratica - che fa credere di essere titolati a inanellare autentiche assurdità da matita blu, come quella secondo cui «tempo, energia e misura si possono apprendere solo integrando le diverse discipline scientifiche».

COMMENTI
10/04/2010 - Avanti così (e speriamo che duri) (Guido Cariboni)

Grazie prof. Israel. Leggendo molti interventi su queste pagine la cosa più curiosa è che moltissimi, pur giustamente parlando di autonomia e sussidiarietà, considerano poi le indicazioni OCSE un totem intoccabile, quasi un "diritto naturale" piovuto dal cielo e per questo naturalmente buono. E guai a dire il contrario! Sembra che il futuro, che noi non abbiamo scelto, venga solo da lì. Mi viene il dubbio malizioso che, una volta creati degli organismi di valutazione delle competenze, questi organismi debbano in qualche modo giustificare la loro esistenza, per non apparire enti inutili. E` stupido affermare che le conoscenze diano la felicità e il senso della vita. Ma è altrettanto stupido pensare che a scuola non si debba partire da lì, dall'esperienza di altri che é giunta fino a noi, andando invece alla ricerca di aleatorie, quanto mutevoli, panacee pedagogiche.

09/04/2010 - Fermatevi e guardate alla scuola! (roberto pellegatta)

La falsa contrapposizione dei guerreggianti competenze/conoscenze serve agli uni (comp.) per lanciare nuove parole d’ordine alle quali in questi anni non è seguito nulla (nel migliore dei casi!) ed agli altri (con.) per difendere l’esistente, che nessuno deve permettersi di giudicare (lo stesso Israel su Avvenire l’altro giorno sosteneva l’impossibilità, alla fine, di valutare qualsiasi docenza). La questione, dal punto di vista di quel che si fa in classe (per chi la classe la conosce), è, in un certo senso, molto semplice: come quello che insegno aiuta un ragazzo a capire, affrontare la realtà, compresa la sua (che è fuori dall’aula). Se ben compresa, la cosa di riduce ad una risposta: a cosa serve quello che insegno? E per questo non serve né rimpiangere il 1913, né tornare a "parlare di contenuti e basta". Non posso dimenticare le risposte che nel 1998 tutti i docenti del liceo, dove prima ho insegnato e poi ho fatto il preside, hanno dato ad una richiesta, semplice e complessa ad un tempo: dire in cinque righe (da mettere nel POF per farlo capire ad alunni e genitori) per ogni materia l’utilità della stessa, lo scopo principale. Tutti risposero che lo scopo era quello di "sapere" (studiare il latino perché occorre saperlo; non si può andare all’Università senza "sapere" la biologia, la storia, ecc.). Sta tutto qui il disastro: ma perché dovrebbero sapere? Non ebbi risposte!

09/04/2010 - di arroganza in arroganza (Alessandra Anceschi)

E Lei, professor Israel, è mai stato in classe? Quelle di "trincea" che raccolgono l'humus e l'olezzo di questa nostra società, quelle che sono espressione degli ultimi dieci anni di vita di questo sciagurato paese. L'arroganza e l'attitudine allo scontro (certo non al confronto) con i quali abitualmente si espone in pubblico, farebbero pensare che, davvero, no: la scuola Lei non la conosce. Altrimenti avrebbe almeno appreso moderazione e cautela di giudizio.

RISPOSTA:

Gentile Signora, ho iniziato a insegnare a 25 anni e conosco di tutto, non soltanto l'università. È difficile fare un riassunto di tutte le esperienze che ho avuto in tanti anni, anche in tante scuole, e ho seguito le esperienze dei miei figli. Gli ultimi vanno ancora alle elementari, e in un quartiere periferico, perciò continuo a tenere il polso della situazione. Non giudichi affrettatamente. Ho delle convinzioni e le espongo senza reticenze. Capita che, a causa di questo, venga aggredito. Il mio torto, di cui non mi pento, è di non lasciarmi intimidire e di rispondere. È arroganza o voglia di scontro? Penso che metta in luce soltanto l'immensa ipocrisia di certa gente che prima aggredisce e poi, se rispondi, fa la vittima. A Napoli lo chiamano "chiagni e fotti". Vedo che mi si dice che avrei sostenuto che nessuna valutazione è possibile. Non mi sono sognato di dire una cosa simile. Ho detto un'altra cosa: che la misurazione oggettiva delle qualità è una sciocchezza, scientificamente parlando. Il che non vuol dire che non si possa valutare, ma in un modo diverso da quello con cui si misura una lunghezza o un'intensità di corrente. Dicendo questo manifesto una volontà di scontro o non è un comportamento discutibile quello di chi mi attribuisce cose che non ho detto senza darsi cura di capire il mio pensiero, oppure per pura vis polemica? Non è forse il caso di chiedersi se non ci sia qualcosa di malato nel modo in cui si "discute" in questo paese troppo rissoso? Giorgio Israel

 
09/04/2010 - Circoscrivere l'ambito del confronto (enrico maranzana)

Il dibattito generato dalle indicazioni nazionali manca di una corretta contestualizzazione, inquadramento che deriva dai vincoli posti dalla gerarchia delle norme giuridiche: le indicazioni nazionali per i licei sono sottordinate al DPR di riforma del 4/2, decreto a sua volta sottordinato alla legge 53/2003. Essenziale risulta la precisa e condivisa lettura delle finalità del sistema educativo di istruzione e formazione così enunciate: "Raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità". Per intenderci: le capacità sono qualità astratte che si manifestano nei comportamenti produttivi esibiti dagli studenti (competenze) che affrontano situazioni a loro non note. Le conoscenze sono l'occasione, l'ambito all'interno del quale i giovani conquistano progressivamente i traguardi caratterizzanti il servizio scolastico (Competenze generali elencate nel profilo; competenze specifiche disciplinari -OSA). L'orizzonte del servizio scolastico appare profondamente mutato: si dovranno ad esempio analizzare le analogie esistenti tra il procedimento risolutivo per la traduzione di un brano dal latino con quello necessario a risolvere un problema di geometria. L'analisi dei dati, la formulazione di ipotesi, il feed-back sono uno spazio di condividere delle responsabilità educative. Su questo giornale, il 23/2, ho tratteggiato l'esperienza di una scuola che ha fondato la sua attività sulle vigenti disposizioni di legge.







Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-20689.html