Lauree, squilibrio domanda-offerta:mancano ingegneri ,medici,infermieri medici..
Data: Giovedì, 15 aprile 2010 ore 00:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Mentre la disoccupazione giovanile cresce, ci sono aziende che cercano laureati introvabili. Quali le figure carenti sul mercato? In testa ci sono gli infermieri, i fisioterapisti e gli addetti alla meccanica e all’elettronica», la denuncia è di Claudio Gentili, direttore Education di Confindustria.
«Faccio un esempio - continua Gentili - che riguarda gli ingegneri: prima della crisi ne mancavano all’appello 31mila, ora siamo scesi a quota 13mila. Significa che, nonostante il calo di richieste causato dalla congiuntura economica, gli ingegneri che escono dalle nostre facoltà sono ancora pochi e non soddisfano le necessità del mercato. Pochi mesi fa avevamo lanciato un appello sulle carenze numeriche dei diplomati nel settore meccanico ed elettronico, che ha 76mila posti scoperti».

Che cosa sta accedendo? Ci sono gravi carenze di programmazione. «Ecco perché - sottolinea l’esperto di Confindustria - in Italia sono più penalizzati i giovani, con percentuali di disoccupazione che hanno toccato il 28%, mentre per gli adulti la disoccupazione si mantiene sotto l’8% (tanto che stiamo meglio di altri Paesi europei, che hanno la media del 9%)».

«Dovremmo migliorare le politiche di orientamento e la programmazione delle lauree - ammette Franco Cuccurullo, rettore di Chieti e presidente del Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario - In medicina, per esempio, nel prossimo quinquennio mancheranno laureati: per motivi anagrafici ci sarà l’uscita di interi contingenti. Negli Anni Settanta c’era stato il boom di iscrizioni, poi, per non creare medici disoccupati, abbiamo istituito il numero programmato. Ma dal prossimo anno il ministero dovrà rivedere le “quote” e aumentare il numero delle matricole». Diversamente, dovremo importare medici dai Paesi stranieri, come già accade in Gran Bretagna.

L’ultimo Rapporto di Almalaurea, il Consorzio di 60 università, pochi giorni fa ha reso noti i dati raccolti tra 210mila giovani. A un anno dal conseguimento del titolo le cifre sono preoccupanti: tra i laureati triennali la disoccupazione è passata dal 16,5 al 22%; tra coloro i quali hanno il titolo “magistrale” il balzo è stato dal 14 al 21% e tra gli specialistici a ciclo unico (medici, architetti, veterinari, ecc.) l’incremento è stato dal 9 al 15%. Secondo Almalaurea “le difficoltà di assorbimento nel mercato del lavoro” riguardano un po’ tutti i settori.
Ma quali sono le lauree che più di altre potrebbero dare lavoro? «In testa le lauree del settore sanitario e ingegneristico, oltre a quello economico-statistico - spiega ancora Gentili della Confindustria - In particolare sono appetibili le lauree medico-sanitarie, a cominciare dal ramo infermieristico: dalla fisioterapia alle tecniche legate alla medicina. Qualche cifra: nel 2009 erano previste dalle aziende sanitarie 4.480 assunzioni di infermieri, ma non c’erano abbastanza laureati in infermeria, ne mancavano 2.670, pari al 59,6% degli addetti di cui c’era richiesta. Stessa situazione per la fisioterapia, che registra una difficoltà di reperimento del 43,7%; percentuale che passa al 37,7% per i progettisti metalmeccanici; al 37,7% per i progettisti di elettronica. Scarseggiano anche i farmacisti, la cui difficoltà di reperimento è del 34,6%».

«Sì, le difficoltà ci sono - afferma Vincenzo Milanesi, rettore di Padova e coordinatore di Aquis, l’associazione degli atenei di qualità - Per aiutare i giovani occorre migliorare la comunicazione tra il mondo del lavoro e quello della formazione. Certo, nel settore scientifico e tecnologico abbiamo bisogno di più laureati, non possiamo continuare a incrementare lauree “deboli” che non danno occupazione, né gli atenei possono reclutare matricole con il criterio di fare cassa o colmare buchi di bilancio, senza preoccuparsi degli esiti. Dobbiamo, invece, ridurre la dispersione, che oggi è feroce, e evitare di sfornare laureati costretti poi a lavori distanti da quelli per cui si sono preparati».

Ma chi ha una laurea in tasca e non trova lavoro, come può tutelarsi? Secondo la Confindustria i giovani dovrebbero abbandonare ogni forma di scetticismo nei confronti dei contratti a progetto: «Arricchiscono il curriculum, è accertato che chi ha già alle spalle un lavoro “flessibile” - sottolinea ancora Gentili - più facilmente trova lavoro stabile».

Però l’Italia è afflitta anche da un altro problema: la denatalità è un male cronico e da oltre un decennio abbiamo pochi giovani, con conseguenze negative nella società e nel lavoro. Tutti gli analisti dicono che il “nostro capitale umano è scarso”: la popolazione giovanile è dimezzata, nell’85 avevamo 9 milioni di giovani, ora ne abbiamo 6, significa che in vent’anni abbiamo perduto 3 milioni di giovani. E dei giovani che abbiamo molti, troppi, sono usciti dal circuito della formazione. Come dicono gli spagnoli, allarmati dalla generazione del “ni” e “ni”, quella generazione che non studia e non lavora, c’è chi si perde per strada.

da www.ilmessaggero.it







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