I compiti degli americani? Li correggono in India
Data: Martedì, 13 aprile 2010 ore 09:10:22 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Delocalizzare la correzione dei compiti. Dove, se non negli Stati Uniti, poteva nascere un’idea del genere? E attecchire a tal punto che alla Scuola di Amministrazione del West Hills Community College di Coalinga, in California, la preside ha dovuto mettere un limite: si possono «esternalizzare» non più di tre esercitazioni su cinque per ogni materia. (da La Stampa)

Perché, informati che avrebbero potuto scaricare su ignoti cottimisti dell’Estremo Oriente il gravoso compito di leggere, correggere e valutare i lavori dei loro studenti, gli insegnanti avevano colto al volo l’occasione e, pattuiti i criteri, delegato tutto il lavoro. La preside non ha trovato da ridire sul metodo, ma sui costi: 12 dollari a tesina è sicuramente un prezzo vantaggioso, ma moltiplicato per migliaia di «pezzi» creava una voragine nei bilanci.
I principi del taylorismo
Che l’outsourcing, accoppiato al taylorismo, aggredisse anche il cuore dell’insegnamento, era chiaramente solo questione di tempo. Il più lesto è stato l’istituto EduMerty, creato in Virginia da due pedagoghi e un consulente tecnologico, che si sono assegnati la «mission» di iniettare i principi della «scienza dell’apprendere» nell’«arte di insegnare». E, applicando quei principi del taylorismo che le stesse università insegnano, hanno prima analizzato le caratteristiche della mansione da svolgere, poi creato il prototipo del lavoratore adatto, quindi selezionato e formato quello ideale. A quel punto sono passati ai principi dell’outsourcing - far fare agli altri ciò che fanno meglio di noi, e pagarli meno in modo da ridurre i costi - e poi a quelli dell’«offshoring», individuando i lavoratori più adatti nei laureati dell’Estremo Oriente: India, Malesia, Singapore. Che parlano inglese, sono meticolosi e docili alla formazione, e si accontentano di pochi dollari. Soprattutto le laureate-madri in cerca di un lavoro da svolgere in casa, mentre accudiscono i figli.
L’addestramento
Lori Whisentant, che insegna diritto economico all’Università di Houston in Texas, ha raccontato la sua esperienza alla rivista di settore «Chronicle of Higher Education»: ha spedito a EduMerty il piano di studi, i libri di testo, un manuale di correzione dei compiti scolastici e qualche testo per una prova. EduMerty, che fa solo il mediatore, ha inoltrato il tutto ai referenti asiatici. Il primo test è stato deludente: «Non erano andati abbastanza in profondità e avevano scritto i giudizi in modo troppo formale». Allora ha mandato un paio di lavori corretti da lei, e le asiatiche hanno applicato il modello, con soddisfazione delle americane. Che adesso promettono di dedicarsi con più slancio all’insegnamento e ai colloqui a tu-per-tu.
Dubbi e perplessità
Ma, tornando ai principi dell’outsourcing, la correzione dei compiti non è un’attività strategica per l’impresa-scuola? Il core-business, per dirla come i professori di quelle Scuole di Amministrazione Aziendale che sono i più entusiasti del metodo? Così, ad esempio, la pensa la presidente dell’Associazione docenti di inglese degli Stati Uniti, Marilyn Valentino, che al «Chronicle» ha espresso tutti i suoi dubbi: «Per un buon insegnamento occorre il contatto diretto con gli studenti: correggere i loro scritti e dare i voti è parte integrante dei nostri doveri». Poi, c’è la questione di tutto quel denaro che se ne va all’estero: «Non sarebbe meglio investirlo nell’assunzione di nuovo personale per le nostre aule?». Infine, la questione più scottante: «Non finirà che più nessun professore leggerà una riga di quei compiti che non aveva nessuna voglia di correggere?».








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