La matematica come linguaggio creativo
Data: Mercoledì, 07 aprile 2010 ore 08:38:41 CEST
Argomento: Redazione


Si parla di contenuti in quanto ci si riferisce a concetti basilari ed alle loro proposizioni evidenti denominate “assiomi”. In quest’ottica, lo studio della matematica fa un continuo riferimento alle proprietà intuitive dei concetti basilari.   Esattamente  a causa di questa particolare proprietà intuitiva che la natura della matematica sembra avvicinarsi più ad una facoltà “creativa” dell’intelletto che ad altro.

Tecla Squillaci



 Per anni si è  prospettato lo studio della matematica come ciò che più di ogni altro dia certezze a chi si avvicini ad esso. La connotazione di “scienza esatta” deriva dalla stessa condizione ontologica della matematica, dal rapporto implicito che esiste tra i valori posti seguendo il modello assiomatico –contenutistico di Euclide.
Si parla di contenuti in quanto ci si riferisce a concetti basilari ed alle loro proposizioni evidenti denominate “assiomi”. In quest’ottica, lo studio della matematica fa un continuo riferimento alle proprietà intuitive dei concetti basilari.   Esattamente  a causa di questa particolare proprietà intuitiva che la natura della matematica sembra avvicinarsi più ad una facoltà “creativa” dell’intelletto che ad altro.
Se consideriamo le cose da un punto di vista prettamente didattico,infatti, il “problema matematico” ha anzitutto una dimensione psicologica: non scaturisce infatti da dati naturali ma si pone nel momento stesso in cui la mente, usando il pensiero divergente, ricerca i mezzi stessi per superarlo. In questo senso la logica acquista il valore aggiunto di capacità di orientare, ordinare il pensiero allo scopo di risolvere i problemi, ciò che in altri termini è chiamato “ problem solving” con un significato molto ampio.
La natura della matematica assume  qui un significato affine a quello usato nella costruzione del sillogismo formale. Come in esso, infatti, è possibile stabilire se un enunciato sia vero o falso secondo le premesse date. Gli studi di logici e matematici come Frege, Cantor, Lukasiewicz e Boole, che sicuramente chi insegna matematica conosce a menadito, servirono, infatti, ad indicare dal punto di vista cognitivo come il “problema” non scaturisca da un mero fatto naturale ma da una interna ratio. Le evidenze matematiche, più che verità assolute,  secondo Frege,  sono formate da concetti ed oggetti in cui questi due termini stanno alla matematica come i nomi ed i loro predicati stanno al linguaggio.
Con la nascita della geometria non euclidea, verso la metà dell’Ottocento grazie soprattutto a Riemann, si scoprì  come il sistema geometrico euclideo non potesse essere considerato come unico ideale formale del sapere. Inizialmente, Riemann provò come la validità del 5° postulato di Euclide fosse relativa. Secondo questo teorema, infatti, data una retta su un piano e un punto esterno ad essa per quel punto passa una sola retta parallela alla retta data. Riemann dimostrò che dalla negazione del suddetto teorema non scaturivano conclusioni assurde, anzi! Scaturivano ,infatti, altre geometrie del tutto coerenti alla loro interna ratio anche se diverse da quella euclidea. La negazione della validità assoluta del convenzionalismo euclideo diede una spinta notevole alla teoria della relatività. Infatti, se consideriamo l’uso applicato della matematica ad esempio alla fisica la tendenza odierna è quella di usare un metodo cosiddetto delle “approssimazioni successive” che consiste in una semplificazione dei fatti  cercando piuttosto di riportarli a schemi di calcolo e di rappresentazione geometrica. Lo stesso concetto usato da Euclide, “isos”, eguale, indica non tanto l’identità tra due figure quanto piuttosto la loro sovrapponibilità, la loro relazione in rapporto alla base ed all’altezza ad esempio. Laddove nella fisica lo stesso termine usato per indicare , per esempio, l’isotopo,  significa un’equivalenza in termini di eguali valori presenti in un elemento di solito di tipo chimico.
 In seguito anche Boole ideò un’algebra cosiddetta “astratta” formata da strutture sia binarie che unarie fondate sui valori di V/F come usati nella logica formale.
Studi recenti hanno inoltre ipotizzato la stretta connessione tra l’apprendimento aritmetico e la capacità linguistica nel bambino.
L’esigenza di trovare un linguaggio scientifico semplificato  è sempre appartenuta ai più grandi logici e matematici. Giuseppe Peano, grande matematico italiano, nel 1915 redasse una Vocabulario de interlingua in cui  propose l’uso del latino sine flexione , una forma molto semplificata del latino, come linguaggio scientifico universale.

Tecla Squillaci
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