Il teatro come differenza nella didattica e nella sua funzione sociale.
Data: Sabato, 03 aprile 2010 ore 11:00:00 CEST
Argomento: Redazione


La rappresentazione teatrale non nasce  solo come allegoria plateale e condivisa della vita ma è soprattutto l’esternazione degli stati emotivi degli individui.
Già Aristotele nella Poetica  aveva trovato nella commedia una funzione catartica, purificatrice, in cui l’immedesimazione del pubblico con essa serve ad una sorta di liberazione dal “male”.
Come tutte le forme di arte, anche il teatro costituisce una forma di comunicazione, di vero e proprio linguaggio, con una valenza sociale ed una educativa.
L’uso delle rappresentazione teatrali nella scuola scaturisce dal bisogno di  raggiungere una serie di obiettivi che sono complementari a quelli didattici. Innanzittutto, il teatro viene visto come Erlebnis ( un vissuto, un’esperienza) quindi una rielaborazione attraverso la finzione scenica della realtà; un modo per implementare il senso del sé, l’autostima, la consapevolezza del proprio ruolo nel mondo. Per esteso, tutte le forme di socializzazione all’interno della comunità scolastica  sono il mezzo attraverso cui si realizza l’integrazione della persona nella società, come scrive anche Durkheim in “ Educazione e sociologia”.
Ne consegue che le attività creative, quindi anche il teatro, rafforzando lo sviluppo delle potenzialità umane, permettono una migliore riuscita del contratto pedagogico allievo-scuola.
 Infatti attraverso la possibilità di esprimersi   ogni individuo può veramente interagire e contribuire alla realtà che lo circonda, al mondo degli “altri” che è anche il proprio.
Agli esordi della storia del teatro greco non esistevano dialoghi ma solo monologhi. Fu Eschilo ad introdurre un secondo attore nella tragedia, evidenziando  la dialettica fra l’individuo e gli altri ,il ruolo spesso  conflittuale ma inevitabile dei loro rapporti nel mondo. Solo con questa sua rivoluzionaria innovazione iniziò l’interesse per gli autori per il polimorfismo della personalità umana che acquista rilievo dal confronto delle differenze nei differenti ruolo incarnati dagli attori.
Attore è un sostantivo che deriva dal verbo “agere” il cui significato originario latino aveva pressocchè una valenza giuridica: l’agere per formula della primeva ritualità del contratto nel diritto romano. Ma  che oggi  possiamo tradurre  con il nostro verbo italiano “agire” in tutta la sua polisemanticità.
Nel contesto educativo ogni allievo è attore.
Spesso egli porta su di sé ruoli iniziali ; quelli che gli psicologi chiamano col termine tecnico di “imprints”, positivi o negativi, stereotipi spesso, che investono le aspettative  degli altri, o più esattamente le aspettative che sulla scorta di comportamenti regressi, in particolare gli insegnanti, hanno su di lui.
In questo senso, l’attività teatrale può sortire un effetto liberatorio o sublimatorio e comunque di assestamento  tra le  aspirazioni del ragazzo, la sua autostima sulla quale non  è mai troppo soffermarsi, la sua personalità e quello che gli altri, gli adulti, credendo di conoscerlo, si aspettano da lui.
Parafrasando Pirandello, ogni persona si porta dietro una maschera, è vittima delle etichette date dal suo ruolo sociale, familiare… cosicchè l’idea che ne deriva non è quasi mai veritiera ma una sorta di coercizione della realtà dentro schemi reiterati e pregiudizi.
Per questo motivo, un altro grande rivoluzionario del teatro, A. Artaud,  creò una forma nuova di teatro che spezzasse definitivamente i manierismi entro cui si era cristallizzata quest’arte.
Chi conosce bene la psicologia dell’età evolutiva è consapevole che lo sviluppo del bambino è scandito da fasi che vanno dalla imitazione, alla rielaborazione di essa  e all’autonomia attraverso la deambulazione  e la facoltà di locuzione. Quest’ultima non si forma come pedissequa initazione del linguaggio dell’adulto ma vi è anche una componente decisamente creativa come evidenzia il Vygotskij.
L’attività teatrale serve anche a potenziare questo linguaggio creativo e quell’altra importante espressione del pensiero divergente che è l’enfasi della corporeità. Soprattutto nel teatro musicale essa si arricchisce di tutte le componenti essenziali che vanno  dal gesto alla parola alla grafica alla coreografia. Inoltre esso coinvolge l’importantissima senso dell’udito, educa all’ascolto, aiuta alla sincronizzazione del senso cinetico ed è quindi, in buona sostanza, un vissuto, un’esperienza che arricchisce e potenzia tutte le capacità dell’alunno. Esistono brani particolarmente interessanti per educare, specie i bambini, all’ascolto: brani come la scatola dei giocattoli di Claude Debussy e molti brani di Camille Saint Saens. Il suono ha un corpo ed un “colore”; abituare i ragazzi alla polisemìa acustica  significa aiutarli anche a cogliere più sfumature della realtà di quelle che , spesso, noi adulti abbiamo dismesso di cogliere.

Tecla Squillaci
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