Il caso della ragazza di Salò: quando Dante aiuta a scoprire la verità
Data: Mercoledì, 31 marzo 2010 ore 11:52:29 CEST Argomento: Rassegna stampa
Quando Dante aiuta a scoprire la verità. Non quella di Dio,
ma molto più prosaicamente quella del sesso in classe, senza che
l’insegnante se ne accorga. Il fatto è noto ed è inutile
ripercorrerlo. Ma è noto a causa di un tema sugli ignavi, in cui alcuni
studenti hanno raccontato le cose a cui avevano assistito nella loro
aula. Ben vengano dunque gli ignavi
anche in terza media. Laura Cioni (da Il Sussidiario)
Redazione
Quando Dante aiuta a scoprire la verità. Non quella di Dio, ma molto
più prosaicamente quella del sesso in classe, senza che l’insegnante se
ne accorga. Il fatto è noto ed è inutile ripercorrerlo. Ma è noto a
causa di un tema sugli ignavi, in cui alcuni studenti hanno raccontato
le cose a cui avevano assistito nella loro aula. Ben vengano dunque gli
ignavi anche in terza media. Ma, per quanto Dante disprezzi gli ignavi,
in questo caso il “non ti curar di lor, ma guarda e passa”
dell’Antinferno purtroppo non è sufficiente: bisognerebbe andare più
giù.
I ragazzi. Ma chi l’ha detto che per loro il sesso è un gioco, che sono
irretiti dal Grande Fratello, che è stato solo “un caso di bullismo”,
che “non si può denunciarli perché gli si rovina la vita”? I ragazzi,
per quanto siano immaturi, sanno distinguere il bene e il male. Se non
si parte da qui, gli si toglie ciò che hanno di più prezioso, la
libertà. Perciò meritano una severa punizione. Severa. Non una
sospensione di qualche giorno con obbligo di lavoro socialmente utile
nella scuola. Severa.
Gli adulti. L’insegnante in classe. Interroga e non si accorge di
niente, anche perché lascia normalmente che gli allievi cambino di
posto. Figuriamoci durante un’interrogazione. Che amarezza non riuscire
a controllare una lezione per una pregressa falsa familiarità con gli
studenti. Professore, se continuerà a insegnare c’è da augurarsi che
questo fatto grave la aiuti a riconsiderare l’importanza dei ruoli e
della distanza da tenere, l’attenzione a tutto ciò che avviene in
classe, il fatto che raramente non pretendere la necessaria disciplina
paga in termini educativi e didattici.
La Preside. Non ci si può nascondere dietro un dito. Anche se il dito è
enorme come l’istituzione e l’ideologia del contesto sociale. Quello
che è successo dentro la scuola non è un fatto interno alla scuola. Ma
di grave rilevanza morale e civile. Non può essere risolto dentro le
mura della scuola. E meno male che ne è uscito. In questo modo dobbiamo
prendere atto di una dolorosa ferita inferta al pudore, di una
ripugnante violazione di ciò che di più sacro esiste nel mondo
affettivo dei più giovani e di cui anch’essi devono rendersi conto,
questa volta attraverso la punizione, non la giustificazione.
I genitori. Che tristezza. Viene da chiedersi come sia la loro vita
familiare, se mai abbiano avuto il coraggio di parlare ai figli
dell’amore e del rispetto, o se invece si sia lasciato tutto inespresso
e senza sponde. Quanto sono stati lungimiranti i magistrati milanesi
che alcuni mesi fa hanno giudicato i genitori di una banda di
ragazzi-bene senza giri di parole: incapaci di dare ai figli una solida
educazione affettiva e sentimentale.
Dopo l’inferno c’è la possibilità di risalire sulla terra. Chissà che
un fatto di cronaca così serio non porti con sé, paradossalmente, anche
una nuova consapevolezza. Quasi un fiore improbabile dopo il rigido
inverno.
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