Lo stupro in classe in una scuola di Salò: quali commenti sulla professione docente?
Data: Lunedì, 29 marzo 2010 ore 23:00:00 CEST Argomento: Opinioni
12 ragazzi in cerchio per
consentire ai tre compagni di commettere la violenza nei confronti
della ragazzina, significano 8 banchi vuoti e un possibile brusio che
avrebbe dovuto disturbare uno dei momenti più delicati dell’azione
didattica che è appunto l’interrogazione. La verifica infatti è
un momento delicato durante il quale occorre più attenzione e più
partecipazione da parte della intera classe per capire se gli
interventi educativi sono stati fruttuosi o per aggiustare il tiro.
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnanet.org
Eppure sembra strano, per chi è docente almeno da qualche anno, che in
classe possa verificarsi un caso di stupro come quello accaduto nella
scuola media di Salò (guarda caso è la località dove Pasolini ambientò
il suo ultimo film e dove i gerarchi fascisti praticavano stupri di
massa: Salò o le 120 giornate di Sodoma) e che tanto giusto clamore e
sconcerto ha suscitato, da indurre persino la ministra Gelmini a
promuovere una inchiesta. Dalle cronache, sembra che i compagni si
siano messi in cerchio attorno a tre ragazzi che hanno abusato della
loro compagna facendosi praticare sesso orale e tutto questo mentre
l’insegnante era così intento a interrogare da non accorgersi di
nulla. Raccapricciante per scolari quattordicenni, mentre sconvolge di
più che possa accedere in un’aula scolastica dove i comportamenti,
anche quelli più lievemente scorretti, vengono censurati. E proprio qui
sta il punto. Se al minimo soffio di disturbo il professore ha
l’obbligo di richiamare all’ordine l’attentatore del silenzio, come si
fa a consentire a un manipolo di addirittura ben 12 ragazzetti di
alzarsi dal loro posto e fare un cerchio in un angolo della stessa
aula? Come è possibile non intervenire e non chiedersi cosa stia
succedendo? E come si fa a non udire i sicuri brusii durante lo stupro?
12 ragazzi in piedi significano 6 banchi vuoti che gridano soprattutto
disinteresse verso il docente, la sua materia, la scuola e
l’istituzione che in classe è rappresentata. E già il fatto
stesso che qualcuno si alzi dal suo posto è quantomeno bizzarro e
didatticamente inconcepibile soprattutto durante l’interrogazione
perché è in momenti come questi che il docente aggiusta il tiro delle
sue spiegazioni, approfittandone per dare più materia di riflessione
agli alunni e meglio illustrare i concetti enunciati nelle ore
precedenti. Quello del riscontro oggettivo non serve solo per mettere
il voto, che in ultima istanza è l’aspetto meno interessante della
intera azione didattica, ma è e deve essere il momento di massima
concentrazione della intera classe, il momento della verifica, sia del
lavoro svolto del docente e sia della capacità di comprensione degli
alunni e dell’efficacia dell’interevento educativo. Per questo nessuno
può permettersi di distrarsi (con le dovute eccezioni e senza
trasformare l’aula in un lager), né di disturbare, né di chiedere di
uscire e tantomeno di alzarsi per fare i comodacci suoi.
L’interrogazione è il tempo della mietitura dopo la semina e ci pare
strano che un docente consenta tanta disinvolta strafottenza, al punto
da non chiedersi il perché dei banchi vuoti, del cerchio e di ciò che
sta accadendo dietro a quella strana barriera proprio mentre svolgeva
il delicato compito della verifica. Sicuramente non diamo giudizi sul
comportamento del docente coinvolto in questa storia, né sulla sua
persona, dal momento che possono esserci benissimo altri elementi che
non conosciamo, ma se la cronaca raccontata dalle agenzie è veritiera,
di una classe simile il docente non sembra il punto centrale di
riferimento, né il capocordata come ogni maestro dovrebbe essere.
PASQUALE ALMIRANTE
|
|