Un team di esperti indirizza i ragazzi alle superiori
Data: Venerdì, 12 marzo 2010 ore 20:28:30 CET
Argomento: Redazione


Tommaso De Luca, preside e orientatore dell’Itis Pininfarina di Moncalieri, è estenuato: da settimane sta girando per le scuole medie di Torino e dintorni cercando di spiegare che, in fondo, anche un tecnico industriale è adatto alle ragazze.
Lui, per rendere dolce la vita alle sue 40 studentesse (su 960 iscritti) ce la mette tutta, con corsi di teatro e di hip hop.
Ma il messaggio non passa: «Purtroppo credono ancora che dalle nostre aule si entri in un’officina rumorosa e unta, indossando una tuta blu».
Siamo a due settimane dalla chiusura delle iscrizioni alle secondarie: giorni frenetici per gli studenti e per chi deve indirizzarli, gli orientatori scolastici.

In realtà il primo consiglio è già arrivato: è definito “orientativo” ed è stato preparato dagli insegnanti delle medie.
Peccato che i destinatari ne facciano carta straccia: secondo il Cisem (l’istituto di ricerca della provincia di Milano), solo l’8 per cento degli studenti ne tiene conto.
Il compito dell’orientatore quindi è delicato: se un ragazzo sceglie bene, non abbandonerà il suo percorso. E in Italia, uno studente su cinque dopo la terza media fa sparire le sue tracce.
A Milano il responsabile del servizio orientamento del Comune è, da vent’anni, Francesco Dell’Oro. Lo incontriamo all’uscita di una media, dove ha tenuto lezione in una seconda.
Ha mostrato un gioco: «C’è un’autostrada con le sue “stazioni di servizio”: la prima adolescenza, i compagni di viaggio».
A che servono? «Sono spazi in bianco, che spetta al ragazzo riempire.
In modo da arrivare al traguardo, cioè alle superiori, con consapevolezza».
Dell’Oro e i suoi quattro collaboratori vedono ogni anno 11.000 studenti e fanno 700 colloqui individuali.
«Il compito principale è rassicurarli: hanno poca autostima, non si fidano di se stessi».
Le domande dei ragazzi? «Non si interrogano più sul domani. Conta solo il presente».
Conferma Graziano Zuffi, da vent’anni orientatore a Trento. «Una volta, gli adolescenti erano proiettati sul futuro. Oggi invece non riescono a vedere un approdo, si sentono alla deriva.
Per questo, cercano di capire il senso di quello che stanno facendo: che senso ha andare a scuola? Che senso ha fare sacrifici? ».
Zuffi cita i dati sulla dispersione in Trentino, il 7-8 per cento, più bassi della media nazionale.

Corriere della Sera
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