Abbasso la scuola debole
Data: Mercoledì, 10 marzo 2010 ore 10:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Il mattino successivo, la fine del Torino venne ricordata anche nella mia classe, una quarta ginnasio. Un professore tenne un discorso commosso. Ascoltato dai ragazzi con le lacrime agli occhi. Il prof si rese conto che ero l’unico indifferente. Domandò: «Pansa, perché non t’importa di questa sciagura?». Mi avviavo ai quattordici anni e non sapevo stare al mondo. Dissi la verità: «Perché la mia squadra è la Juventus».

Incavolato, il prof mi condusse dal preside, gli descrisse il mio reato e propose di sospendermi per tre giorni. Il preside me ne inflisse uno solo e mi rispedì a casa. Quando mia madre mi vide entrare nel suo negozio, mi chiese che cosa fosse successo.

Glie lo spiegai e lei borbottò: «È sempre il football a mettervi nei pasticci, voi maschi. Comunque hanno fatto bene a sospenderti. Adesso renditi utile e vammi a fare la spesa al mercato».

In quel tempo i genitori non erano i sindacalisti dei figli. Oggi, se uno studente viene punito, di solito la madre si precipita a scuola e dà fuori di matto. Non contro il bamboccio scapestrato. Bensì contro il professore e il preside. Quando non finisce a botte, la faccenda si conclude in una rissa piena di insulti. Tutti rivolti agli insegnanti.

La tragedia della scuola ingovernabile comincia dentro le famiglie. Spesso, a comportarsi da stupide, sono le più povere. Mio padre Ernesto era arrivato appena alla quarta elementare, poi aveva cominciato a fare il guardiano delle mucche. Mia madre Giovanna, dopo la quinta, era stata messa al lavoro come piccinina da una sarta. Ma entrambi avevano un rispetto enorme per la scuola, per i libri, per i prof. Oggi, da noi, il mondo gira al contrario. I ragazzi hanno sempre ragione. Vengono considerati vittime di un sistema scolastico ingiusto. Mai degli sfaticati, dei lazzaroni, dei violenti.

È inutile spiegare a molti genitori una semplice verità: la scuola italiana non cambierà in meglio se non diventerà severa. Oggi è debole, fragile, troppo accomodante. Per questo non funziona. Bisogna ripristinare la durezza e il rigore. E occorre essere inflessibili contro i ragazzi che sgarrano.

Per esempio, bisogna ficcare in testa agli studenti che la scuola è un servizio pubblico e non deve essere interrotto. E che è un reato impedire con i picchetti l’ingresso di chi non ha intenzione di scioperare e vuole entrare in classe.

Chi insulta un professore o si comporta male con i compagni va punito. Chi occupa un istituto va colpito con il cinque in condotta, l’anticamera della bocciatura. Chi fa a botte con la polizia deve restare in carcere. E non per una notte sola, come è accaduto qualche giorno fa ai due studenti di Milano, rimandati a casa dopo una paternale del giudice.

Dentro le università si aggirano gruppi di teppisti che commettono reati. Come è accaduto alla Statale di Milano contro la libreria degli studenti di Comunione e liberazione. Sui giornali leggo che le “okkupazioni” non sono più di moda. Non ci credo. Qualcuna è stata bloccata in anticipo da qualche docente che si è barricato nell’istituto. Ma sono pronto a scommettere che riprenderanno.

Sento dire: anche le fabbriche vengono occupate da operai che rischiano il licenziamento. Ma non sono episodi comparabili. Gli studenti non rischiano nulla. Sono garantiti dalle famiglie. Hanno le spalle coperte dai genitori. Eppure vengono intervistati alla tivù come se fossero eroi di una nuova resistenza. Di solito, sparano cazzate, in un italiano incerto. Accolte dagli speaker con un rispetto grottesco per la santa Onda.
È un andazzo losco e suicida. Abbiamo una scuola tra le peggiori del mondo. Ma appena qualcuno cerca di migliorarla e propone un minimo di severità, viene subito messo in croce. Immagino che il ministro Mariastella Gelmini giri con la scorta. Purtroppo è impossibile scortare i presidi e i docenti coraggiosi che nei loro istituti fanno argine a uno sfascio ingovernabile. Per colpa dell’indisciplina, delle volgarità verbali e nei comportamenti, del bullismo, della violenza, dell’estremismo politico. E dell’incapacità educativa dei genitori.

Uno dei docenti che non si arrendono, il preside del Liceo classico “Manzoni” a Milano, ha spiegato al Corriere della sera: «Resta un punto oscuro: le forze politiche che manovrano i giovani di oggi e muovono le proteste». Quel preside non ha voluto dire di più. E allora provo a dirlo io.

Non credo che siano forze di centrodestra. Sarebbe un’assurdità. Dunque bisogna guardare altrove. Non intendo il Partito democratico. Di lì può venire soltanto una gommosa e vaga solidarietà al ribellismo studentesco. Nell’illusione di raccattare qualche voto tra i giovani.

Il “punto oscuro” sono le bande di antagonisti, anarchici e picchiatori che volteggiano come corvi attorno la scuola italiana. Il Governo, il ministero e le forze dell’ordine le conoscono una per una. Le conoscono persino i lettori dei giornali. Contro di loro è indispensabile la mano dura, durissima.
La debolezza rischia di diventare anch’essa un reato. Facciamo attenzione a quel che avverrà. Quando il caos sarà completo, potremo almeno dire che l’avevamo previsto.

da il riformista







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