Rivoglio le odiate mimose
Data: Lunedì, 08 marzo 2010 ore 06:00:00 CET Argomento: Eventi
Per
dire: «Sono donna, sono arrabbiata, di questa Italia misogina non ne
posso più»
L’ORGOGLIO:
Rivoglio le odiate mimose
E se ci riprendessimo le mimose? Se oggi, 8 marzo, andassimo in giro
col mazzetto giallo? Non più come regalino paternalistico, da «buona
festa, care cocche». Come segno di
protesta riconoscibile. Magari appuntate alla borsa, o sul
bavero tipo suffragette (se non ci fossero state non andremmo a votare,
in effetti); o anche tra i capelli (tipo figlie dei fiori, che hanno i
loro meriti; certo è più adatto alle nipotine della Summer of Love che
alle nonne). (Rodotà-Il Corriere)
Redazione
redazione@aetnanet.org
Per dire: «Sono donna, sono arrabbiata, di questa Italia misogina non
ne posso più»
E se ci riprendessimo le mimose? Se domani, 8 marzo, andassimo in giro
col mazzetto giallo? Non più come regalino paternalistico, da «buona
festa, care cocche». Come segno di protesta riconoscibile. Magari
appuntate alla borsa, o sul bavero tipo suffragette (se non ci fossero
state non andremmo a votare, in effetti); o anche tra i capelli (tipo
figlie dei fiori, che hanno i loro meriti; certo è più adatto alle
nipotine della Summer of Love che alle nonne). Così, a chi chiede
«perché hai una mimosa puzzolente sulla giacca a vento?», si potrebbe
rispondere: «Sono donna, sono arrabbiata, di questa Italia misogina non
ne posso più». Senza timore di sembrare ridicole. Le donne, per i loro
diritti, hanno sempre dovuto combattere. E ogni volta sono state
ridicolizzate. Si cercherà di ridicolizzare anche questo 8 marzo,
sicuro. Ci saranno fesserie in tv e frasette politiche di circostanza.
La maggioranza delle femmine lo ignorerà, o andrà stancamente con le
colleghe in pizzeria. Ma non è il momento di essere stanche. Anche se,
dopo un anno che avrebbe demotivato Betty Friedan-Simone de
Beauvoir-Emmeline Pankhurst (leader delle suffragette di cui sopra),
sono in tante a liquidarlo: «No, l’8
marzo no, non siamo patetiche». Patetiche lo siamo già. In
mondovisione, grazie alla nostra velinizzazione virale e alle imprese
del premier.
GIORNATA DELL'ORGOGLIO FEMMINILE - Nella
rappresentazione dei nostri media. Nella vita quotidiana, al lavoro e
in casa. Ci sentiamo patetiche perché ci danno valore solo in base
all’età, all’aspetto e all’acquiescenza. Ma anche il dismettere la
festa delle donne in quanto concessione a un genere minore (tipo
Giornata del Cane), a questo punto è un segno di acquiescenza.
Bisognerebbe ammettere quanto terreno abbiamo perso; dire che quasi
tutte sono, in qualche modo, discriminate. E rendere questo 8 marzo una
giornata dell’orgoglio femminile. Con i mezzi che abbiamo; con un
simbolo comprensibile, quelle mimose che per anni ci hanno mandato in
bestia. Quando le trovavamo sulla scrivania, omaggio di qualche capo
meno femminista di Fabrizio Corona. Quando le regalava un fidanzato
fedifrago o un’amica scema. Recuperarle ed esibirle sarebbe una civile
riappropriazione dello spazio pubblico. Di quello reale, non virtuale:
in troppe passiamo il tempo a discuterne online, a firmare tra noi
appelli sui social networks con titoli come «Io non considero normale».
Sarebbe ora di mostrare l’anormalità a chi passa per strada, a chi
lavora con noi, a chi pensa che un Paese di donne annientate sia
normalissimo e soprattutto comodo; per i maschi. Sarebbe ora di
provarci e di contarci; non perché siamo donne, perché essendo donne ci
siamo stufate. Perché per smettere di sentirci annientate dovremmo
prima diventare, come dicono le nostre ragazzine, «fomentate» (vogliamo
che crescano con questi modelli femminili? Con questi esempi di
carriere donnesche? Come potenziale merce un tanto al chilo? Meglio il
fomento, o come scrivono loro, il fomentooo; e buon 8 marzo a tutte).
Maria Laura Rodotà
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