Una pioggia di 5 in condotta, ma senza l’ombrello del “68
Data: Martedì, 02 marzo 2010 ore 08:09:44 CET
Argomento: Opinioni


Una piaggia di cinque in condotta, a conclusione del primo quadrimestre, che ha fatto inorgoglire la ministra dell’istruzione Gelmini per la riscoperta serietà nella scuola e il ritrovato rigore. La prima fase a effetto è stato il riferimento alla cancellazione del sei politico di sessantottina memoria, come se il male nella istruzione venisse sempre da qual lontano periodo.

Pasquale Almirantre
p.almirante@aetnanet.org


Una piaggia di cinque in condotta, a conclusione del primo quadrimestre, che ha fatto inorgoglire la ministra dell’istruzione Gelmini per la riscoperta serietà nella scuola e il ritrovato rigore. La prima fase a effetto è stato il riferimento alla cancellazione del sei politico di sessantottina memoria, come se il male nella istruzione venisse sempre da qual lontano periodo.
Anche il professore Israel, presidente di una commissione per le nuove forme di reclutamento, plaude e dice che le bocciature sono salutari, anche perché la nuova generazione non conosce questa parola che invece è importante per una crescita responsabile: “Ti boccio perché non studi, perché non hai senso del dovere malgrado quel che si sta facendo per te, perché sei un nullafacente”.  A cui però si contrappongono le parole di Gaetano Dominici, direttore del dipartimento studi dei processi formativi all’università RomaTre: “Il rigore non si misura dal numero dei cinque in condotta”,  e tutte queste insufficienze sono  “un’ammissione di inadeguatezza. Come se i docenti dicessero: siamo stati incapaci di fare acquisire a voi studenti le regole di un comportamento corretto. Vuol dire semplicemente che le aspettative degli insegnanti sono state disastrosamente disattese dagli allievi”. Sono due visioni del mondo della scuola, mentre l’Adi (associazione docenti italiani)  organizza un seminario internazionale dal titolo:”Perchè mi bocci?”, la cui sintesi è la seguente: “E ora mi bocciate e volete rinchiudermi qui per un altro anno, fra gli stessi muri, ad ascoltare gli stessi salmi e a stressarmi quando esco di qui a ripetere e ripetere ancora quei salmi. Scuola non ha niente a che fare con costrizione, fatica, ansie, punizioni.” Socrate per lo più diceva le stesse cose, considerando il suo tempo e che la scuola di massa non esisteva, però un manager se vedesse uscire materiale difettoso dalla sua industria sicuramente non si inorgoglirebbe, ma cercherebbe le cause degli insuccessi, cercando comunque di investire e di migliorare gli impianti e la qualità del personale; così in un ospedale se i decessi aumentassero anno dopo anno. Per questo meravigliano le parole della ministra che ci pare abbia dimenticato la funzione della istruzione che è appunto quella di promuovere e non di bocciare, di educare e non di punire. Ma si dovrebbe pure chiedere dove andranno quei ragazzi bocciati? Chi frequenteranno lasciando la scuola? Come intervenire con gli abbandoni spontanei e le dispersioni che ci pongono fra i primi paesi in Europa? E alla sempre più massiccia presenza di quell’ospite inquietante, che sta invadendo le coscienze di tanti giovani, la risposta non si può trovare nell’allontanare i giovani dalla scuola, ma nella loro accoglienza. E’ fin troppo facile bocciare un alunno, punirlo, umiliarlo; è più difficile cercarlo, invogliarlo, fargli amare ciò che fa. Chi era quel filosofo che diceva: le azioni umane non vanno derise, né detestate ma capite? E se non si capisco i ragazzi, che sono il futuro del mondo,  come si può capire il mondo stesso? Ogni morte di uomo mi colpisce, diceva un altro pensatore: e come si fa a non essere colpiti negativamente da tanto sfacelo culturale nella istruzione? Mancano purtroppo ai giorni nostri personalità robustamente carismatiche, ma ci chiediamo cosa avrebbe detto San Giovanni Bosco di fronte a questa pioggia di insufficienze che ha colpito la scuola? Con ogni probabilità la riflessione dovrebbe riguardare tutta la società, questa società così permissiva e amante della trasgressione fine a se stessa, e la scuola è il suo specchio perché da quegli stessi uomini e donne e ragazzi è frequentata e vissuta.
PASQUALE ALMIRANTE







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