L’istruzione potrebbe disporre di 7.734 milioni in più se… -Come sono cambiate le priorità di spesa del Paese
Data: Lunedì, 22 febbraio 2010 ore 08:56:09 CET Argomento: Rassegna stampa
Vent’anni fa le Amministrazioni Pubbliche
(centrali e territoriali) del nostro Paese spendevano per l’istruzione
l’equivalente di 38.335 milioni di euro (38,3 miliardi), pari al 10,3%
dell’intera spesa pubblica.
Dai dati della spesa pubblica dal 1990 al 2008, rilevati dall’Istat, si
può anche individuare le variazioni del peso che i diversi settori e
servizi hanno avuto nel corso degli anni. Quali altri servizi pubblici
hanno avuto maggiore o minore sostegno tra il 1990 e il 2008 rispetto
alla spesa per l’istruzione, che è passata dal 10,3% del 1990 al 9,3
del 2008? (Tuttoscuola)
Vent’anni fa le Amministrazioni Pubbliche (centrali e territoriali) del
nostro Paese spendevano per l’istruzione l’equivalente di 38.335
milioni di euro (38,3 miliardi), pari al 10,3% dell’intera spesa
pubblica.
Da quel momento, però, secondo i dati pubblicati dall’Istat, le spese
per l’istruzione, pur aumentando in valore assoluto di anno in anno,
hanno rappresentato una minor quota percentuale rispetto alla spesa
pubblica complessiva.
Nel 2008 la spesa complessiva per l’istruzione ha toccato la
considerevole cifra di 71.801 milioni di euro, con un aumento di oltre
l’87% rispetto al 1990 (ovviamente i valori assoluti non tengono conto
dell’inflazione).
Nello stesso periodo, però, la spesa pubblica complessiva ha avuto una
percentuale di aumento maggiore, pari ad oltre il 107% di quanto
impegnato nel 1990.
In poche parole le spese per l’istruzione hanno registrato una minor
incidenza nell’impegno pubblico, tanto che quella percentuale del 10,3%
della spesa per l’istruzione è andata da quel momento diminuendo fino a
diventare nel 2008 pari al 9,3%, cioè un punto percentuale in meno
rispetto a quella del 1990 (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_429-9.doc ).
Se quella percentuale del 10,3% conseguita nel 1990 fosse stata
mantenuta per tutti gli anni successivi, l’istruzione avrebbe potuto
disporre complessivamente nel periodo di ben 80 miliardi di euro in
più. Per il solo 2008, ultimo anno di rilevazione, l’istruzione avrebbe
potuto disporre di 7.734 milioni di euro in più (7,7 miliardi),
l’equivalente, cioè dell’intera manovra finanziaria sulla scuola per
gli anni 2009-2012, ma di segno opposto: invece di avere a disposizione
quasi 8 miliardi in più l’anno – come sarebbe stato se si fosse
confermata l’incidenza della spesa del 1990 – si è deciso di fare un
taglio aggiuntivo di quell’importo (che andrà verosimilmente a ridurre
ulteriormente l’incidenza della spesa per l’istruzione sulla spesa
pubblica totale).
2. Come sono cambiate le priorità di spesa del Paese
Dai dati della spesa pubblica dal 1990 al 2008, rilevati dall’Istat, si
può anche individuare le variazioni del peso che i diversi settori e
servizi hanno avuto nel corso degli anni. Quali altri servizi pubblici
hanno avuto maggiore o minore sostegno tra il 1990 e il 2008 rispetto
alla spesa per l’istruzione, che è passata dal 10,3% del 1990 al 9,3
del 2008?
La spesa per la protezione sociale, la più incidente nella spesa
pubblica, aveva nel 1990 un peso considerevole, tanto da rappresentare
il 30,3% dell’intera spesa pubblica. Nel corso degli anni l’incidenza
di spesa per la protezione sociale è andata gradualmente aumentando
tanto da raggiungere nel 2008 il 38,1%, con una variazione in aumento
di circa 8 punti in percentuale.
Il Paese ha investito di più verso la popolazione anziana per servizi e
pensioni (essendosi ampliata la sfera dei beneficiari), piuttosto che
per l’istruzione della popolazione più giovane.
La sanità è passata dall’11,7% al 14,4% (quasi tre punti in percentuale
in più, che pagano non solo il maggior servizio, ma anche tutti i costi
della malasanità). Sono aumentate, se pur di poco, anche le spese per
la difesa, per le attività ricreative, culturali e di culto.
Se, attraverso l’andamento delle spese che le amministrazioni pubbliche
hanno sostenuto, si può stilare una graduatoria dei servizi che il
Paese ritiene più importanti, l’istruzione certamente è passata da una
posizione di buona considerazione ad un livello di più modesta
attenzione.
Se i valori assoluti di spesa sono rimasti comunque elevati per
l’istruzione, lo si deve alle dimensioni complessive del servizio. Ed è
da chiedersi se la scelta di distrarre in percentuale risorse dalla
scuola, fatta da governi e amministrazioni di ogni colore (in questi
vent’anni si sono alternate maggioranze diverse), non sia stata
influenzata dalla sensazione diffusa che in questo grande settore si
annidino sprechi e inefficienze. Può darsi. Ma non si è agito con
serietà e rigore per eliminarli in maniera selettiva e spostare risorse
dove servono per potenziare il servizio.
Fatto sta che nei riguardi dell’istruzione vi sono state minori spese
di investimento. Fino al 2008. E cosa c’è da aspettarsi per il dopo?
Con la manovra finanziaria dell’articolo 64 (legge 133/2008), si avrà
una ulteriore riduzione in termini percentuali e assoluti della spesa
per l’istruzione, a meno che a fronte di una minor spesa per
l’istruzione della Amministrazione Pubblica centrale vi sia un aumento
di spesa per l’istruzione da parte delle Amministrazioni locali.
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