Metà dei giovani italiani sarebbero razzisti: indagine Swg presentata alla Camera.
Data: Giovedì, 18 febbraio 2010 ore 16:13:40 CET
Argomento: Rassegna stampa


Il razzismo è un fenomeno tutt'altro che sradicato tra i giovani: quasi la metà dichiara verso gli stranieri atteggiamenti di chiusura, che per un 20% sfociano in vera e propria xenofobia, mentre l'asticella di quanti manifestano apertura si ferma al 40%. E' quanto emerge dall'indagine 'Io e gli altri: i giovani italiani nel vortice dei cambiamenti'. (siciliainformazioni.com)

All'iniziativa ha partecipato anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini. L'area tendenzialmente fobica e xenofoba è del 45,8%, con diverse sfumature al suo interno. Lo studio indica tre agglomerati. Il primo è quello dei 'Romeno-rom-albanese fobici', pari al 15,3% del totale degli interpellati, e manifesta la propria intolleranza soprattutto verso questi popoli. E' l'unico gruppo la cui maggioranza (56%) è costituita da donne. Il secondo riunisce soggetti con comportamenti improntati al razzismo. E' il più esiguo, perché rappresenta il 10,7% dei giovani, ma il più estremo, perché in sostanza rifiuta e manifesta fastidio per tutti, tranne europei e italiani. Ci sono poi gli xenofobi per elezione (20%): non esprime forme di odio violente, quel che conta è che le altre etnie se ne stiano lontane, possibilmente fuori dall'Italia.
 
La fetta di quanti hanno invece un atteggiamento aperto è del 39,6%. All'interno si riconoscono gli 'inclusivi' (19,4%) con un'apertura totale e serena (55,3%); i 'tolleranti' (14,7%), un po' più freddi rispetto ai precedenti e gli 'aperturisti tiepidi' (5,5%), ossia giovani decisamente antirazzisti, ma con forme più caute e trattenute, minore interazione con le altre etnie e un riconoscimento più ridotto dell'amore omosessuale. Al centro lo studio posiziona i 'mixofobici' (14,5%), giovani che non sono del tutto proiettati verso la chiusura, ma neppure verso il suo opposto e che vivono un sentimento di fastidio verso ciò che li allontana dalla loro identità.
 
I giovani italiani tra i 18 e i 29 anni giudicano 'simpatici' gli europei in genere con un voto pari a 8,2 su una scala da 1 a 10, gli italiani del Sud (7,8) e gli americani (7,7), mentre ritengono antipatici e da tenere a distanza soprattutto Rom e Sinti (4,1), rumeni (5,0) e albanesi (5,2). E' quanto emerge dalla ricerca 'Io e gli altri: i giovani italiani nel vortice dei cambiamenti'. Attraverso un'indagine che ha coinvolto 2.000 soggetti, è stato chiesto ai giovani di rispondere come si sarebbero comportati in determinate situazioni. Ecco le risposte.
 
SCEGLIERE CON CHI ANDARE A CENA - I giovani hanno messo in testa le persone disagiate economicamente, giudicano 'accettabile' una cena con un ebreo, un omosessuale o con un extra-comunitario. Accettato, ma con freddezza un musulmano. Impensabile pasteggiare con un tossicodipendente o un rom.
 
IL VICINO DI CASA - Verrebbero accettati tranquillamente omosessuali, ebrei e poveri. No invece a zingari e a chi utilizza sostanze stupefacenti e zingari.
 
SE UN FIGLIO SI FIDANZA - I giovani italiani riterrebbero accettabile avere un figlio che ha un partner o una partner di religione ebraica, ma anche qualcuno con evidenti disagi economici. Meglio comunque se a ritrovarsi in questa situazione é il maschio: per la figlia femmina, infatti, c'é qualche resistenza in più. Scarso entusiasmo se la coppia si formasse con un o una extra-comunitaria o con una persona musulmana. Assai più difficile convivere con l'omosessualità di un figlio. Ma l'incubo peggiore è la possibilità che uno dei propri figli faccia coppia con un tossicodipendente o un rom, situazione considerata inaccettabile.
 
Ostenta superiorità e persistente bisogno di potenza. Ha atteggiamenti apertamente omofobici, spinte antisemitiche, convinzione dell'inferiorità delle donne. E non accetta nessuna razza o etnia diversa dalla propria. E' il profilo più estremo del razzismo tra i giovani descritto nell'indagine sul fenomeno, presentata oggi alla Camera. Un profilo che riguarda il 10,7% dei giovani, ma estremamente preoccupante. L'indagine definisce questa tipologia come quella dei soggetti 'improntati al razzismo'. Questo clan - rileva la ricerca - si distingue non solo per l'intensità estremizzata delle proprie posizioni, ma anche per la sua capacità di produrre un vero e proprio modo di essere nella società, per la sua tendenza a essere una comunità, per quanto chiusa e ristretta.
 
Si tratta di un agglomerato che sviluppa un forte senso di appartenenza, che ha trovato nella rete il proprio ambito di espressione e riconoscimento, e il proprio megafono. Un clan che sta assumendo le forme di una sorta di brand, con lo sviluppo dei tipici pilastri che compongono e conformano un marchio tipologico: 1. propone una visione netta, una missione priva di ambiguità; 2. esprime un potere sopra i nemici (dove nemici sono tutti gli 'altri'); 3. sviluppa un proprio storytelling, ossia edifica la propria identità su un'impalcatura di racconti e storie, dicerie e senso comune; 4. manifesta un senso di grandezza e potenza; 5. si riconosce attraverso l'uso di simboli e rituali. Non solo. Questo clan ha, anche se per ora non in modo uniforme e unificato, una propria strategia di 'espansione', per creare nuovi fan, per sviluppare e far crescere i propri adepti, di ingrossare le proprie fila.







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