Nuove regole per gli insegnanti.
Data: Lunedì, 15 febbraio 2010 ore 08:47:33 CET Argomento: Rassegna stampa
Ai nuovi insegnanti non dovranno mancare “robuste conoscenze
disciplinari”, oltre a “capacità organizzative”, “relazionali e
comunicative”. Inoltre dovranno saper “motivare gli studenti allo
studio”, fare “lavoro di gruppo” e avere “rapporti con le famiglie”.
Una severa “selezione” costringerà quelli professionalmente inadeguati
a cambiare mestiere. Un decreto del ministro Gelmini, che dopo un
ultimo passaggio a Palazzo Chigi entro fine mese sarà mandato alla
firma del Presidente della Repubblica, stabilisce in che modo si
diventa docenti. Se le università, come dicono, saranno pronte il nuovo
sistema di formazione partirà dal prossimo anno. I test d’ingresso
nelle università saranno il primo filtro, con i corsi per la
specializzazione a numero chiuso.
La scuola dovrà programmare i nuovi organici e il sistema universitario
avrà il compito di formarli. I “posti” saranno calcolati sulla base
delle previsioni delle scuole, tanti per la matematica, l’italiano, la
storia e così via. L’anno scorso sono state assunte 16mila persone, il
ministero dovrà programmare il prossimo triennio, poiché quasi la metà
dei docenti è vicina all’età della pensione e i concorsi sono fermi da
10 anni. Per alcune materie, come matematica, scienze e francese, le
graduatorie, soprattutto al Nord, sono esaurite (secondo i sindacati
Milano, Treviso, Sondrio, Torino e Reggio Emilia sono le città con più
cattedre vacanti nelle materie scientifiche). Come si diventerà
insegnanti? «Cinque anni di studio universitario: a ciclo unico, per
chi punta alla scuola primaria, oppure tre anni per la laurea base in
una disciplina, seguiti dal biennio specialistico, per chi pensa alla
cattedra di medie o superiori». Per tutti, nel biennio, lo studio di
materie professionalizzanti nel ramo pedagogico e psicologico.
Dunque, posti a numero chiuso nelle università, assunzioni programmate,
stop al precariato, tirocini di un anno, ma anche più inglese e nuove
tecnologie. Questo il piano.
Ma la vera novità è “l’anno di tirocinio obbligatorio, non retribuito,
da svolgere nelle scuole”. Al termine scatterà automaticamente il
contratto? No, entrerà in ruolo solo chi supererà l’anno di prova,
sotto la guida di un tutor, e il concorso bandito ogni due anni, (da
definire con un provvedimento a parte). Sarà poi compito degli Uffici
scolastici regionali organizzare, aggiornare e controllare gli albi
delle scuole accreditate che ospiteranno i tirocini (sulla base di
appositi criteri stabiliti dal ministero). Il tirocinio non prevede
salario (Tremonti ha detto che non ci sono i soldi) inoltre il
ministero vuole evitare situazioni che potrebbero generare altro
precariato.
Per completare il profilo dell’insegnante, la Gelmini si dice pronta al
«prossimo passo, la riforma complessiva del reclutamento», come ha
annunciato l’altro giorno dopo il varo dei nuovi licei. Per questa
seconda parte, ha in preparazione un secondo decreto. Ma che cosa ha in
mente il ministro? Quali prospettive saranno offerte a chi andrà in
cattedra? La scelta dei più bravi sarà il criterio guida. Il nuovo
provvedimento conterrà due punti centrali: carriere differenziate e
stipendi legati al merito e ai risultati ottenuti. Previsto anche
l’accorpamento delle classi di concorso: per le superiori si ridurranno
da 70 a 40, un modo per “ridurre la spesa”. Tornano anche i concorsi,
fermi dal 2000. «Non ci possiamo permettere - afferma il ministro
Gelmini - che migliaia di quindicenni non sappiano comprendere un testo
scritto e che il 25% abbandoni la scuola nel primo biennio delle
superiori». Per innalzare i livelli della qualità, il ministro promette
nomine degli insegnanti fatte per merito, non per “scorrimento”
automatico, questo decreterà la fine delle “graduatorie a esaurimento”,
che verranno chiuse per sempre. Una svolta. Ma i tempi? Il decreto
sulla formazione è in dirittura d’arrivo, quello sul reclutamento è
allo studio.
Ma non è detto che quello alla firma diventi subito attuativo. Il
Consiglio di Stato il 7 febbraio scorso ha inviato un primo parere al
ministero: i giudici di Palazzo Spada chiedono alla Gelmini di avviare
una fase di transizione per riconoscere “ai fini del tirocinio e dei
crediti il servizio prestato in via precaria presso le istituzioni
scolastiche”. Cosa che potrebbe portare a un “canale riservato” per
l’assunzione dei precari (attualmente 200mila in attesa del posto).
«Appare opportuno - sostengono le toghe - in una fase di passaggio dal
vecchio al nuovo regime, tenere conto della esperienza professionale
maturata, ferma restando la possibilità di fissare presupposti e limiti
di tale rilevanza». Il che equivale a dire “sì” alle nuove regole, ma
non senza avere prima sistemato i precari.
Si aggiungono le proteste dei sindacati: «Chi ha già una laurea
magistrale e un periodo di supplenze a scuola, o incarichi annuali con
contratti a tempo determinato, rivendica il diritto a vedersi
riconosciuto l’anno di praticantato», sostiene Massimo Di Menna,
segretario nazionale Uil scuola. «Abbiamo insegnanti che hanno
all’attivo quattro concorsi, o anni di servizio tra un incarico annuale
e l’altro, vogliamo pure chiedergli il tirocinio obbligatorio? La loro
esperienza a scuola vale forse meno?», aggiunge Francesco Scrima,
segretario nazionale Cisl, che come altri sindacalisti si prepara a
dare battaglia. Chiedono deroghe al decreto per governare una “fase di
transizione”. «In questo modo - replicano fonti ministeriali - si
vanifica tutto». Conclusione: si riapre il conflitto ma il governo
andrà avanti.
ANNA MARIA SERSALE – Il Messaggero
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