Non
succederà nulla, ne sono convinto: l’indagine dell’Istituto nazionale
di
valutazione del sistema scolastico (Invalsi) con i suoi risultati
agghiaccianti
- “un vero shock” l’ha definita un giornale - scivolerà via come
l’acqua. Ha
fatto rumore sì, almeno per un po’; ma passata l’impressione tutto
resterà come
ora. Che cosa dice la ricerca Invalsi? Che gli alunni delle scuole
elementari
del Sud hanno una capacità di apprendimento inferiore a quella dei loro
coetanei del Nord. In seconda e in quinta il divario si evidenzia in
italiano e
in matematica. Questi livelli che qualcuno definisce “abissali”,
addirittura
tra un distretto e l’altro sarebbero dovuti all’incuria cui sembra
condannata
la scuola nel Mezzogiorno.
L’incuria: una delle cause. Ma c’è dell’altro: le famiglie sarebbero
vittime
della “segregazione sociale” e i bambini pagherebbero “il degrado
culturale”
del Sud. Eppure gli osservatori più attenti notano che in città come
Napoli,
come Palermo, come Reggio Calabria si contano fior di scuole
elementari.
Evidentemente le periferie sono lo scandalo, quelle che fanno emergere
la
“varianza”.
Il campanello d’allarme dell’Invalsi richiama alla mente la
teoria di un
professore di psicologia dell’Università dell’Ulster, Richard Lynn, che
le
cronache hanno registrato qualche settimana fa. Lynn pretende che il
divario
economico tra Nord e Sud sia dovuto anche al quoziente intelligenza
(Qi), a suo
avviso più scarso nelle regioni meridionali. Insomma, nel
Friuli-Venezia Giulia
il reddito pro capite è di 20.750 euro e il Qi è 103 mentre in Campania
il
reddito è di 11.862 euro e il Qi è 90. Tutto il Sud sarebbe intorno ai
valori della
Campania. Mi sono chiesto se possa essere mai accettabile una simile
stortura.
Sono portato a escludere che il quoziente intelligenza c’entri
qualcosa, ma è
un fatto che le nuove generazioni del Meridione non hanno le stesse
opportunità
di quelle del Nord. Un’insegnante di Napoli, Marina Farina, ha detto a
“Repubblica” che “i nostri bambini sono spesso portatori di un disagio
sociale
che impone alle maestre di occuparsi delle loro condizioni affettive,
sociali,
igieniche”. Al Nord, per esempio, il tempo pieno funziona, eccome! E il
fatto
stesso che gli alunni trascorrono più tempo a scuola, offre loro una
serie di
percorsi didattici stimolanti che i ragazzi oltre il Garigliano non
hanno.
Curiosamente gli insegnanti del Nord provengono in genere dal Sud.
Una dichiarazione del presidente dell’Invalsi, Piero Cipollone, fa
venire i
brividi a chi segue da decenni il malessere della scuola: “Se non si
mette mano
subito a questo problema le differenze diventeranno nel futuro
esplosive”.
Esplosive, capito? Purché gli attuali governanti non preferiscano
aspettare il
botto.
A.Lubrano