A.Lubrano: gli alunni dimenticati del Sud
Data: Venerdì, 12 febbraio 2010 ore 15:23:32 CET
Argomento: Rassegna stampa


Non succederà nulla, ne sono convinto: l’indagine dell’Istituto nazionale di valutazione del sistema scolastico (Invalsi) con i suoi risultati agghiaccianti - “un vero shock” l’ha definita un giornale - scivolerà via come l’acqua. Ha fatto rumore sì, almeno per un po’; ma passata l’impressione tutto resterà come ora. Che cosa dice la ricerca Invalsi? Che gli alunni delle scuole elementari del Sud hanno una capacità di apprendimento inferiore a quella dei loro coetanei del Nord. In seconda e in quinta il divario si evidenzia in italiano e in matematica. Questi livelli che qualcuno definisce “abissali”, addirittura tra un distretto e l’altro sarebbero dovuti all’incuria cui sembra condannata la scuola nel Mezzogiorno.
L’incuria: una delle cause. Ma c’è dell’altro: le famiglie sarebbero vittime della “segregazione sociale” e i bambini pagherebbero “il degrado culturale” del Sud. Eppure gli osservatori più attenti notano che in città come Napoli, come Palermo, come Reggio Calabria si contano fior di scuole elementari. Evidentemente le periferie sono lo scandalo, quelle che fanno emergere la “varianza”.
Il campanello d’allarme dell’Invalsi richiama alla mente  la teoria di un professore di psicologia dell’Università dell’Ulster, Richard Lynn, che le cronache hanno registrato qualche settimana fa. Lynn pretende che il divario economico tra Nord e Sud sia dovuto anche al quoziente intelligenza (Qi), a suo avviso più scarso nelle regioni meridionali. Insomma, nel Friuli-Venezia Giulia il reddito pro capite è di 20.750 euro e il Qi è 103 mentre in Campania il reddito è di 11.862 euro e il Qi è 90. Tutto il Sud sarebbe intorno ai valori della Campania. Mi sono chiesto se possa essere mai accettabile una simile stortura. Sono portato a escludere che il quoziente intelligenza c’entri qualcosa, ma è un fatto che le nuove generazioni del Meridione non hanno le stesse opportunità di quelle del Nord. Un’insegnante di Napoli, Marina Farina, ha detto a “Repubblica” che “i nostri bambini sono spesso portatori di un disagio sociale che impone alle maestre di occuparsi delle loro condizioni affettive, sociali, igieniche”. Al Nord, per esempio, il tempo pieno funziona, eccome! E il fatto stesso che gli alunni trascorrono più tempo a scuola, offre loro una serie di percorsi didattici stimolanti che i ragazzi oltre il Garigliano non hanno. Curiosamente gli insegnanti del Nord provengono in genere dal Sud.
Una dichiarazione del presidente dell’Invalsi, Piero Cipollone, fa venire i brividi a chi segue da decenni il malessere della scuola: “Se non si mette mano subito a questo problema le differenze diventeranno nel futuro esplosive”. Esplosive, capito? Purché gli attuali governanti non preferiscano aspettare il botto.

A.Lubrano







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