La Sicilia: I presidi, il caso
Data: Mercoledì, 10 febbraio 2010 ore 21:09:58 CET
Argomento: Redazione


Sul giornale La Sicilia del 6 febbraio un botta e risposta del giornalista Salvatore Scalia che risponde alla lettera «I presidi, il caso» inviata dal presidente regionale dell'ANP Riccardo Occhipinti.
"L’unica cosa che nella sua difesa corporativa il prof. Occhipinti non mi rimprovera è il mio italiano anche se mi definisce penna facile. L’espressione non mi offende essendo lo stile scorrevole e pungente prerogativa del mestiere di giornalista. Almeno io so maneggiare le parole e la sintassi, a differenza di quei presidi che hanno vinto il concorso avendo un’idea molto vaga della grammatica e della lingua italiana, come dimostrano i loro compiti scritti. Rendo onore ai tanti che rappresentano degnamente la categoria e ai seri e sfortunati, coinvolti loro malgrado in questa squallida vicenda, ma certamente non ho da chiedere scusa a chi scrive frasi come questa: «Ciò induce il dirigente ha ricercare accordi...». Con la «acca». Uno scolaro sarebbe stato bocciato. Evidentemente ciò che vale per gli allievi non vale per i presidi".

Di seguito la lettera del prof. Riccardo Occhipinti

«I presidi, il caso»
Sono un assiduo lettore di «La Sicilia» e, come presidente dell’Associazione sindacale che raggruppa
la maggior parte dei presidi della Sicilia, ho visto come nelle sue colonne, non di rado, gli articolisti
si sono permessi commenti poco lusinghieri nei confronti di persone che non conoscono e il cui
operato hanno inteso offendere in modo spesso gratuito e senza alcuna ragione: mi riferisco a coloro
che avevano superato un concorso ordinario a dirigente scolastico, che successivamente, a seguito
di ricorso di altri concorrenti, è stato recentemente annullato dal Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia.
Ma ora si è proprio passato il segno.
Su La Sicilia di giovedì 4 febbraio, nella seconda pagina, nell’articolo titolato "La preside perderà un bel po’ di chili" , il sig. Salvatore Scalia, tessendo le lodi di una preside di Gela afferma che costei è sicuramente diversa "da quei raccomandati fraudolenti e analfabeti il cui concorso è stato annullato e che cercano sostegno a destra e a sinistra."
Ora mi chiedo quale sia l’etica professionale di chi, sulla scorta dell’annullamento di un concorso
a seguito di irregolarità del tutto formali relative alla composizione della commissione esaminatrice,
si permette di parlare dei concorrenti nei termini usati dal signore in questione. Ne deduco che, secondo l’autore dell’articolo, l’aver partecipato ad un concorso che, per causa di errori di altri,
è stato invalidato, comporta anche il dovere essere insultato da parte del censore di turno.
L’azione dell’articolista si qualifica da sola: una dichiarazione illogica, irrazionale, ingiustificata, astiosa, ingiuriosa, che non vorrei traesse origine dalla convinzione di impunità che caratterizza le azioni dei certe "penne facili" che scrivono in questi tempi; per non pensare che si tratti, invece, di qualcuno (ce ne sono stati tanti) che, avendo interessi contrapposti, difende la tesi del concorso-truffa.
Qualsiasi ne sia la ragione, ritengo che sia indispensabile che l’articolista porga subito le sue dovute
scuse al folto stuolo di colleghi che hanno il solo torto di aver partecipato ad un concorso, affrontando tante difficoltà (preselezione, due scritti, un doppio colloquio, nove mesi di corso di formazione).
In mancanza di tale atto di onestà intellettuale, per difendere l’onorabilità così pesantemente
offesa di tanti colleghi, saremo costretti a valutare il ricorso alle vie di legge.






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